L’Italia supera gli esami di Fitch e S&P, ma non basta

Gli osservati speciali del mercato sono lo spread e la manovra

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fitch e SandP Giorgetti

I conti pubblici italiani hanno superato l’esame di Fitch e di Standard & Poor’s ma, agenzie di rating a parte, l’esame più importante per il ministero del Tesoro guidato da Giancarlo Giorgetti resta quello con le Borse. Venerdì lo spread tra il Btp a scadenza decennale e il suo concorrente tedesco ha chiuso a 117 punti base, il livello più basso da tre anni, per un rendimento del 3,36% .

Chiariamolo subito: al momento si tratta di un calo marginale, agevolato  all’ultimo mini-taglio ai tassi dello 0,25% deciso dalla Banca centrale europea dopo aver vinto l’incendio dell’inflazione. Allo stesso modo, va detto che Berlino molto paga la recessione in cui versa la sua economia.

Ma se il differenziale Italia-Germania calerà ancora, sarà la spia che i mercati pensano che non solo le prospettive dell’Italia ma anche il suo rating potrebbe diventare più affidabile. A tutto beneficio dello sforzo necessario a sostenere gli interessi che il Paese paga per rifinanziare un debito pubblico che resta attorno a 3mila miliardi di euro, un buco mostruoso e aggravato dalla bomba a orologeria del Superbonus.

Ad esempio, secondo alcune stime dell’Ufficio parlamentare di Bilancio all’Italia basterebbe affiancarsi alla Spagna, a livello di spread, per risparmiare 23 miliardi di interessi. Allo stato attuale sia Fitch sia S&P hanno confermato il rating BBB dell’Italia;  la prima ha anche migliorato l’outlook (cioè le prospettive) della Penisola da “stabili” a “positive”.

Per il nostro Paese può essere l’anticamera di una promozione da parte della più piccola delle agenzie di rating che nel suo report mette in risalto sia l’impegno del governo per rientrare tra i paletti del deficit-pil posti dal Patto di Stabilità europeo sia il quadro politico stabile sia il recupero dei livelli pre-covid dal punto di vista del debito.

Da parte S&P pensa che il deficit scenderà sotto il 3% del Pil entro il 2027  ma aggiunge che come l’Italia abbia ancora molte sfide strutturali da superare. A partire dalla denatalità e dalla difficoltà a completare in tempo tutti gli investimenti finanziati nel Pnrr.

Giorgetti ha subito sottolineato che come di Fitch e S&P hanno fotografato l’accresciuta credibilità del Paese. Il prossimo appuntamento in calendario è ora il 23 novembre con Moody’s, da sempre la più occhiuta rispetto ai nostri disastrati conti pubblici.

Di certo possiamo affermare che sono stati sbugiardati quanti a sinistra vaticinavano che il governo Meloni avrebbe significato per il nostro Paese diventare un facile bersaglio sui mercati internazionali.  Con altrettanta certezza possiamo però dire che questo esecutivo non ancora fatto nulla per la fascia della popolazione che ha un reddito da 50mila a 80-90mila euro.

Anzi la manovra appena licenziata dal governo si tradurrà in un fisco più pesante verso la classe media, vista la stretta prevista per sulle detrazioni e sulle seconde case, indipendentemente che siano affittate o destinate alle vacanze della famiglia.

Leggi il post di Nicola Porro: Classe media, classe bastonata: dite addio alle detrazioni.

Sarebbe stato il momento di avere più coraggio e di disboscare con maggior energia gli sprechi. Solo un vero e generalizzato taglio delle tasse lascia infatti davvero più denaro nelle tasche dei cittadini. Con l’esito di spingere i consumi e magari aiutare l’economia nazionale a fare meglio delle attese.

Questo permetterebbe di rendere più solido il valore a denominatore dei rapporti deficit\ pil e debito\pil. A quel punto, la frazione consegnerebbe al Mef un risultato finale decisamente migliore da presentare a Bruxelles anche a fronte di una modesta discesa dei due numeratori: il deficit e il debito. Oggi inizia la discussione in Parlamento della manovra, qualche ritocco in chiave liberale non farebbe male.

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