Sono un manager di 69 anni in pensione dal 2021. Di famiglia economicamente modesta, ma tanto ricca di affetto, ho iniziato a lavorare molto presto per pagarmi gli studi universitari. Non nascondo che è stata dura, anche perché in quegli anni non esistevano le lezioni online, però ce l’ho fatta in cambio di tante rinunce per un giovane (purtroppo non quella del servizio militare). Senza ipocrisia, sono sempre stato molto bravo e ho avuto una carriera bella, piena di soddisfazioni così come la famiglia arricchita da 4 figli, tre ragazze e un ragazzo splendidi. Mia moglie, una forza della natura, ha tenuto botta a tutta l’”organizzazione” con un marito spesso via per la propria professione e io ho dedicato ogni minuto del mio tempo libero a loro.
Intanto i ragazzi crescevano e tutti e 4 hanno scelto di andare all’università.
Ricordo ancora Roby, la prima a iscriversi, che è venuta a casa con il modulo del pagamento delle tasse per l’inserimento dell’Isee.
Ecco, è lì che ho spiegato per la prima volta (col senno di poi potevo farlo anche prima) ai miei figli come funziona uno Stato che tratta alcuni dei suoi cittadini come dei colpevoli di prendere un buono stipendio. Con me lo ha fatto praticamente da sempre, applicandomi l’aliquota Irpef massima, non dandomi alcun beneficio o agevolazione per i 4 figli, escludendo i ridicoli assegni famigliari riconosciutici negli anni precedenti.
Comunque, da buona squadra, siamo andati avanti lo stesso e i ragazzi si sono tutti laureati ed ora lavorano, sono autonomi, anzi Roby e Marco sono sposati.
Gli anni passano per tutti ed è arrivato anche il momento della mia pensione. Di contributi le aziende per cui ho lavorato ne hanno versati una valanga e mi ritrovo con un’ottima rendita.
Eh eh, già, ecco il nostro medio-alto soddisfatto dalla sua pensione (Irpef al 43%) ma lo Stato attento cosa fa? Praticamente annulla la rivalutazione Istat che, con l’impennata dell’inflazione, significa che in due anni ho perso il 10% il quale, ovviamente non recupererò mai più.
D’altra parte è giusto fare sacrifici, anche perché le statistiche ufficiali dicono che il 60% dei contribuenti italiani (giuro, l’ho riletto tre volte) dichiara un reddito di mille euro lordi al mese.
Io sono contento di pagare le tasse anche salate, ma non di essere preso in giro da chi con il proprio comportamento penalizza i veri poveri per i quali le risorse sono sempre troppo poche.
Torniamo però alla Stato attento al proprio futuro. Con grande sincerità vorrei segnalare che la vita di un figlio fino alla laurea costa centinaia di migliaia di euro (se non ci credete fatevi un giro sul web), quindi moltiplicateli per quattro. Certo, io con sacrifici ho potuto farlo, ma in cambio cosa ho avuto da un Paese con denatalità terribile, giovani che scappano all’estero, al quale la nostra famiglia ha dato risorse per il futuro?
Se vedo cosa accade in Europa, giustamente chi ha figli, indipendentemente dal reddito, ha le tasse a scalare in base appunto al numero dei figli. Tanto sono soldi che rientrano nel ciclo economico.
Ecco, mi scuso dello sfogo, ma sinceramente sono stufo anche di dover quasi nascondere il fatto che uno che ha guadagnato onestamente dei soldi, debba essere costantemente tartassato come se fosse una colpa.
Un amico mi ha detto: perché non ti trasferisci all’estero con tua moglie in qualche Paese a bassa tassazione?
Perché, sarà l’età, ho ancora la speranza che qualcuno ristabilisca un equilibrio vero, non ipocrita come è il nostro sistema dalle cui maglie sfuggono gli evasori.
Ma forse il problema è proprio questo: in Italia c’è un potentissimo “partito” di milioni di persone del “non ti voto anche se sei della mia fede politica”, qualora dovessi avanzare una proposta drastica ed efficace di lotta all’evasione fiscale. E quindi…