Sono le 22.42 di ieri sera.
Franco Pepe mi scrive su whatsApp. La prima frase del suo sfogo è corredata dalla foto del Corriere della Sera che ritrae una gremitissima Piazza del Duomo a Milano. A Milano, sponda nerazzurra, impazzano i festeggiamenti per la conquista dello scudetto. L’Inter è Campione d’Italia. L’Italia, però, sembra essere diventata campionessa di incoerenza.
Franco Pepe continua il suo sfogo.
-Sono stanco di stare chiuso per rispettare le regole e poi.. Non si può
I miei ragazzi sono a casa da ottobre. E nel rispetto delle regole aspettano di poter lavorare, ma tutto dipende da quelli che vedi nella foto. E non è possibile Se lo stato non sa garantire il rispetto delle regole tutto cade Non si può chiedere a noi di sacrificarci.
La Storia di Franco Pepe
Ma facciamo un passo indietro. Perché magari alcuni di voi non conoscono Franco Pepe. Semplicemente Franco Pepe è considerato uno dei migliori pizzaioli al Mondo, se non il migliore. Io però guardo a lui come ad un amico, ad una persona umile, semplice e straordinaria al tempo stesso. Leggete la sua storia, perché è una storia che parla di successi italiani, di capacità artigianali ed imprenditoriali, una storia che parla di RINASCITA, una di quelle storie che dovrebbero raccontare ogni giorno ai ragazzi nelle nostre scuole, che dovrebbero raccontare a tutti quelli che dicono “non si può fare”, a tutti quelli che denigrano il sacrificio, la forza di volontà, la capacità di raggiungere obiettivi importanti.
Franco Pepe ha ricevuto per ben due volte dal Presidente della Repubblica l’onorificenza del cavalierato del lavoro, tanto da potersi fregiare del titolo da Ufficiale. Questo perché lui non è un semplice Pizzaiolo.
Lui vive a Caiazzo un paesino di poche anime sperduto tra le montagne del Matese. Ma grazie a lui quel paesino è tornato a vivere, a rinascere. Grazie alla sua scelta di restare in Paese, grazie al fatto che ogni giorno arrivavano nella sua pizzeria centinaia di persone che si mettevano in fila per mangiare una delle sue creazioni, un intero paese è tornato a vivere. Hanno riaperto gli altri negozi, i bar. I ragazzi della zona si erano messi a coltivare pomodori e tanti altri prodotti che lui utilizza sulle sue pizze. Hanno riaperto i caseifici, i frantoi. Al centro di Caiazzo è spuntato un parcheggio multi-piano (con incassi notevoli per il comune) per ospitare le auto dei suoi ospiti.
In più.
Oltre 40 persone lavorano nel suo locale. 40 famiglie. Ecco perché non ci sta più.
E’ una storia che ormai sa di passato
..poi è arrivato Covid_19.
“Non credo sia colpa soltanto del Covid – mi racconta Franco quando lo chiamo al telefono- qui nessuno comprende il nostro dramma. Ma il dramma è nell’incompetenza di un Paese, di una politica che non sa guardare oltre il proprio naso. Questo è un Paese che purtroppo non è stato costruito sulla competenza, sulle capacità e sulla meritocrazia. E siamo finiti ad essere governati da chi non conosce nulla dei mondi che finisce per gestire ed in questo caso per distruggere.
Chi conosce, tra chi decide cosa fare o non fare, qualcosa di ristorazione? Nessuno ci ha interpellato, nessuno fa parte di commissioni in grado di interagire con competenza nei vari settori produttivi”.
Le iniziative
Franco mi racconta tutto quello che ha fatto in questi mesi “perduti”, tutte le iniziative, i progetti, le nuove applicazioni.
“Noi abbiamo ridotto le capienze, abbiamo distanziato al massimo i tavoli, abbiamo differenziato gli ingressi. Abbiamo creato una APP che ci permette di gestire i flussi di entrata ad orari differenziati, abbiamo differenziato persino i passaggi in cassa per il pagamento dei conti. Abbiamo una ferrea e continuativa attività di controllo del personale con i tamponi. Tutto a carico nostro. Nel periodo di riapertura nessuno dei miei si è ammalato e siamo davvero in tanti. Abbiamo fatto sacrifici, ce ne chiedono ancora, come quello di aprire solo in esterna. Ma lo sanno che siamo in montagna? E come noi molti altri?
Lo sanno come funziona un ristorante?
Io rispetto le regole ma in un Paese in cui invece nessuno le rispetta e nessuno le fa rispettare, in un Paese in cui, guardando la foto di Milano, immaginiamo che i contagi risaliranno, e così anche a Caiazzo continueranno a chiederci di fare sacrifici. Ma non ho visto solo le immagini di Milano. Se avete visto un telegiornale in questi giorni sappiamo che cosa sta succedendo dappertutto. Ebbene non ne possiamo più. Non è il Covid a fare i danni che viviamo. No è l’incoerenza, l’incapacità gestionale, l’incapacità politica, l’incapacità di sapere guardare dentro ogni settore con il giusto punto di vista.
A cosa servono le Task Force, a cosa servono tutti i sacrifici miei e dei miei ragazzi? A cosa serve lavorare ogni giorno alla ricerca, allo sviluppo, al giusto orientamento verso il futuro se poi non c’è nessuno che si preoccupa di noi, anzi, che si preoccupa solo di metterci i bastoni tra le ruote?
A cosa serve…?”.
Proprio in quel momento mi arriva una notifica sullo smartphone. Arriva dal TgCom24:” COVID Cgia di Mestre: dopo un anno di Covid chiuse 345mila partite iva”.
E’ un’ecatombe.
Se non fossimo al telefono giuro che lo abbraccerei. Lui e tanti altri come lui, in tanti settori come il suo e diverso dal suo non meritano tutto questo.
La prima volta che ho scritto di Franco Pepe, qualche anno fa, avevo trovato una persona ACCESA, piena di luce, una luce forte, capace di guarire, di forgiare, di costruire, di ri-editare, di avere la capacità di far rinascere.
Una luce miracolosa.
Ed il miracolo Franco Pepe era sotto gli occhi di tutti. E’ sotto gli occhi di tutti. Andate a Caiazzo, leggete gli articoli di giornali che ne parlano, i libri ed i documentari che lo raccontano.
Ma i suoi occhi oggi sono tristi.
Di quella luce bella resta solo un riflesso.
Chi è riuscito a fare tutto questo?
Chi è riuscito a trasformare il bello in brutto, l’acceso in spento, la forza vitale in noia mortale?
Chi ha fatto tutto questo meriterebbe pene peggiori di quelle che Dante racconta nei gironi più bui del suo INFERNO. Ma quella fiammella ancora accesa ci da speranza. Uno come Franco, ce lo auguriamo, non si arrenderà mai. Io sono certo che Franco ce la metterà tutta. Ma ora c’è davvero bisogno che qualcosa cambi davvero.