Dopo aver dirottato per mesi la rotta comune Ita Airways-Lufthansa, Margrethe Vestager si prepara ad abbatterla: la contraerei Concorrenza Ue dovrebbe sparare già questa settimana. Ma i tedeschi hanno tentato un’ultima manovra diversiva.
Nel fine settimana appena concluso, mentre i cittadini europei erano impegnati a mettere le schede elettorali con i loro voti nelle urne, Lufthansa avrebbe inviato una nuova proposta compensativa alla Dg Comp europea.
Dicendosi pronta a rinunciare ai ricavi dei voli che ad oggi opera in code sharing da Fiumicino verso il Nord America con la United. A parte gli eventuali contraccolpi per i cittadini italiani e il turismo in ingresso a Roma, quello di Lufthansa è da leggere un estremo tentativo per togliere ogni possibile alibi a Bruxelles.
E’ un modo per sbugiardare definitivamente la linea di Vestager, dopo le rinunce già al limite del tollerabile sugli slot di Linate che ha dovuto accettare Ita Airways e quindi il ministero dell’Economia di Giancarlo Giorgetti che ne controlla l’intero capitale.
Sull’altare sacrificale della Ue non c’è un volo in più o in meno con la livrea azzurra di Ita, che in ogni caso è e resterà una compagnia aerea troppo piccola per stare da sola.
In gioco c’è la possibilità di creare un campione dei cieli europeo, grazie alla forza di Lufthansa, con cui combattere ad armi quasi pari con i giganti americani, asiatici o arabi.
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Vale la pena ricordare che il trasporto aereo fa profitti soprattutto con i voli di lungo raggio, cioè gli intercontinentali. Visto che sul breve raggio è di fatto superato in comodità dal treno ad alta velocità: basta pensare al collegamento Milano-Roma.
La signora Vestager sembra però non vedere tutto questo, con i paraocchi di quelle stessa idea di Concorrenza che ha portato i tecnocrati di Bruxeless a godere per aver approvato la prima legge per regolare l’intelligenza artificiale. Quando invece avrebbero dovuto disperarsi di non disporre nessun campione da opporre alle americane ChatGpt di OpenAi o Gemini di Google.
Dieci anni fa Vestager decretò che la tutela proposta dal Fondo interbancario per salvare Tercas sarebbe stato un grave “aiuto di Stato”. Il piano così si bloccò, sbriciolando i risparmi degli italiani che avevano sottoscritto le obbligazioni dell’istituti di credito basato a Teramo.
Ne seguì un effetto a catena e Bankitalia dovette assistere al fallimento pilotato delle allora Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Rieti. Anche in questo caso i costi per i bond holder, cioè per le famiglie di opera e impiegati, furono altissimi: molti persero i risparmi di una vita, la casa, la dignità. Un risparmiatore di Etruria arrivò al suicidio.
Bruxelles perse poi in tribunale. Il Fondo interbancario fu giudicato un soggetto privato, come sarebbe stato logico fin dall’inizio essendo delle banche e finanziato con i loro denaro. Ma dalla “reginetta” danese dell’Antitrust Ue non venne mai una parola di pentimento.
Quello del credito è un po’ come l’attuale follia europea dell’auto solo elettrica. Un dikat, fissato arbitrariamente al 2035, che si sta traducendo:
- in migliaia di esuberi per le case produttrici;
- nella fuga di Stellantis dagli stabilimenti italiani alla ricerca di costi di produzione più bassi
- in auto dai prezzi sempre più costosi
- nel rischio stangata anche sul pieno di energia alla colonnina per evitare un ammanco all’Erario.
Ora in ballo insieme a Ita, c’è il turismo italiano e soprattutto la possibilità di avere una grande compagnia aerea europea. Speriamo che nella torre di controllo della Dg Comp i radar non siano in avaria anche questa volta. E che, se funzionano, ci sia qualcuno capace di leggerli.