Economia

Nel crollo generale non si salva neanche l’obbligazionario

Il 15 marzo del 44 a.C. è una data passata alla Storia: in quel giorno di oltre duemila anni fa infatti veniva assassinato Gaio Giulio Cesare, uno dei più importanti personaggi della storia (romana e non solo).

Un gruppo di senatori che si consideravano i custodi e difensori della tradizione di Roma e del suo ordinamento repubblicano  e che erano contrari a ogni forma di potere personale ordirono una congiura contro colui che – a loro parere – rappresentava un pericolo per quei valori.

I congiurati, sostenitori della Repubblica, temevano che Giulio Cesare volesse instaurare un regime monarchico proclamandosi Re di Roma.

L’uccisione di Cesare – a parte la sua oggettiva gravità e le conseguenze che portò – passò alla storia per il coinvolgimento nel tradimento di alcuni tra i suoi amici e fidati collaboratori: Bruto e Cassio (famosa fu la frase che Cesare avrebbe pronunciato in punto di morte: “Anche tu, Bruto, figlio mio?”).

Anche sui mercati finanziari in questo primo scorcio d’anno sta andando in onda il più grande tradimento che si ricordi, verrebbe da dire: “Anche tu, mercato obbligazionario, figlio mio?”.

Eh sì perché un calo così vistoso delle quotazioni delle obbligazioni non si vedeva da tempo: negli Usa i Buoni del Tesoro a lungo termine sono sotto da inizio anno del 18%, secondo il Wall Street Journal uno tra i peggiori cali degli ultimi 200 anni; e anche in Europa non si scherza, con il rendimento del Bund risalito dai livelli negativi cui era precipitato fino a oltre l’1% e con la relativa quotazione passata da 153,5 del 29 Dicembre a 137,8 dell’altro giorno (oltre il 10%).

Ovviamente nemmeno l’Italia poteva rimanere immune: il prezzo del nostro decennale è passato in un anno da 104,6 del 3 gennaio a 88,43 (-15,45%).

Oltre ai titoli di stato anche gli altri segmenti obbligazionari hanno sofferto: dalle obbligazioni dei Paesi Emergenti (qui le motivazioni sono di vario tipo) ai corporate bond, sia Investment Grade che High Yield.

La politica di rialzo dei tassi, intrapresa per ora dalla Federal Reserve, dalla Bank of England  e da altre minori (non dalla Bce e dalla Bank of Japan) ha danneggiato soprattutto le durate lunghe (la cosiddetta duration), tipiche dei bond investment grade, meno invece gli high yield (titoli ad alto rendimento), caratterizzati da scadenze più brevi.

Insomma, gli anni di gloria che hanno caratterizzato il mercato obbligazionario dal 1981 sembrano finiti, ma sarà proprio così?

Non è detto: a patto che l’inflazione rimanga sotto controllo e non aumenti ulteriormente, un aumento dei rendimenti obbligazionari non è certo un male per gli investitori.

Le cedole attuali infatti possono essere reinvestite ad un tasso più alto e poi è dimostrato che – nel lungo periodo – il rendimento totale delle obbligazioni dipende molto più dal loro reddito piuttosto che dalle variazioni di prezzo.

E poiché il miglior predittore dei rendimenti futuri delle obbligazioni è rappresentato dal loro rendimento a scadenza la discesa dei prezzi di questi mesi ha aumentato i loro rendimenti attesi portandoli ai livelli più alti da anni  (fonte: Wall Street Journal). 

Conclusioni:

In questo momento il pendolo oscilla verso la paura: è la prima volta dal 1976 infatti che sia le azioni che le obbligazioni scendono di oltre il 10% contemporaneamente; anche se poi nelle ultime 8 volte in cui l’S&P 500 ha chiuso l’anno in negativo le obbligazioni hanno avuto un ritorno positivo alleviando le perdite (Charlie Bilello).

Così come a Roma, dopo un periodo di lotte fratricide seguito all’assassinio di Cesare, Ottaviano Augusto prese il potere inaugurando l’impero e aprendo un periodo di prosperità durato secoli anche stavolta ci sarà chi saprà approfittare delle occasioni poste lungo la strada dalle oscillazioni dei mercati.

Massimiliano Maccari, 13 maggio 2022