Economia

Nelle pieghe della storia

Nelle pieghe della storia

Il 27 dicembre 1530 Francisco Pizarro salpò da Panama alla conquista dell’impero inca; in poco più di due anni i conquistadores riuscirono nell’impresa detronizzando l’imperatore Atahualpa e sbaragliando il suo esercito e permisero al Regno di Spagna di estendere i suoi domini su tutta l’area prima dominata dagli inca, ricca di grandi risorse minerarie.

Solo per pagare il riscatto di Atahualpa (che poi venne peraltro vigliaccamente assassinato) gli inca raccolsero oltre 6.000 chili di oro e circa 12.000 di argento.

Nel 1545 un indio di nome Diego Gualpa scoprì in una montagna (denominata poi Cerro Rico, la collina ricca) cinque filoni di puro argento, cambiando la storia economica del mondo intero; nei due secoli successivi gli spagnoli estrassero (a un prezzo esorbitante in termini di vite umane tra gli indios) 45.000 tonnellate di argento di cui inondarono la Spagna e tutta l’Europa.

Apparentemente Pizarro rese la Corona spagnola ricca al di là dei sogni più avidi, eppure tutta quella ricchezza non riuscì a salvare la Spagna da un inesorabile declino economico (la Spagna fu insolvente 14 volte tra il 1550 e il 1700).

Tra le conseguenze dell’afflusso massiccio di oro e argento dalle Americhe vi fu un progressivo e generalizzato aumento dei prezzi delle merci, soprattutto tra i beni di prima necessità (ad esempio grano e orzo): l’improvviso aumento della quantità dei metalli provocò una riduzione del valore delle monete (fatte di oro e argento). Gli spagnoli non avevano capito che il valore della moneta non è assoluto ma corrisponde esattamente a ciò che qualcun altro è disposto a dare in cambio.

Un aumento dell’offerta di moneta, a parità di altre condizioni, nel tempo porta a un’inevitabile crescita dei prezzi, ovvero inflazione.

I cittadini e risparmiatori italiani fino all’inizio degli anni ‘70 avevano perlopiù sperimentato un’inflazione da crescita economica (forte durante tutti gli anni cinquanta e sessanta).

Ma, il 6 ottobre 1973 Egitto e Siria attaccarono Israele e scoppiò la guerra dello Yom Kippur (dal nome della festa ebraica); il 16 ottobre, a supporto dello sforzo bellico di Egitto e Siria i membri arabi dell’Opec (organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) aumentarono il prezzo del petrolio da 3 a 5 dollari al barile (a dicembre il prezzo toccò gli 11 dollari e 65 centesimi) e vararono un embargo totale delle esportazioni verso Stati Uniti, Olanda, Portogallo e Sud Africa (che avevano appoggiato Israele) e parziale verso le altre nazioni.

L’aumento così forte del prezzo del greggio portò una ondata inflazionistica senza precedenti che durò per tutti gli anni settanta (l’inflazione rilevata in Italia fu del 15% medio negli anni dal 1973 al 1984 e non scese mai sotto le due cifre).

Chi aveva un posto di lavoro dipendente, quindi un’entrata fissa, subiva pesantemente gli effetti della crescita dei prezzi; allo stesso modo nel campo degli investimenti le obbligazioni a tasso fisso subivano la batosta vedendo il loro prezzo scendere per il continuo crescere dei tassi di interesse.

Mentre nel breve periodo anche i mercati azionari subirono dei forti cali (nel 1973-74 l’S&P 500 perse il 14,50% e il 26%), essendo le azioni investimenti in beni reali (le aziende), queste si ripresero più rapidamente (+36,9% nel 1975 e +23,6% nel 1976).

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2021, Coming Soon: Higher Inflation?: Uno dei rischi nascosti (nemmeno troppo a questo punto) per l’anno appena iniziato è proprio questo: il ritorno dell’inflazione.

Le iniezioni di liquidità operate negli ultimi anni dalle banche centrali (8 mila miliardi di dollari nel solo 2020) hanno aumentato a dismisura la massa monetaria (offerta di moneta).

Se tale disponibilità dovesse iniziare a tradursi in un aumento dei prezzi (inflazione) questa potrebbe avere conseguenze nefaste sui mercati, a partire proprio da quelli obbligazionari, tanto cari ai risparmiatori italiani; qualche avvisaglia si è colta proprio in questi giorni…

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Con i rendimenti nominali dei titoli di stato europei già tutti sotto lo zero, eccetto Italia e Grecia e – marginalmente – Spagna e Portogallo, il rendimento reale delle obbligazioni è negativo.

Ricordo inoltre che sia la Banca Centrale Europea che la Federal Reserve americana auspicano un ritorno dell’inflazione (a livelli normali del 2-3%) per rendere più sostenibile il peso del Debito Pubblico, cresciuto a dismisura al di qua e al di là dell’Atlantico.

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Massimiliano Maccari