Economia

Non è un Draghi di “facciata”: stop a bonus, muri e dipendenza energetica

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Il bonus facciate non sarà rinnovato. Un piccolo dettaglio nel mare magnum della legge di bilancio da oltre 23,5 miliardi di euro. Eppure leggendo l’informato resoconto di Verderami sul Corriere della Sera, in cui si dà conto dell’accesa interlocuzione fra Draghi e Franceschini nell’ultimo consiglio dei Ministri sul punto, si comprendono gli attuali rapporti di forza fra la politica e i tecnici.

Lo scambio di battute, all’ennesima richiesta di Franceschini di reintrodurre la misura considerata una delle più significative del precedente esecutivo, si è concluso con un inappellabile: “E poi… e poi basta” dell’ex governatore della BCE.

Dunque è chiaro che i rapporti oggi siano sbilanciati a favore dei tecnici che da Palazzo Chigi e a via Nazionale dirigono in piena autonomia la politica, emergenziale, economica e internazionale dell’Italia.

Allo stesso tempo l’esito delle elezioni ha rinfocolato l’idea, che tra gli altri Franceschini coltiva, di riportare dopo le prossime elezioni politiche al governo la maggioranza che sosteneva il Conte 2, ma questa volta con un uomo del PD a Palazzo Chigi.

La sconfitta del centrodestra dall’altro lato ha innescato un processo di arroccamento dei suoi tre leader. Meloni e Salvini dopo il cappotto alle amministrative si devono mal sopportare, l’uno è costretto a rinnegare audio imbarazzanti. L’altra a posare in finti abbracci a favore di fotografi.

Entrambi a giocare la carta della lusinga del Colle per convincere Berlusconi a non seguire la linea iper governista dei ministri di Forza Italia, ormai più fedeli a Draghi che all’uomo di Arcore, dove non hanno più libero accesso. L’esito elettorale ha quindi dato la stura a tutti i partiti e alle fazioni interne di iniziare a preparare il gran ballo del Quirinale di gennaio con l’obiettivo principale di riequilibrare il livello di potere fra politici eletti e tecnici, alcuni con l’idea di dare il benservito a quest’ultimi, altri con la convinzione che senza i tecnici la rete di protezione internazionale di cui gode l’Italia in questa fase verrà meno.

Draghi per il momento non si cura del gioco e delle ambizioni delle forze politiche che bruciano sotto la cenere e tira dritto con la sua politica. Scontenta tutti un po’, senza però lasciare nessun partito che lo sostiene con la sensazione di non aver ottenuto almeno una soddisfazione, una piccola vittoria di bandiera nell’interlocuzione con il governo.

E così in tema di pensioni “Quota 100” non verrà rinnovata, tendendo al ritorno del sistema precedente. I bonus edilizi saranno ridefiniti abbassando le percentuali di vantaggio, accorciando i tempi di beneficio e delimitando la platea dei beneficiari. Il reddito di cittadinanza sarà salvato, ma con profonde rivisitazioni.

Sulla politica estera da Bruxelles, impegnato al Consiglio UE, Draghi conferma che l’europeismo resta la stella polare della sua azione politica. Il governo d’emergenza è nato europeista e atlantista e le forze di maggioranza dando la prima fiducia a Draghi hanno di fatto sostenuto l’elemento strategico della moneta unica europea e hanno confermato come la fonte primaria a livello legislativo sia espressa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e non dalle Corti Costituzionali nazionali.

Un richiamo al discorso della prima fiducia ottenuto dal Parlamento italiano che oggi torna utile a Draghi per ricordare ai partiti, Lega inclusa, da che parte sta l’Italia sulle vicende più calde nel dibattito europeo. Dalla parte della Commissione Europea nella disfida tra Polonia e UE in tema di supremazia di diritto.

Dalla parte del principio di solidarietà, ritenendo impossibile prevedere un sostegno economico europeo per l’erezione di muri interni e ai confini degli Stati dell’Unione per gestire la questione dell’immigrazione. Dalla parte dell’autosufficienza energetica attraverso la transizione e l’abbandono delle fonti fossili, come obiettivo strategico a medio termine al quale l’Europa deve tendere per garantire in modo uguale il benessere di tutti gli Stati membri.

Le posizioni forti e chiare espresse in Europa da Draghi sono possibili anche grazie alla credibilità dell’esecutivo che deriva dai numeri positivi sulle vaccinazioni, sull’export del made in Italy e sulla crescita del PIL. La facciata di Palazzo Chigi non sembra al momento avere bisogno di bonus per essere rifatta. Almeno fino al 2023.

 

Antonello Barone