Economia

Obbligazioni: gli investimenti preferiti degli italiani

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Le Obbligazioni, denominate sempre più spesso Bond da quando la finanza moderna ha imposto l’inglese quale lingua tecnica ufficiale, sono definite elementarmente un finanziamento che società di dimensioni medio-grandi, gruppi industriali, stati ed enti chiedono al pubblico indistinto ovvero a noi comuni cittadini o in gergo ai mercati.

Già insito nel termine l’obbligo per la parte debitrice a rimborsare gli investitori alla fine del periodo di vita dei titoli emessi ed al medesimo valore di collocamento identificato in 100 e definito anche alla pari, non a caso questo genere di operazione viene definita anche prestito obbligazionario che di solito offre ai sottoscrittori una rendita fissa predeterminata o variabile se legata a specifici parametri o erogata in maniera non costante dall’emittente ma conosciuta tramite un piano cedolare che è di solito semestrale.

Eccezione è rappresentata dalle zero coupon (senza cedola) che vengono emesse ad un prezzo inferiore alla pari (di solito tra 97,5 e 99,0) ed il cui rendimento è rappresentato quindi dalla differenza tra il prezzo di emissione e di rimborso nel caso in cui si mantengano in portafoglio fino alla scadenza naturale.

 

Abbiamo anche bond più complessi come le obbligazioni strutturate così denominate in quanto incorporano strumenti derivati o opzioni che a loro volta sono legati ad attività sottostanti che determinano, in questi casi, il solo rendimento dell’obbligazione fermo restando il rimborso dell’intero capitale a scadenza; interessanti anche le convertibili che offrono la possibilità di poter esercitare il diritto di convertire appunto i titoli in azioni con tutto ciò che ne consegue in termini di strategia e legali in quanto varia sia la posizione nei confronti dell’emittente (perché da creditori si diventa soci), sia la componente rischio.

 

Naturalmente l’universo degli strumenti obbligazionari è abbastanza vasto per essere affrontato globalmente in questa serie di articoli che abbiamo dedicato principalmente alle strategia di protezione e crescita del capitale; pertanto gli strumenti finanziari oggetto di attenzione sono trattati nelle loro versioni standard per così dire in quanto ci rivolgiamo ad un pubblico eterogeneo e per lo più di risparmiatori comuni i cui investimenti sono di solito non speculativi puri o tecnicamente specialistici bensì mirati ad una protezione del patrimonio e relativa crescita nel medio-lungo periodo mantenendo basso e monitorato il livello di rischio.

Focalizziamo quindi l’attenzione sull’utilità o meno di avere obbligazioni classiche in portafoglio.

I principali fattori da tener presente prima di investire in bond sono quattro: l’ente emittente, il rendimento, la tassazione delle rendite che è al 26% ad eccezione di titoli di stato, titoli emessi da enti pubblici, organismi internazionali e stati esteri che godono di un’aliquota al 12,50% ed in fine la valuta di emissione perché comporta, oltre al rischio d’insolvenza (da mettere in conto se l’emittente ha un rating basso o poca solidità) anche il rischio di cambio.

Da sottolineare inoltre che il rendimento è di solito indice anche di solidità ed il valore delle obbligazioni ha un rapporto inversamente proporzionale alla variazione dei tassi d’interesse, oltre che alle normali dinamiche di mercato perché com’è noto rendimenti elevati fungono da assicurazione per eventuali insolvenze degli emittenti come la storia ci ha insegnato nei casi di Argentina e Grecia, ed in alcuni momenti anche Italia.

Alla luce di queste considerazioni iniziali, e se decidiamo di costruire un portafoglio in autonomia le obbligazioni devono costituire la base o le fondamenta della nostra strategia perché conferiscono stabilità ed una rendita pressoché costante che attutisce eventuali battute d’arresto o rendimenti negativi delle altre componenti di portafoglio in particolari momenti di mercato ad alta volatilità e, sebbene siano esse stesse soggette a fluttuazione siamo certi che, in ogni caso, quella parte di patrimonio non è a rischio (elevato) a meno che non siamo degli sprovveduti tali da cadere nella rete dei rendimenti elevati ed acquistare bond con rating al di sotto di A; altro discorso è cogliere l’occasione sui mercati ed approfittare di obbligazioni a prezzi al di sotto della pari, ma in questo caso dovremo calcolare se il gioco vale la candela, in parole povere se il rendimento ed il prezzo di emissione in quel determinato momento costituiscano un’opportunità.

Ulteriori presupposti non di minor peso specifico sono costituiti dalla consigliabile diversificazione per aree geografiche e valute che consente di bilanciare la quota di portafoglio destinata alle obbligazioni; in pratica diversificando gli investimenti in bond bilanciamo quella componente al suo interno che nella sua globalità bilancia a sua volta tutto il portafoglio.

Considerando che abbiamo stimato la componente obbligazionaria quale principale per il nostro asset ne consegue che impiegheremo la maggior parte del nostro capitale allo scopo che naturalmente deve esser più protetto.

In tutti gli asset di portafoglio comuni si destina la maggior parte del capitale in strumenti a basso rischio e la restante parte (per le performances) in strumenti a rischio medio-alto (tipo azioni o ETF ad esempio) che bilanceremo a loro volta diversificando principalmente i settori perché, al contrario di quanto accade per le obbligazioni (di emittenti solide, AAA, AA ed A), le azioni o strumenti con sottostanti sono soggetti a forte volatilità e sono influenzati dall’andamento dei settori di riferimento, come ad esempio un crollo del prezzo del petrolio  causerebbe una vendita di azioni delle compagnie petrolifere e pertanto una diminuzione di valore delle stesse e così via.

 

Volendo concretizzare questa teoria potremmo ipotizzare tre strategie per tre scopi diversi:

1 – Protezione del patrimonio (rischio basso) in cui la componente obbligazionaria dovrebbe costituire orientativamente tra il 75 e l’85% del nostro asset di portafoglio.

2 – Crescita nel medio/lungo periodo (rischio medio) in cui il peso dei bond sarà tra il 65 ed il 70%

3 – Performances e speculazione (rischio elevato) che comporta una componente obbligazionaria tra il 45 ed il 55%.

Queste ripartizioni consigliate tengono conto soprattutto della tendenza dell’investitore medio o comune a non rischiare ed alla sua idiosincrasia per il rischio e pertanto anche un portafoglio aggressivo diventerebbe a rischio medio per investitori più spregiudicati.

Naturalmente esistono i Fondi d’Investimento e le Gestioni Patrimoniali per coloro che si affidano alla consulenza e lasciano decidere le strategie a gestori e consulenti una volta stabilita la loro propensione al rischio.

In conclusione le obbligazioni rappresentano una valida forma di risparmio, sia a se stante sia quale componente di portafoglio con funzione di bilanciamento e contrappeso e non si può prescindere da esse se si ha una strategia a medo/lungo termine anche con gestione dinamica.

 

Antonino Papa, 27 aprile 2022