C’era una volta un canguro che era diventato un campione di atletica leggera. Purtroppo questo successo lo aveva reso arrogante e sgradevole, per cui passava molto tempo a prendere in giro gli altri. La sua vittima preferita era un piccolo pinguino il cui modo di procedere lento e goffo gli impediva spesso persino di finire le gare.
Un giorno la volpe, che le organizzava, fece circolare la voce che secondo lei la gara successiva sarebbe stata vinta dal pinguino. Tutti pensarono che fosse uno scherzo, tuttavia il canguro fu molto infastidito dalla cosa, si arrabbiò e ridicolizzò il pinguino ancora più del solito. Il pinguino avrebbe voluto rinunciare alla gara, ma alla fine si iscrisse perché era una tradizione che tutti partecipassero.
Il giorno della gara, sia il canguro che il pinguino si unirono al gruppo dei concorrenti che seguendo la volpe si portò sulla linea di partenza. La volpe lo guidò conducendoli su per la montagna, con tutti che prendevano in giro il pinguino, chiedendogli se sarebbe rotolato giù per la montagna o semplicemente scivolato appoggiandosi alla sua grassa pancia.
Quando il gruppo raggiunse la cima però si zittirono tutti. La cima della montagna si rivelò essere un cratere che si era riempito d’acqua, trasformandosi in un lago.
A questo punto, la volpe diede il segnale di partenza, avendo indicato che la gara era quella di attraversare il lago con il traguardo posto nel punto opposto della riva. La volpe disse: “Vince chi giunge primo dall’altra parte”.
Il pinguino, eccitato dalla notizia, si trascinò goffamente sul bordo dell’acqua e lo raggiunse fra gli ultimi. Ma una volta che era in acqua, però, la sua velocità era imbattibile e così vinse la gara con un grande vantaggio. Nel frattempo, il canguro riusciva con grande fatica a concludere la gara raggiungendo il traguardo per ultimo, piangente, umiliato e mezzo affogato. Tutti si aspettavano che il pinguino si sarebbe adesso rifatto prendendo in giro il canguro. Ma il pinguino aveva imparato molto dalla sua precedente sofferenza e invece di ridicolizzare il canguro preferì essere umile e si offrì addirittura di insegnargli a nuotare.
Dopo la gara gli animali conclusero la giornata divertendosi molto con i giochi sulla riva del lago e dentro l’acqua. Ma chi si divertì di più fu la volpe, che con la sua intelligenza era riuscita a impartire una grande e utile lezione al canguro il quale fu ridimensionato nella sua insolenza.
PICCOLA STORIA INSEGNA
Nelle ultime settimane di turbolenze politiche, in Italia e non solo, “arroganza” (un atteggiamento insolente e presuntuoso) è una parola che è stata pronunciata più del solito. Così è avvenuto per altre parole di antica origine, in particolare “caos” (una mescolanza disordinata di elementi come quella antecedente alla formazione del mondo) e “crisi” (uno stato transitorio di particolare difficoltà).
Ora, se un nuovo ordine di cose nascerà dal caos di oggi, se un momento di lucida visione seguirà l’attuale crisi, ciò rimane cosa tutta da verificare.
…Gli anni 2020 offriranno più speranze? Quello trascorso è stato un decennio turbolento in tutto il mondo: protesta, populismo, migrazione di massa e crisi climatica in aumento.
Ma le speranze dell’attenuarsi o della scomparsa dell’arroganza si fondano solo su una giusta risposta al problema, sviluppata nell’ambito della società civile.
Per comprendere quale risposta dare è necessario approfondire il concetto di arroganza.
L’arroganza può definirsi come l’orgoglio estremo manifestato da un personaggio, che alla fine però potrà portarlo alla caduta.
È il tipico difetto di chi gode di una posizione di potere e che come risultato finisce con il sovrastimare le sue capacità al punto di perdere il contatto con la realtà.
Gli antichi erano particolarmente severi nei confronti di questa caratteristica.
Nella tragedia classica greca, l’arroganza (o “hubris” come era chiamata) era una carenza fatale che portava al fallimento del tragico personaggio. In generale, l’eccesso di fiducia lo portava a tentare di oltrepassare i limiti delle qualità umane e a cercare di assumere uno status simile a quello divino. Questo era un grave crimine che meritava una punizione, perché creava in lui l’illusione di essere uguale agli dei. Alla fine lo portava a tradire sia la divinità che il suo destino.
LEZIONI DA IMPARARE
Qual è allora la giusta risposta?
La risposta è di non cercare di reagire alla arroganza con arroganza; chi lo facesse cadrebbe a sua volta nell’arroganza. Invece va evitato quello stato d’animo dell’arrogante a cui si gonfia il petto e a cui va data risposta soltanto con l’umiltà.
La pratica dell’umiltà è la sola cura per l’arroganza. Ciò vale in particolare per i leader.
Tutto ciò che è buono nella leadership comincia con l’umiltà.
- L’umiltà fa gioire per il successo degli altri. I leader arroganti invece minimizzano il successo degli altri, anche se la loro leadership spesso si appoggia proprio su quel successo. L’umiltà valorizza gli altri senza svalutare sé stessi, mentre l’arroganza spinge a voler essere “migliori di”.
- L’umiltà permette la crescita personale e lo sviluppo della leadership. L’arroganza si preoccupa dell’immagine a spese della realtà. L’umiltà accetta il “non lì” e il “non ancora”.
- L’umiltà coinvolge gli altri “spesso e presto”. Ricerca contributi, proposte alternative e feedback. Pianifica in modo collaborativo. Resiste alla comodità dell’isolamento.
- L’umiltà comporta i seguenti atteggiamenti tipici: ascoltare con calma e apertura; rivolgere una seconda o terza domanda anche se già hai compreso la richiesta; esplorare come qualcun altro potrebbe avere ragione; dire quello che pensi anche se possa essere difficile; trasferire agli altri le cose che apprendi.
LEZIONE IMPARATA
Per concludere vi passo la migliore sintesi delle caratteristiche dell’umiltà, che ci viene da una grande maestra nel campo del mentoring americano, C. JoyBell C.:
“Stai attento a non confondere l’insicurezza e l’inadeguatezza con l’umiltà! L’umiltà non ha nulla a che fare con loro, proprio come l’arroganza non ha nulla a che fare con la grandezza!”
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Edoardo Lombardi