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Pandemia & Economia, Merkel elogia il modello Draghi

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Torce di fuoco nella notte di Berlino. Un omaggio ardito della Repubblica tedesca per la Cancelliera Angela Merkel. Eppure quella scenografia ha un merito. Sovrapporre una scenografia che rimanda istintivamente nel grande pubblico un ricordo orribile della storia europea, le notti delle fiaccole dei raduni di Norimberga che esaltavano il potere del partito nazista, per consentire così che la democrazia si riappropri di riti, forme e immagini, annullando, quasi algebricamente, quelle precedenti.

La Germania che per Costituzione rifugge ogni richiamo bellico o militare si impadronisce senza timore di ricevere un giudizio riprovevole da parte dagli alleati, di un’iconografia fatta di onori, fiaccole di fuoco nella fredda notte di Berlino, di elmi tolti dalle teste dei soldati glabri con cadenza lenta in omaggio ossequioso ad una donna, e non sarebbe stato possibile farlo se non ad una donna, che per sedici anni ha servito con amore e cura la Germania riunificata. Una leader che venendo da Est ha condotto con il suo passo cadenzato, l’andatura dell’intero continente europeo nel labirinto di crisi economiche, terroristiche, diplomatiche, migratorie, monetarie, sanitarie.

Come pochi politici in passato Angela Merkel ha avuto la capacità di segnare una stagione della storia, non solo di un singolo popolo, ma di una intera comunità sovranazionale. Uno stile politico fondato sul dubbio, perché ispirato alla formazione scientifica. Un retroterra culturale austero, scolpito nell’esperienza di una adolescenza vissuta in un paese ispirato al socialismo reale. Una visione solidale, assorbita dall’insegnamento politico di un altro gigante della storia politica europea, Helmut Kohl. Più che ideologia, pragmatismo. Più che identità politica, assorbimento delle politiche necessarie. Anche se propugnate dagli avversari.

Noi figli di questa generazione abbiamo vissuto la parentesi Merkel. Tutti noi europei, da Lampedusa a Aberdeen, siamo stati spettatori del dispiegarsi di una leadership che ha condizionato le nostre vite. Una parentesi nella quale il sistema politico dell’Unione non ha deviato, nonostante gli urti e gli scossoni, dalla sua rotta di integrazione, soprattutto grazie alla leadership di una donna che ha saputo trovare la giusta sintesi fra interessi nazionali e ambizioni continentali.

Fra doveri e aspirazioni. Fra rigore e visione. Un politico che ha definito il suo rappresentarsi attraverso un ventaglio di colori pastello usati negli abiti. Un esercizio di comunicazione istituzionale e politica incarnato in una sorta di cromocrazia mai greve e urlata, ma sempre calda e coinvolgente. Le tonalità di colori come messaggio di tolleranza, di ascolto, di accoglienza, di diversità.

La Germania che negli anni trenta del secolo scorso sognava l’egemonia, grazie alla forza basata sull’aggressione militare sulle altre nazioni del continente, ha forse in questi anni dieci del nuovo secolo potuto davvero rendere concreta quell’ambizione ardita, però all’interno di una cornice di supremazia non violenta, ma politica, ancor prima che economica.

E la Merkel ne è stata l’interprete e l’artefice. Sapendo smussare le pretese delle ali più oltranziste del suo paese, quando c’è stato da sostenere, contro la linea della Bundesbank, le politiche monetarie espansive del governatore italiano della Banca Centrale Europea o quando c’è stato da decidere se aprire le porte o meno della Germania ai richiedenti asilo politico provenienti dalla Siria. Quando ha rinunciato all’energia nucleare.

Quando se pur spiata dall’alleato americano ha fatto prevalere la gerarchia del valore dell’alleanza geostrategica con Washington, piuttosto che attivare rivalse utili solo a placare risentimenti egoriferiti. Quando ha trattato con una punta di cinismo con il tiranno turco per impedire l’invasione di profughi proveniente da oriente o quando ha definito un giudizio sferzante, ma offensivo, il rapporto politico e umano con leader russo confinante della NATO a oriente dell’Europa.

La Merkel lascia il passo. Lo fa con garbo e stile. Gli ultimi suoi atti politici sono la richiesta di voto di una legge per l’introduzione dell’obbligo vaccinale e l’omaggio al modello italiano nella gestione della pandemia. Una sorta di lascito testamentario a Mario Draghi.

L’unificazione tedesca, la moneta unica e la difesa dell’euro e la pandemia. Dentro questi eventi della storia contemporanea si è mossa la vita personale e politica di una protagonista della nostra epoca che amava ricordare con un proverbio tedesco che “ogni inizio è difficile”.

E l’inizio che attende l’Europa il giorno dopo la sua “abdicazione” di certo non sarà facile. Soprattutto se il politico italiano, indicato come prosecutore della sua “azione di integrazione dell’Europa”, non saprà trasformarsi da “esecutore dello stato di eccezione italiana” a leader capace di scrivere una nuova offerta politica, bagnato dalla benedizione del consenso popolare. 

Antonello Barone, 3 dicembre 2021