Passaggi generazionali: l’Italia è a metà strada
L’Italia nel suo complesso è in una situazione unica dal punto di vista del trasferimento di beni dall’attuale generazione alle successive.
- In primo luogo la massa di risparmi da trasferire non è mai stata così ingente perché la ricchezza del paese, secondo i dati della Banca d’Italia, sfiora i diecimila miliardi (stima approssimativa perché è difficile valutare esattamente il prezzo degli immobili e di tutto ciò che non è quotato su un mercato).
- In secondo luogo questa ricchezza è posseduta da anziani perché per due terzi appartiene a persone che hanno quasi settanta anni o più.
- In terzo luogo la ricchezza è detenuta in modi che rendono la trasmissione non agevole per vari ordini di motivi: difficoltà a frazionare i beni nel caso di più eredi, difficoltà a valutare il valore di questi beni perché spesso non quotati su un mercato, alta vulnerabilità a contenziosi. Ovviamente non è un problema di tutti gli italiani perché non tutti hanno qualcosa da lasciare alle future generazioni. Ma è un problema più diffuso di quanto non si creda e di cui dovrebbero occuparsi proprio le persone relativamente meno abbienti. Per gli eredi di costoro, infatti, gli averi trasmessi possono avere una fondamentale funzione di aiuto e di integrazione del tenore di vita. Questa funzione si attenua nel caso di persone più abbienti.
Si parla di disuguaglianze, e spesso si fa confusione.
Ci sono almeno due tipi di disuguaglianze: quella tra i redditi percepiti dalle persone e quella delle ricchezze detenute dalle persone. Anche se può sembrare non intuitivo, queste due disuguaglianze non vanno di pari passo. Per esempio, in Europa, la Danimarca è il paese che ha meno disuguaglianza nei redditi ed anche quello che ha più disuguaglianze nelle ricchezze (cfr. pp. 376-377 in Elliott, “Quanto grande è questo numero?”, Cortina Editore, 2021). L’Italia si trova a metà strada. Data la cospicua ricchezza da traghettare il passaggio generazionale dovrebbe essere un problema preso in considerazione con attenzione da chi ne è interessato. Invece non sempre è così.
Il passaggio generazionale
La questione presenta aspetti delicati. Porsi il problema dell’eredità dei propri beni implica affrontare il tema della fine della vita terrena. Eppure qui c’è una contraddizione: tutti i sondaggi mostrano che chi ha cumulato risparmi in maniera tale questi siano sovrabbondanti per il proprio tenore di vita presente e futuro desidera che essi siano trasmessi ai propri eredi. Questo passaggio viene sentito favorevolmente come una continuità del proprio lavoro e dei propri sforzi, quasi un passaggio di testimone. Quindi:
- primo consiglio: non è detto che si debbano aspettare gli ultimi anni di vita per procedere a trasferire a chi intendiamo lasciare i nostri averi almeno quella parte che non è funzionale al proprio tenore di vita, tenendo presente che spesso le persone anziane hanno stili di comportamento molto frugali.
- Secondo consiglio: contrariamente a un pregiudizio corrente, se il portafoglio è esuberante rispetto alle nostre esigenze, la prospettiva temporale del portafoglio stesso si allunga e non si accorcia. Col crescere dell’età del proprietario, si dovrebbero avere in portafoglio più azioni perché sui tempi lunghi costituiscono le più profittevoli forme di investimento. Data l’accelerazione nell’extra-rendimento delle azioni (soprattutto quelle della tecnologia) nell’ultimo decennio, questa è una scelta ottima anche per chi riceverà l’eredità perché il suo portafoglio vivrà per tempi lunghi essendo passato a una persona relativamente giovane.
- Terzo consiglio: va considerato che si tratta di un problema cruciale perché le nuove generazioni non potranno in futuro cumulare risparmi con il ritmo che abbiamo visto nell’ultimo mezzo secolo. I motivi sono noti e numerosi, tra l’altro: precarietà dei posti di lavoro, redditi più bassi che in passato, più famiglie frammentate o single, ulteriori frazionamenti degli averi ereditati.
Paolo Legrenzi