Per l’llva in corsa 15 gruppi. Ma i giochi si fanno adesso

Pretendenti al lavoro per comporre le cordate. Occhi puntati su Arvedi e Nippon Steel

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Ilva ministro Urso

Sono 15 le manifestazioni di interesse per rilevare l’ex Ilva di Taranto dopo la fallimentare esperienza dell’amministrazione Arcelor Mittal. E’ stato il ministro delle Imprese Adolfo Urso a rivelare il numero dei pretendenti, che formano però un insieme eterogeneo in cui figurano sia big esteri sia società medio-piccole italiane che sono interessate solo ad alcuni asset del gruppo tarantino.

Il termine ultimo è scaduto alla mezzanotte di venerdì, i giochi però si faranno nella fase due che si svilupperà da qui a fine novembre. A prevederlo è lo stesso bando di gara, che assegna ai commissari straordinari la “facoltà”, previa autorizzazione del ministero, di ammettere alle fasi successive anche chi ora è rimasto alla finestra. A quel punto però non si tratterà più di mettere sul tavolo una manifestazione di interesse, pur articolata, ma una offerta vincolante.

Si guarda in particolare alle strategie big del settore Nippon  Steel e ad Arvedi, che al momento non si sarebbero fatti avanti. Al contrario tra i 15 pretendenti venuti allo scoperto ci sarebbero l’indiana Vulcan Green Steel, la canadese Stelco (che fa parte del gruppo americano Cleveland Cliff) e l’ucraina Metinvest. Secondo alcuni ci potrebbe poi essere Baku Steel Company, che ha sede in Azerbaijan. Tutti e quattro questi gruppi sarebbero disponibili a rilevare l’intero perimetro dell’Ilva.

Allo stesso modo avrebbero spedito al ministero una manifestazione di interesse anche le italiane Marcegaglia e Sideralba. In questo caso però solo per alcune parti del polo siderurgico di Taranto. Come detto però tutto si decide nella fase due. Perché sono già in corso trattative per comporre delle cordate. Con il probabile rientro in gioco anche dell’italiana Arvedi che già ha rilevato dai tedeschi la vecchia AST-Acciai Speciali Terni. Arvedi è inoltre specializzata sull’acciaio green.

La prospettiva, secondo alcuni osservatori, potrebbe essere quella di veder comporsi più di una cordata dalla natura mista, cioè con un big estero in maggioranza e un italiano accanto a garantire il territorio. La cordata avrebbero così le spalla abbastanza larghe per rilevare l’intero capitale dell’ex Ilva-Acciaierie d’Italia, oggi finita in amministrazione straordinaria, e rilanciarla.

Leggi anche il post di Nicola Porro: Giustizia folle, il processo sull’Ilva è tutto da rifare.

Se all’Ilva si può assegnare un valore complessivo stimabile in 1,5 miliardi, la vincita della gara è solo il primo passo. Ai costo di acquisizione vanno infatti sommati gli investimenti necessari per la decarbonizzazione concordati con Bruxelles, la riattivazione degli altiforni necessaria per rilanciare una produzione oggi ridotta al lumicino e preservare i posti di lavoro.

A conti fatti, la forza finanziaria necessaria per completare il tourn-around dell’Ilva potrebbe insomma moltiplicarsi per 3-4 volte rispetto alla base di acquisto. Il ministro Urso ha definito “un successo” il riscontro di interessi ottenuta dalla gara per l’Ilva e ha rimarcato come si sia evitato il collasso dell’impianto. I sindacati, come di prassi e come è comprensibile, si sono già detti contrari a qualsiasi spezzatino.

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