Economia

Perché il governo cinese fa a brandelli un campione tecnologico come Alipay?

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Alla fine, è sempre tutta una questione di dati…, di informazioni, di controllo, di soldi e di potere sottoforma di algoritmi, e anche la recente questione Alibaba-Ant-Alipay-Governo cinese non esula da questa formula. Non c’è margine di discussione, la super app Alipay sarà smembrata: da un lato le attività di Huabei che fanno riferimento ai pagamenti con carta di credito virtuale e dall’altra quelle di Jiebei, ovvero i piccoli prestiti tendenzialmente non garantiti. Il regolatore di Pechino sarà irremovibile a riguardo e l’obiettivo è ancora il gruppo Alibaba, già di recente costretto a pagare una “tassa di solidarietà” di 13 miliardi di euro e una multa di 2,3 miliardi per abuso di posizione dominante.

Alipay consta di oltre un miliardo di clienti in Cina e attraverso il suo sistema transitano oltre la metà delle transazioni online di tutto il Paese, per non parlare poi del fatto che da solo eroga un decimo dei prestiti al consumo del mercato locale. Stiamo parlando di un colosso finanziario di dimensioni planetarie, che detiene una quantità di informazioni unica che fra l’altro da qualche tempo si sono arricchite anche con quelle di alcuni stranieri che utilizzano l’app in loco.

Secondo quanto riportato dal Financial Times, infatti, l’obiettivo – oltre a quello di depotenziare il colosso finanziario Ant – è quello di entrare in possesso dei dati personali che questo custodisce. Riporta il giornale inglese: “Il Governo ritiene che il potere monopolistico delle big tech venga dal controllo dei dati e vuole porvi fine”, lo scopo sarebbe quindi sostanzialmente quello di sostituirsi ai giganti tecnologici ponendo un freno alla loro espansione incontrollata.

Anche se la newco destinata a nascere e a gestire il credit scoring del gruppo vedrà la partecipazione di Ant e del Zheijang Tourism Investment Group con la stessa quota del 35% (motivo per cui alcuni analisti ritengono quasi positiva l’iniziativa che lascia il controllo operativo nelle mani dirette ed indirette di Ant ed Alibaba), ritengo che il 30% a controllo pubblico/privato sia più che sufficiente per “commissariare” di fatto l’intera impresa. Il motivo è presto detto.

Per prima cosa, così facendo il Governo (che già entra in possesso dei dati) avrà sostanzialmente il potere di veto sull’erogazione dei prestiti, che accederanno alla app di pagamento solo dopo il suo benestare. Secondariamente, quanto avvenuto nell’ultimo anno ha già dimostrato come il regolatore cinese sia sostanzialmente in grado di fare ciò che vuole delle big tech senza bisogno di scomodarsi più di tanto.

Di conseguenza, Xi Jinping vince tre volte. Entra in possesso dei dati, controlla l’erogazione dei prestiti, mette sotto il suo giogo la più importante industria finanziaria del Paese. Il tutto, ovviamente, considerando una vittoria per il partito e per il paese tagliare una delle principali teste dell’industria tecnologica cinese, con la perdita netta di circa 3 mila miliardi di dollari a causa dell’emigrazione dei capitali verso altri lidi.

 

Eppure, il pomo della discordia viene da lontano e risiede nella nascita stessa delle super app cinesi che offrono servizi finanziari. Un colosso come Alipay deriva necessariamente dall’espansione del commercio elettronico tramite Alibaba, peccato però che col tempo il primo ha avuto di fatto il sopravvento sul secondo, con le attività finanziarie che si sono di fatto prese la ribalta.

Secondo buona parte dei detrattori, app come Alipay – ma lo stesso principio di fondo potrebbe valere anche col suo concorrente WeChatPay – hanno inizialmente goduto di una sorta di “compiacente deregulation” da parte delle autorità cinesi le quali, pur spesso sottolineando l’eccezionalità della situazione in parte extra regolamentare, hanno sostanzialmente chiuso un occhio fintanto che il gioco è valso la pena. La vera svolta si è verificata solo quando Jack Ma ha attaccato pubblicamente il Partito comunista e quando Ant era arrivata alla mega IPO da oltre trenta miliardi di dollari.

Il Governo di Pechino sta coscientemente conducendo il settore fintech cinese ad una fase di involuzione e la “fame di dati” dalla quale è mosso lo stimola costantemente ad attaccare anche altri conglomerati ed industrie tecnologiche come quella dei videogiochi o del trasporto (Tencent e Didi) entrambe ricche di dati personali.

Il progetto è (almeno apparentemente) tentacolare e ben coordinato. Si tratta di una vera e propria stretta che sta diventando sempre più opprimente e a maglie strette, il che porta a supporre che non sia finita qui ma che si muova in progressione verso un obiettivo ancora più ampio.

 

 

Maurizio Pimpinella