Economia

PNRR: la grande sfida

Economia

PNRR è ormai un acronimo (o sigla) che  per fama ha addirittura superato il famigerato spread di cui tanto si è dibattuto negli anni più bui dell’economia italiana.

 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è la cura pensata durante la pandemia per ridare fiato alle economie dei paesi membri dell’Unione Europea ed è legato al raggiungimento dei cosiddetti obiettivi al fine di potere accedere ai fondi in un forma simile ai SAL (stato avanzamento lavori).

 

Una primaria considerazione da tener presente è che da quando l’Unione Europea ha approvato il PNRR gli assetti socioeconomici e geopolitici a livello mondiale sono mutati e pertanto, oltre la pandemia, per la quale il Piano era stato pensato, è scoppiata la guerra in Ucraina che ha avuto come conseguenza primaria la crisi energetica che stiamo affrontando da marzo; inoltre, aspetto non trascurabile, l’indirizzo di Governo italiano è mutato ed il nuovo Esecutivo ha una visione leggermente differente rispetto a quella originaria.

 

A ciò si sommano i circa 10 milioni di poveri in Italia (Censis), per la Caritas addirittura 15 milioni, l’inflazione, i recenti aumenti dei tassi da parte della BCE ed imprese in enormi difficoltà, sia grandi che PMI.

È pertanto chiaro che il Bel Paese è in una condizione peggiore sia rispetto al periodo in cui è stato ideato il PNRR, sia nei confronti di altri Stati Membri dell’Unione i quali hanno già adottato delle contromisure per far fronte al caro energia e che non vedono di buon occhio (Commissione UE compresa) l’idea del Governo Meloni di modificare o ripensare il PNRR in quanto oltre la pandemia abbiamo nuove emergenze prima non considerate perché non esistevano.

 

Tenendo in debita considerazione che il Piano prevede 191,5 miliardi assegnati all’Italia, ai quali vanno sommati 13 miliardi dal fondo REACT-EU, Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe (Pacchetto di assistenza alla ripresa per la coesione e i territori d’Europa) ed altri 30,6 dal Fondo Complementare per un totale di 235,1 miliardi.

Ne consegue che un fiume di denaro di tale portata, se ben distribuito, e soprattutto se non disperso tra i meandri della burocrazia ed assegnazione di opere ad amici di amici, potrebbe risollevare l’Intero Paese in meno di un decennio … dando per assodato che urgono provvedimenti immediati letteralmente per mettere soldi in tasca ai cittadini che sono sotto la soglia di povertà e nelle casse delle aziende per metà nelle sabbie mobili.

Le sfide da affrontare pertanto sono due di cui la principale è riuscire a spendere bene le tranche assegnateci e la seconda essere in grado di avere l’approvazione della UE considerando che è un dato di fatto che il Governo intende modificare la struttura originale dell’impianto del PNRR e destinare parte dei fondi alle nuove emergenze.

Sebbene nel dettaglio la Premier non ha indicato come intenda modificare l’assegnazione delle risorse è chiaro che ogni modifica deve ottenere l’approvazione UE ma è facilmente intuibile che le intenzioni concrete sono quelle di ridare fiato a cittadini in difficoltà ed imprese procrastinando gli obiettivi secondari.

Cerchiamo di comprendere la struttura degli obiettivi (senza elencarli tutti ovviamente) per ipotizzare da quale voce potrebbero essere diminuite le risorse da destinare ad altre emergenze.

Il Piano si compone di 6 missioni all’interno delle quali vi sono dei macro obiettivi per ognuna di essa:

 

  • Digitalizzazione (PA, sistema produttivo, turismo e cultura)
  • Transizione ecologica (sostenibilità, efficienza energetica e tutela del territorio)
  • Infrastrutture (rete ferroviaria e viabilità)
  • Istruzione e Ricerca (ottimizzazione di tutto l’impianto organizzativo del comparto scuole ed università)
  • Inclusione e coesione (lavoro, politiche sociali)
  • Salute (reti di prossimità, telemedicina, digitalizzazione)

 

Le emergenze italiane sono dovute innanzitutto al caro energia che come in un domino spinge le imprese verso crisi di liquidità, alla difficoltà di milioni di cittadini (anche non sotto la soglia di povertà) che non riescono a far fronte ad impegni finanziari costanti quali mutui, finanziamenti o locazioni ed in fine ad un maggior aggravio per lo Stato a seguito dell’aumento dei tassi considerando i circa 3000 miliardi di debito pubblico.

Rammento inoltre che gran parte dei fondi PNRR costituiscono ulteriore debito pertanto la difficoltà reale della situazione che il nuovo Governo è in procinto di affrontare è di portata biblica; pensate ad una famiglia sommersa dai debiti e che per onorare le scadenza contrae altri debiti e contemporaneamente deve mantenere figli, pagar loro l’istruzione e provvedere alle necessità quotidiane … questa è l’Italia.

Risalire la china ed invertire la rotta è un’impresa quasi impossibile.

 

Ecco perché, a mio avviso a ragion veduta, il nuovo Governo intende anteporre i famosi interessi nazionali a quelli europei e ciò inevitabilmente comporta una modifica al PNRR altrimenti dove prendiamo le risorse necessarie alle esigenze del nostro Paese ?

 

Qui si incastra anche il tema da me richiamato più volte sull’Europa a due velocità, ovvero che non tiene conto delle situazioni socioeconomiche di ogni Stato Membro bensì persegua una politica, soprattutto in ambito monetario, uguale per tutti (vedi aumenti dei tassi) e ciò non fa altro che affossare le Nazioni più deboli e scalfire le economie floride come Germania, e paesi del nord definiti frugali o per la linea del rigore se preferite.

 

Logicamente eventuali modifiche alla struttura di destinazione delle risorse europee potrebbero intaccare soltanto digitalizzazione e transizione ecologica che sarebbero leggermente sacrificate per far fronte alle nuove criticità.

In ogni caso bisogna attendere le decisioni del Governo e le conseguenti risposte da parte della UE ma una cosa è certa ed è che questi 235,1 miliardi sono per noi Italia come l’ossigeno per un astronauta sulla luna.

 

Se si perde questo treno si muore, perché la funzione principale del PNRR non è soltanto quella di modernizzare i Paesi, è soprattutto un’opportunità di creare ricchezza e sta ad ogni Stato Membro dimostrare di essere all’altezza dei compiti assegnati (perché di questo si tratta, altrimenti non avremmo avuto nulla).

Resta il fatto che noi, come Spagna, Grecia, Portogallo ed altri siamo penalizzati da situazioni di partenza peggiori dovute appunto all’unicità della politica monetaria adottata dalla BCE che non tiene conto dell’Europa a due velocità.

Antonino Papa, 1 novembre 2022