Economia

Pressione UE e USA sulle elezioni italiane

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Prima o poi tutti i nodi vengono al pettine, se finora nel nostro Paese si è sempre procrastinata a data da destinarsi la risoluzione di annose criticità, per volere di una parte politica o di un’altra ignorando anche le indicazioni della UE, oggi le istituzioni europee e gli alleati di sempre ci presentano il conto con relativo ultimatum senza spazi di manovra.

Queste richieste informali (per ora) giungono sottoforma di moniti da parte della UE e degli USA attraverso media o comunicazioni semi-ufficiali, nel primo caso si tratta di un remind  in merito ai requisiti da raggiungere per ottenere la fetta del PNNR a noi spettante e beneficiare dello scudo anti-spread e nel secondo di una mera preoccupazione di carattere politico, o meglio una vera e propria intromissione con relativi suggerimenti all’elettorato affinché il nuovo governo sia in linea con le volontà dell’Unione Europea.

Non essendo questa la sede per considerazioni di carattere politico focalizziamo l’attenzione sui possibili scenari economici cui dovremmo far fronte in autunno, non sono certo rose e fiori.

Piuttosto il contrario con l’inflazione praticamente in doppia cifra, i tassi più alti, un debito pubblico intorno ai 3000 miliardi di euro e nessuna presa di coscienza reale da parte di nostri politicanti circa la gravità della situazione in cui versa il Paese.

Se prima avevamo Draghi, che in ogni caso non ha risolto alcunché perché non glielo hanno consentito, ora, dopo le sue dimissioni, viene a mancare anche quella fiducia che riponevano in noi le Istituzioni Europee data la levatura internazionale del Premier; tradotto in parole semplici significa che se prima i paesi frugali che sono per la linea del rigore avevano un occhio di riguardo per noi oggi ritornano prepotentemente sulle loro posizioni dopo aver constatato che tutte le promesse fatte sono state disattese.

Nessun Paese membro dell’Unione è più disposto a concederci credito o ulteriore supporto finanziario perché siamo giunti al punto di non ritorno oltrepassato il quale i capitali dei Paesi che hanno esposizioni con noi diventano bollenti e ad alto rischio.

A Partire dalla Germania, che nelle ultime settimane è ritornata su posizioni rigoriste, si è stabilito che lo scudo anti-spread sia attivabile soltanto per i Paesi che hanno i conti in ordine e ciò rappresenta per noi la sfida più ardua perché ai famosi 3000 miliardi di debito pubblico (che nessuno più vuole comprare) si aggiungono i circa 170 di evasione fiscale più i quasi 80 dovuti alla corruzione … all’anno !

Su queste premesse, ascoltando anche i vari esponenti politici in campagna elettorale, i quali paventano tagli ad iva ed imposte, sarà molto difficile pianificare un rientro alla normalità ovvero alla messa in sicurezza dei conti pubblici.

Il dilemma però esiste ed è scegliere tra rientrare nei parametri imposti dalla UE (per avere supporto) o sostenere le famiglie, considerando anche i circa 2 milioni di nuovi poveri in più. La terza via è la troika o default, detto in parole semplici.

La questione però è ulteriormente appesantita dal risultato elettorale in quanto, non è una novità, se dovesse prevalere la coalizione di centro-destra, non gradita alla UE ed anche agli USA, potremmo dire addio anche a quel residuo di benevolenza europea e sarà molto probabile che il nostro mercato subirà attacchi speculativi o fuoriuscite di ingenti capitali per mancanza di fiducia.

 

Non dovrebbe esser così perché in democrazia un popolo dovrebbe essere libero di scegliere da chi vuole essere governato senza timori di ritorsioni ma …

Ma siccome chi ci suggerisce le scelte politiche è anche chi ci ha sostenuto finora pretende che si continui su una certa linea per non lasciarci affondare, non è etico e neanche giusto, e tantomeno democratico, ma purtroppo è così.

Se pensiamo al recente aumento dei tassi infatti, ed ai già milioni di italiani in difficoltà con mutui e finanziamenti (famigerati NPL) ed al debito pubblico che a fatica riusciamo a rimborsare, nonché ad una stasi produttiva a causa di moria di PMI non adeguatamente supportate, è ben delineata la strada del default di fatto a cui si aggiunge l’elevato prezzo dell’energia, causa guerra, che provoca incertezza su come superare autunno ed inverno, ovviamente dal punto di vista economico che in gran parte dipende dall’approvvigionamento energetico non certo.

Un ruolo chiave in momenti come questo dovrebbero rivestirlo le banche attraverso il credito a privati ed aziende ma, com’è sempre accaduto, in momenti di necessità del Paese (che significa rischio per le banche) le porte saranno chiuse, ciò anche per effetto della enorme quantità di titoli di stato a rischio e di derivati che le banche hanno in pancia e che non consente loro di adottare una corretta politica del credito adeguata ai momenti economici del Paese.

Pertanto (ed anche purtroppo) tutto passa attraverso i soldi del PNRR che ricordo a tutti essere in ogni caso un ulteriore debito e proprio per questa ragione vi sono dei paletti propedeutici alla ricezione dei circa 200 miliardi stanziati per l’Italia.

Lo Stato non può più farsi carico delle necessità dei cittadini perché non ha la capacità economica per farlo, considerati gli sprechi infiniti cui siamo stati spettatori per decenni e tantomeno ha la forza per rialzarsi e rimettere in conti in ordine.

Se neanche Draghi è bastato per cambiare rotta il dubbio sorge spontaneo a chi deve fornirci il paracadute perché il momento in cui inizieremo a cadere nel vuoto si avvicina, i miracoli e la beneficienza sono pratiche non contemplate.

È necessaria una seria presa di coscienza dei cittadini in primis e di chi manderemo a governarci perché dopo il 25 settembre o restart o Grecia.

Antonino Papa, 26 luglio 2022