Economia

Rapporto Italia-Europa. Più che i numeri sembra contare la politica

Il nostro Paese sotto i riflettori dopo il cambio di Governo e soprattutto a causa dell’elevato debito.

Economia

Un inizio anno critico per il nuovo Governo, non solo per la situazione congiunturale complicata (che è stata ereditata) ma principalmente per l’improvvisa resuscitata attenzione riservata all’Italia dagli organismi apicali delle istituzioni finanziarie europee; alla BCE fa eco anche parte della stampa specializzata che paventa addirittura il rischio default, come ipotizzato dal Financial Times nei giorni scorsi.

Le reali motivazioni di tutto questo ritrovato interesse nei confronti del nostro Paese non sussistono soltanto per via dei parametri e paletti europei ampiamente sforati da tempo; ben altre dinamiche, distanti anni luce dalla finanza, scatenate dai falchi (che io definirei avvoltoi), stanno permeando l’intera Europa con conseguenti campanelli d’allarme che risuonano in tutti gli Stati Membri.

Prima di entrare nei dettagli finanziari è pertanto lecito chiedersi perché fino a pochi mesi addietro, prima dei mutamenti politici interni, non si è mai ipotizzato alcun default e tantomeno alcun grave allarme attivato.

Di solito si usa dire che a pensar male si fa peccato ma e non è affatto un’invenzione dire che le istituzioni europee non gradiscono un Governo di destra, così come non è errato affermare, proprio alla luce di ciò che sta accadendo oggi, che Draghi fu voluto proprio dalle Istituzioni Europee non per sistemare i conti dell’Italia bensì per traghettarla e venderla perché il default era già scritto non solo finanziariamente.

A tal proposito rimando a due precedenti articoli (propedeutici per poter avere una visione più ampia della tematica) ai seguenti link:

18 marzo 2022 ( https://www.nicolaporro.it/economia-finanza/economia/azienda-italia-perche-e-stato-scelto-draghi-come-ceo/ )

12 giugno 2022 ( https://www.nicolaporro.it/economia-finanza/economia/inflazione-e-tassi-in-rialzo-litalia-a-un-bivio/ ).

Tornando a ciò che concerne prettamente la parte finanziaria non credo sia complicato immaginare che 2.771 miliardi di euro siano una cifra irrisoria e controllabile, ovvero il nostro debito pubblico; soprattutto alla luce dei molteplici aumenti di tassi decisi dalla BCE senza tener conto della più volte citata Europa a due velocità i cui paesi maggiormente esposti (come il nostro) sono perennemente a rischio.

Oltretutto il rapporto debito/pil è ben oltre il limite del 60% (146,8% con previsione di 147,1% per il 2023 secondo uno studio pubblicato anche dal Sole24Ore il 4 novembre 2022); con questi numeri la sopravvivenza è piuttosto complicata, a maggior ragione se a tutto ciò aggiungiamo che i produttori di reddito in Italia rappresentano il 60,5% della popolazione mentre la restante parte costituisce dei costi, ovvero pensionati, inattivi e non occupati (7,8%).

Si consideri, inoltre, che molti cittadini, ed imprese, inclusi nel citato 60,5%, sono in enormi difficoltà con conseguente aumento degli NPL (Non Performing Loans) che sono una vera e propria spina nel fianco per banche e società di credito al consumo; effetto di ciò è la stretta del credito e l’aumento degli spreads che si aggiungono alle decisioni in materia di tassi della BCE.

Il quadro si completa con il 10% della popolazione sotto la soglia di povertà.

Tecnicamente siamo al default da molto ed è stato merito di Draghi, quando era a capo della BCE, se siamo ancora in vita ed è ancora merito suo, o meglio della grande fiducia che riscuote in Europa, se durante il suo mandato Lagarde & Co hanno chiuso un occhio e forse anche due.

L’Europa si è irrigidita nei nostri confronti per due ordini di motivi di cui il primo è politico ed il secondo sociale ed è il fatto che l’Italia sta mettendo alle strette la UE sul fronte immigrazione e ciò non era nei piani di Germania, Austria e Francia, tanto per citare i più vicini a noi.

Se guardiamo indietro, alla Grecia, la cui storia richiederebbe un approfondimento dedicato, possiamo constatare che l’effetto della troika è stato il passaggio di mano di gran parte delle infrastrutture, quali porti ed aeroporti principalmente, che sono finite in mani germaniche, semplicemente perché all’epoca la Germania era uno dei maggiori creditori della Grecia.

Pertanto, la questione default è più politica che finanziaria (nonostante i numeri), e si deciderà nelle stanze dei bottoni delle Istituzioni Europee che saranno, come sempre, pressate dai Paesi frugali affinché finiscano i costanti trattamenti preferenziali nei confronti dell’Italia.

L’ultima parola però non è ancora detta, considerando soprattutto il dato di fatto che la UE è subalterna alle linee tracciate dagli USA, nonché l’Italia un Paese Fondatore che occupa una posizione strategica nel Mediterraneo e custode di molti asset di proprietà straniera.

La domanda finale che bisognerebbe porsi è se i soggetti a cui converrebbe lasciar fallire l’Italia sino una maggioranza o una minoranza, e soprattutto quanto potere economico abbiano.

 

Antonino Papa, 9 gennaio 2023