Quando si parla di fuga di Capitali, immediatamente, senza un attimo di esitazione, il pensiero corre all’instabilità del quadro politico che non è in grado di garantire quella stabilità che la finanza necessità per operare in piena tranquillità con un ben preciso quadro normativo. Data la sua natura, è un fenomeno quantificabile con inevitabili ripercussioni immediate per chi lo subisce.
Ma quando si parla di fuga di Cervelli, risorse intangibili, il suo valore non trova una ben che minima quantificazione, a meno chè non si contabilizzi tutti gli investimenti resi necessari per la formazione. Nel caso di uno Stato, sono le spese che la collettività ha sostenuto nei diversi campi dei servizi ( sociali, sanitari, e vari gradi d’istruzione), mentre in campo economico, sono tutti quei costi che l’impresa ha sostenuto per la preparazione del collaborate( dal periodo di apprendistato e formazione mediante partecipazioni a corsi, ecc.). Nei bilanci di ambedue le posizioni però, il valore del capitale umano non è minimamente valorizzato, anche se è questo Capitale che fa la differenza oggi, e in prospettiva avrà un Ruolo sempre maggiore.
Fino a poco tempo il Responsabile della produzione aveva una funzione dominante sugli altri, poi sono comparsi via via a pari merito il Responsabile Vendite, il Responsabile Marketing, il Responsabile Finanziario rimanendo defilato il ruolo del Responsabile del Personale. Attualmente invece, è assunto alla ribalta, e non passa giorno che il suo Ruolo sia strategico. La stessa denominazione assunta attualmente H.R., Human Resources, è l’evidenza che il dipendente è visto come una risorsa e non più come un costo. Stessa attenzione è data dall’ergonomia che studia i problemi connessi ai lavoratori nell’ambito produttivo ed ambientale.
Ma l’aspetto più interessante che si è sviluppato nell’ambito delle Risorse Umane sono le varie figure professionali che contribuiscono a presidiare questo imprescindibile valore aziendale. Solo a titolo di esempio, indichiamo la fase iniziale del Recruiting con il propedeutico colloquio motivazionale ed esame approfondito del curriculum vitae, e la successiva fase del training. A queste fondamentali e determinanti processi, si sono aggiunte le verifiche successive:
dal perfomance management ( puntualizzazione e condivisione periodica degli obiettivi da perseguire), alla funzione di h.r. analytics e applicazione metodo OKR ( non più esclusivamente analisi nuda e cruda dei singoli report aziendali, definizione degli obiettivi, e monitoraggio degli stessi con evidenza di eventuali progressi al fine di un complessivo coinvolgimento del personale agli obiettivi di business da perseguire ). Di estrema attualità poi il digital h.r., e la figura di Agile h.r. per la semplificazione. Anche la figura di Age management ha assunto una veste di rilievo per la risoluzione delle problematiche inerenti l’equilibrio generazionale dovute inevitabilmente alle disparità di esperienza lavorative nonchè accademiche/formative. In definitiva non possiamo più rimanere inerti e passivi ogniqualvolta assistiamo al depauperamento del Capitale Umano, sia in ambito statale che aziendale, in quanto disponiamo della tecnicalità necessaria per prevenire se non escludere sintomi di malessere nascenti nell’ambito lavorativo a qualsiasi livello della scala gerarchica. Va da sè che la mobilità è sicuramente una componente positiva fin tanto che rimane circoscritta e non diventa invece un fenomeno indice di una mala gestio. Una prova che l’ Human Resources prossimamente sarà chiamata a risolvere riguarderà la gestione complessa dello smart working che non poche problematiche palesa e di non facile immediata soluzione. Va da sè inoltre, che la disparità esistente in questo ambito della gestione aziendale inequivocabilmente dovrà assumere quel ruolo importante che il Paese merita e che le nazioni tecnologicamente più avanzate hanno già tempo valorizzato