Il primo luglio 1979 è avvenuto qualcosa che è rimasto nella storia della Formula 1, principalmente per due motivi. Il primo, forse il meno noto, è la prima vittoria di un moderno motore turbo dopo quasi 30 anni. La Renault che vinse la gara era pilotata da Jean Pierre Jabouille, un biondo parigino che vanta il curioso record di aver chiuso solo tre volte a punti in F1, ma due di queste furono vittorie e ottenne anche sei pole position.
I vari ritiri che hanno contraddistinto la sua carriera non furono quasi mai colpa sua, ma erano molto spesso dovuti alla consueta inaffidabilità del propulsore. Quel giorno però riflettori saranno tutti per un duello, il più epico mai visto nella storia delle corse; quello fra Villeneuve e Arnoux. Il bello è che nacque quasi per caso. Villeneuve era in difficoltà con le gomme, Arnoux aveva problemi di pescaggio della benzina.
L’unione di queste due debolezze fece vivere a noi appassionati i tre giri più belli della storia della F1, fatti di sorpassi e controsorpassi, contatti e staccate al limite. Il buon Arnoux dichiarò alcuni anni dopo: “Con le macchine dell’epoca dovevi avere cieca fiducia nell’altro pilota, perché quando entravi in collisione volavi subito per aria (rischiando la vita!). Lui aveva fiducia in me e io in lui, per cui siamo stati capaci di toccarci sette volte. La verità è che Gilles era leale e degno di fiducia, sia in pista che nella vita. Mi piaceva davvero molto.” Se non avete mai visto questi tre giri, cercate il video su Youtube. Ne vale la pena, anche se non amate le corse.
Il tema della fiducia ricorre spesso nell’economia. Esistono famosissimi indicatori, come quello sulla fiducia dei consumatori e quello sulla fiducia delle imprese, fondamentali per avere il polso della situazione economica italiana o mondiale. Esista la fiducia in una valuta, che ci consente di accettarla come mezzo di scambio, (bitcoin compreso?).
Ma proviamo per un attimo a pensare quanto è importante anche negli atti della vita di tutti i giorni, per esempio ogni volta che acquistiamo una marca di pasta. Produrla, anche di buona qualità, non è particolarmente difficoltoso con gli strumenti corretti. Eppure, riponiamo la nostra fiducia in due o tre marchi al massimo. Quelli sconosciuti potrebbe essere equivalenti, a volte magari superiori come qualità, ma noi ci fidiamo del nostro marchio preferito e comperiamo sempre quello.
La fiducia è stata un elemento importante sia prima che nel durante la famosa crisi dei mutui subprime. Prima della crisi essa era sfrenata nel sistema immobiliare. In molte istituzioni finanziarie vi era infatti la convinzione che le recessioni fossero una cosa del passato e che i prezzi delle case non potessero che salire. Allo stesso tempo le società di rating, sempre sull’onda del clima di quegli anni, attribuivano triple A nei confronti di prodotti con sottostanti questa tipologia di mutui, in realtà ad altissimo rischio.
Per chi vuole un’analisi su questi temi non esageratamente approfondita, anzi, quasi divertente, guardatevi il film: La grande scommessa (The big short). L’ho visto almeno tre volte! Nel proseguo della crisi la fiducia è sempre stato il tema centrale. I clienti delle banche, spaventati, si sono precipitati agli sportelli a ritirare i risparmi per paura di perderli, peggiorandola ulteriormente (e più di una banca finì sull’orlo del fallimento o fallì proprio). E come se non bastasse, le banche iniziarono a non avere più fiducia fra di loro, prosciugando il mercato interbancario, mercato ove le banche con un eccesso di capitale lo prestano a quelle che ne sono prive, portando il tasso interbancario ad una vera e propria impennata, costringendo più di un governo ad intervenire con iniezioni di liquidità.
Si può approfondire questo tema con un altro interessante film: Too big to fail, ove si ripercorrono le frenetiche giornate dell’allora segretario al Tesoro Hank Paulson. Per ironia della sorte toccò a lui, un convinto repubblicano, dover nazionalizzare Fannie Mae e Freddie Mac, due società specializzate nel settore dei mutui. Alcuni dicono che la conseguenza più rilevante della crisi non fu in realtà solo il danno di immagine e credibilità che subì l’economia statunitense, ma fu l’aumento di Titoli di Stato USA su cui la Cina mise le mani, ottenendo ulteriore slancio nella sua corsa a diventare la prima economia del mondo.
Oggi invece si ha un’enorme fiducia nelle Banche Centrali. Si ritiene (o si spera) che queste istituzioni riusciranno sia a gestire l’inflazione, senza che questa scappi di mano, sia la riduzione degli stimoli all’economia senza significativi impatti recessivi. Lato inflazione qualche dubbio però dovremmo averlo.
La BCE in particolare sono 12 anni che ci dice che l’anno prossimo avremo un’inflazione vicina al 2%, ma se guardiamo i dati storici, qualche dubbio è più che lecito (la media è di poco superiore alla metà). Cosa potrebbe succedere se questa volta le Banche Centrali si sbagliassero in senso opposto, e questa andasse fuori controllo? Lato riduzione degli stimoli monetari, questa è forse una scommessa ancora più grossa. Il debito pubblico, in particolare negli anni del Covid, è significativamente aumentato.
La fine del Quantitative Easing e il successivo aumento dei tassi rischiano di renderne la sostenibilità più difficoltosa, specie per i paesi più indebitati (Italia, Francia, Spagna) e gli effetti dell’aumento dei tassi sull’economia rischiano di rallentarne la crescita. C’è da sperare che sia il piano infrastrutturale di Biden che il NextGenEu diano i risultati sperati lato crescita, o il rischio di un rallentamento dell’economia o di una recessione c’è tutto. E anche qui c’è da ricordare che chi guida oggi la BCE durante la crisi del 2009 non guardava con favore a questa tipologia di piani ma predicava invece l’austerity.
Ad ogni modo, è assolutamente nel nostro interesse che questa fiducia sia ben riposta e che tutto vada per il meglio. Ne va non della vita di un pilota questa volta, me del benessere di miliardi di esseri umani.
Alessio Benaglio