Sondaggi politici, sentiment degli Italiani e bisogni del paese: il quadro all’inizio di febbraio 2021
Come già commentato in passato, i sondaggi politici che dicono tutto ed il contrario di tutto, non sono necessariamente sbagliati. Anche di recente sono usciti sondaggi che riconoscono il 58% di fiducia all’ex Presidente del Consiglio Conte (Ipsos; commissionato, pare, dalla stessa presidenza del Consiglio, secondo fonti di stampa). Nello stesso tempo altri sondaggi (Tecnè-Dire) pongono Conte al secondo posto dopo la leader di FdI Giorgia Meloni (entrambi attorno al 37-38%).
Ma se nella lista dei possibili candidati premier l’istituto demoscopico inserisce il nome di Draghi, questi raggiunge subito la posizione di ex aequo con lo stesso Conte, come nuovo leader di governo, entrambi graditi al 51% degli italiani (SWG per La7). Al terzo posto di questa cangiante classifica nello stesso sondaggio si ritrova anche Cottarelli con un solido 30%, superiore probabilmente a quello di qualsiasi altro leader politico di partito.
Insomma, guardiamo ai dati su Conte: 58% di preferenze (nella migliore delle ipotesi), forse 37%, ma il partito Conte avrebbe – sempre secondo i sondaggi, un 10% (sempre Tecnè, si veda sotto).
Quali dati esprimono veramente l’opinione degli italiani su Conte?
Talvolta, nella fretta del sondaggio politico che ha un ciclo di vita televisivo e giornalistico, dalla produzione al consumo, di sole 24 ore, si trascura di comprenderne bene il senso. Talvolta non si ha nemmeno il tempo di porre la domanda vera: “ma cosa vogliono questi italiani?”, continuamente sollecitati da stimoli politici e da sondaggi.
La risposta potrebbe essere leggermente più articolata e meno personalistica di come il dibattito giornalistico la sta ponendo. Non è un problema di top player, semmai di gioco e di schemi, diremmo in gergo calcistico. In realtà, agli italiani importa abbastanza poco di Conte e degli altri protagonisti della politica. Questo è un limite abbastanza importante per un sistema di rappresentanza che dovrebbe avere la credibilità e la capacità di aggregare consenso come asset fondamentali del proprio brand politico (nome, partito o movimento che sia). La politica, non dimentichiamo, resta sempre in fondo alla classifica della reputazione degli italiani verso i diversi soggetti politico-sociali. In modo molto laico (e magari anche confusamente) gli italiani stanno cercando di capire quale “rappresentante” potrebbe garantire di avere le seguenti caratteristiche:
- una posizione sostanzialmente centrista e bilanciata: la passione per il centro destra che tutti i sondaggi danno maggioritaria è figlia di paure e di vuoto di offerta politica più che di reale adesione ideologica degli italiani alle istanze “sovraniste”. E’ la mancanza di rappresentanti del ceto medio allargato, messo in crisi da minacce locali (la debolezza italiana) e globali (economia globale, migrazioni) che induce l’irrigidimento delle posizioni sociali della classe media stessa.
- di essere una figura in grado di mediare fra esigenze molto diverse senza schierarsi troppo:
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- a favore dei ceti medi con una politica dei redditi e della tassazione non troppo penalizzante, che includa una politica industriale in grado di sostenere (o semplicemente liberarla dai vincoli) l’imprenditoria diffusa di tutti i settori senza limitarsi all’ennesimo sostegno di stato di pochi colossi più o meno decotti.
- con un occhio ai segmenti meno centrali per quello che riguarda l’attuale direzione di sviluppo sociale ed economico: magari un reddito di cittadinanza meno “generoso” e sostenibile dell’attuale
- che garantisca una gestione della crisi sanitaria migliore di quella avuta finora
- che allo stesso tempo gestisca la crisi economica nel presente, incluso il tema del lock down economico a singhiozzo, che sta lentamente uccidendo molti settori, mentre ne favorisce altri, con un trasferimento di ricchezza mai visto negli ultimi decenni in tempi così brevi.
- Senza dimenticare un progetto di sviluppo futuro (anche solo di breve-medio termine: 3-5 anni) che, senza essere perfetto, sia perlomeno comprensibile e sostenibile.
Questa sintesi richiederebbe – sempre dal lato del consenso sociale – anche una capacità di parlare agli italiani e di rappresentare le diverse istanze di questo litigioso paese decisamente superiore a quelle dimostrata finora.
In fondo questi sono solo alcuni dei temi: per un paese che invecchia potremmo aggiungere il passaggio generazionale (dunque anche le pensioni) e la valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni. Così come i temi infrastrutturali oggi in loop (si pensi al deal con Autostrade) e tanti altri. Ma i temi dello sviluppo sono noti, quello che manca – e qui torniamo anche ai sondaggi ed alla loro difficoltà di rappresentare il pensiero del Paese – è una capacità di sintesi politica ed una capacità di racconto e costruzione del consenso.
UN PAESE IN ATTESA: ASPETTANDO UNA (UN) MERKEL ITALIANO?
Oggi una figura in grado di compiere questa sintesi non esiste. Ce ne sono alcune autorevoli ai margini dell’arena politica e ogni tanto evocate. Ma per quanto tecnicamente impeccabili non costituiscono – al momento – quelle sintesi di cui stiamo parlando. La sintesi potrebbe chiamarsi Merkel, se fossimo altrove, ma da noi al momento non sembra emergere una personalità unica, da qui lo sbandamento continuo dei sondaggi.
I tre personaggi dell’attuale scenario politico che potrebbero con maggiore credibilità nel rivestire questo ruolo sono – in rigoroso ordine alfabetico – Berlusconi, Conte e Renzi, ciascuno per motivi diversi. Di Conte è presto detto, ha dimostrato grandi capacità di trasformismo, buone capacità di gestione della propria immagine e comunicazione, capacità gestionali e di mediazione politica e sociale… rivedibili.
Può evolvere ulteriormente?
Di certo l’opportunità di un Conte Ter potrebbe essere l’ultima a sua disposizione; se la dovrebbe giocare sacrificando obiettivi tattici in vista di obiettivi più ampi, ben superiori a quelli di un partito Conte come quello prefigurato oggi dai sondaggi (cfr. sotto). Per Berlusconi e Renzi il discorso è altro. Per motivi diversi, sembrano al momento entrambi “marginali” per gli italiani, malgrado la loro relativa centralità nell’attuale trattativa che porterà al nuovo governo ed al nuovo Presidente della Repubblica. Matteo Renzi è riuscito a bruciare in pochi anni “una brand equity politica” che valeva il 40% dell’elettorato.
Potrebbe recuperarlo?
Forse sì, l’Italia è un paese cattolico e accetta il pentimento, ma questo richiederebbe una svolta radicale, nei toni, nei linguaggi, nel modo di porsi verso gli italiani, in primo luogo. Può farlo seguendo la strada attuale? Difficile, anche se ha conquistato con abilità – almeno al momento – il centro del ring di questa crisi, le antipatie che è riuscito ad attirarsi sono notevoli.
Quando i sondaggi dicono che gli italiani ritengono che “Renzi si stia facendo sostanzialmente gli affari suoi” (Ipsos per Corsera, gennaio 2021: il 73% degli italiani) oltre a dipingere un quadro realistico del punto di vista degli italiani ci ricordano che il percorrere la via del “politicismo” senza rivolgersi al paese, potrà pagare nel breve per la conquista di qualche ministero di riferimento e cariche simili, ma rischia una sonora batosta elettorale da qui al 2023.
Tuttavia, se Renzi riuscisse ad emendarsi, avrebbe potenzialmente uno spazio di recupero presso gli italiani che in pochi oggi gli attribuiscono, anche se dovrebbe molto lavorare su sé stesso e la propria immagine politica. Berlusconi, dal suo canto, ha il vincolo dell’età. Se non fosse per quello, il Cav. di una volta ci avrebbe messo poco a riconquistare una posizione di rilievo nelle preferenze degli italiani. Lo dimostrano i piccoli ma sensibili recuperi degli ultimi mesi, pur in presenza di una oggettiva complessità nel tener compatta la sua compagine.
QUANTO VALE CONTE?
Sondaggio Tecnè-Dire: 30 gennaio 2021 |
Comunque Conte ha al momento un suo importante appeal : un partito del Presidente Conte è valutato dai sondaggi attorno al 10%, voti che in buona parte sarebbero raccolti da M5S e PD. Una operazione apparentemente di cannibalismo, ma in fondo l’unica in grado di consolidare e massimizzare elettoralmente lo schieramento PD+M5S+Conte.
Questo schieramento, omettendo i partiti minori, varrebbe senza un partito di Conte all’incirca un 34% che salirebbe ad un 35-36% con il partito di Conte, al netto dei trasferimenti di elettorato fra i tre poli. Ci si potrebbe chiedere (forse qualcuno nel PD se lo chiede) se ha senso smagrire il peso elettorale di un partito storico, per far guadagnare 1-2 punti alla coalizione. Se il senso è quello di una nuova egemonia PD nel polo a tre (una sorta di OPA del PD sui 5 Stelle ed un contemporaneo ribilanciamento centrista), l’operazione politica potrebbe avere un senso.
Può essere interessante per un PD alla ricerca di consolidamento, ma si tratta – se le analisi sopra proposte ed i dati qui a presentati hanno un barlume di verità – di un puro tatticismo di opposizione. Non si va al governo del paese, con questo gioco. La conquista di un nuovo centro (che graviti sul centro sinistra o centro destra, poco importa), richiede quella capacità di sintesi, rappresentanza e comunicazione di cui si è parlato sopra.
L’ITALIA NON E’ SOLO POLITICA: IL RECUPERO DELL’”OLD NORMAL” COME PROSPETTIVA DESIDERATA
Per tutto quello che non riguarda la politica quello che vogliono gli italiani è ancora più chiaro. Restano preoccupati e poco rassicurati da una comunicazione sociale (si pensi ai vaccini) che sembra fatta a posta per confondere idee e speranze. Hanno voglia di tornare ad una sorta di “old normal” (il new normal, suona sinistro e lo lascerebbero volentieri ad altri), fatto di una ripresa delle relazioni, di convivialità, di vacanze, piccole o grandi, di nuove opportunità di lavoro.
L’old normal prefigurato dal Paese però non è nostalgico: tutte le innovazioni socialmente accettabili ed oggettivamente utili sono apprezzate. L’idea di utilizzare lo smart working o il digital nel futuro sono pienamente accettabili e parte del progetto di futuro delle persone. Del new normal si temono invece le derive di limitazione (sociale ed economica), non le componenti di empowerment individuale e collettivo.
In termini di climi di consumo gli italiani mostrano grande stabilità, i dati di pochi giorni fa pubblicati da ISTAT mostrano un consumer sentiment (cioè l’indice che misura la fiducia degli italiani nel presente, sociale ed economico e nel futuro) stabile in questi mesi. Questa sostanziale stabilità può sembrare una “non notizia”. In realtà è una notizia sottovalutata: il popolo di questo paese sta reagendo con grande compostezza ad almeno 3 mesi di “seconda ondata” (con circa 2 milioni di contagi), senza entrare nel panico e senza scendere in strada.
Come abbiamo visto in questi giorni, in altri paesi europei “evoluti” ci sono state molte più manifestazioni di protesta e disobbedienza civile. Non sono solo i disordini sociali che ci distinguono dagli altri, la tenuta del sentiment economico va oltre, lo si apprezza anche nel confronto con paesi ben più solidi del nostro. Ad esempio: in Germania l’indice di fiducia dei consumatori rilasciato il 27 gennaio 2021 da GFK mostra una caduta di 15 punti, il doppio di quella attesa, come effetto dei lock down protratti e rafforzati.
È indubbio che la Germania mostri probabilmente la migliore capacità di gestione della crisi, sia dal punto di vista sanitario che economico. Non siamo all’altezza dei tedeschi per risposta politica, ma lo siamo per risposta sociale.
Lo stesso sta capitando in Giappone, paese con un numero di contagi limitato (stiamo parlando di un paese con circa 2000 contagi al giorno, quando noi, con metà della loro popolazione, siamo attorno ai 12mila): i dati ad oggi mostrano una caduta delle attività economiche importante nei primi giorni di gennaio 2021 (-8% dati retail a gennaio 2021) ed una caduta del consumer sentiment di questo mese a livello del marzo 2020. Anche qui: l’Italia appare in questo momento più solida e “quasi” coesa, più del Giappone.
In sintesi, siamo un paese schiacciato sul presente, che aspetta di capire se avrà un futuro e di che tipo. Ma che mostra grandi energie e fermezza d’animo (anche nei consumi). Con una voglia di tornare a vivere e consumare, con maggiore attenzione di prima ai consumi ed alle spese importanti, che potrebbe rappresentare un utile acceleratore per la ripresa, attraverso lo stimolo dei consumi interni. Sperando che in marzo (o a giugno in caso di ulteriore rinvio del blocco dei licenziamenti), la disoccupazione non cresca al punto da far invertire i climi di consumo.
Sono i temi concreti della ripartenza (riaperture ed occupazione) i punti caldi delle prossime settimane; vaccinazioni e situazioni sanitarie sono importanti, richiedono una gestione sociale, politica e organizzativa, ma in ultima analisi sembrano meno prioritarie nella scala di attenzione degli italiani.
In attesa di una sintesi politica all’altezza del compito che gli italiani sarebbero disposti ad affidare il compito di portare questo paese al di fuori delle secche in cui appare arenato.
© Research Dogma 2021
Fabrizio Fornezza