Trump vince le elezioni? Ecco cosa può accadere all’economia

Attesa una crescita più forte del PIl, ma anche l’inflazione rialzerebbe la testa

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Kamala Harris Trump

Le elezioni americane sono da sempre una variabile molto importante per l’economia mondiale. E quindi per l’andamento delle Borse internazionali soprattutto se, come oggi, sono reduci da una maratona che le ha condotte ai massimi storici.

Vediamo allora che che cosa potrebbe cambiare per gli investitori se alla Casa Bianca tornerà Donald Trump. Fatto oggi che appare probabile seppure non va escluso che Kamala Harris riesca a recuperare terreno dopo il ritiro di Joe Biden.

Fonte: Schroders

Ad accompagnarci in questo viaggio nella tenuta dell’economia americana davanti all’esito delle urne è il big del risparmio gestito Schroders. Va detto come primo punto di riflessione che il ritorno di The Donald nello studio ovale e la sua idea di dazi potrebbero far rialzare la testa all’inflazione. Insomma, potrebbe complicare il lavoro di Jerome Powell alla Fed e di conseguenza quello della Bce, storicamente incline a comportarsi come un “vassallo” di Eccles Building.

Il principale bersaglio dei dazi del tyconn dalla chioma dorata sarebbe tuttavia la Cina di Ji Xinping: Trump ha infatti già proposto di aumentare al 60% le tariffe doganali verso le merci provenienti dalla Grande muraglia e di eliminare gradualmente tutte le importazioni di beni essenziali made in Pechino. Per le aziende di tutto il resto del mondo, quindi anche quelle del Made in Italy, che esportano negli States scatterebbe una  tariffa di base del 10%.

Difficile tuttavia che The Donald ricorra alla mano pesante in modo strutturale; piuttosto da consumata volpe qual ne farà un uso tattico per ottenere concessioni commerciali in seno al Wto. Senza contare che un eventuale apprezzamento del dollaro nei confronti della valuta de Dragone, potrebbe sterilizzare la corsa dei prezzi. Peraltro la banca centrale cinese ha di recente limato i tassi proprio per favorire una svalutazione del renminbi.

La seconda grande variabile macroeconomica da valutare, è l’impatto che una stretta sull’immigrazione potrebbe avere sul mercato del lavoro a stelle e strisce, oggi molto condizionato dalla manodopera straniera a bassa specializzazione e salario. Se l’offerta di manodopera risultasse insufficiente, sarebbe infatti inevitabile una fiammata ai salari, soprattutto in settori come l’agricoltura e l’edilizia.

Tutto questo sarebbero però più che compensato dalla accelerazione che dovrebbe imprimere al Pil Usa la deregolamentazione di The Donald. A partire dal settore energetico, con l’atteso sblocco dei permessi federali di trivellazione.

Per non parlare del sospiro di sollievo che tirerebbero sia l’industria dell’automotive sia le famiglie statunitensi stesse se Trump manterrà la promessa di rottamare le stringenti norme sulle emissioni attese in vigore dal 2032. Ponendo così fine agli eccessi del grean deal.

In sintesi la vittoria di Trump dovrebbe tradursi in una crescita più forte del Pil rispetto all’era Biden. E quindi, forse anche rispetto a quanto accadrebbe se Kamala Harris diventasse la prima donna a guidare la superpotenza. In particolare, Schroders stima che gli Stati Uniti con The Donald potrebbero espandere la propria economia del 2,2% nel 2025 e del 2,7% l’anno successivo proprio grazie agli incentivi, ma nel 2025 rallenterebbero al 2,3% a causa del freno dell’inflazione sui consumi delle già indebitatissime famiglie americane.

Secondo gli esperti, infatti, nessuna spia di allarme si accenderà sul pannello di controllo della macro-economia a stelle e strisce prima del 2026 a seguito delle mosse del prossimo inquilino della Casa Bianca. Indipendentemente che si tratterà di un esponente dem o di un repubblicano.

 

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