Economia

Turismo: le competenze necessarie per sopravvivere

Marzo 2022 ha segnato l’inizio della stagione turistica dopo due anni di emergenza sanitaria. Se il buongiorno si vede dal mattino, i primi segnali sono di assoluto stupore. Nessuno avrebbe mai immaginato la velocità con cui sarebbero ripresi i flussi turistici stranieri verso le città d’arte italiane.

Il tutto mentre si consuma una guerra in territorio europeo. Questi segnali evidenziano che il settore turistico è una garanzia per il sistema produttivo del Paese, è strategico perché ha una capacità di reazione velocissima e poco dipendente dagli investimenti pubblici.

Purtroppo, però, mentre i flussi turistici danno ottimi segnali di ripresa, l’industria del turismo è messa a dura prova da una carenza di personale qualificato che in alcune aree del Paese pregiudica l’apertura di diverse attività stagionali. Non si intende qui replicare la polemica già innescata da alcuni operatori, che vedono la causa di questa difficoltà da attibuire essenzialmente al reddito di cittadinanza.

E’ più interessante indagare la fenomenologia in atto nel mondo del lavoro, anche a seguito di un lungo periodo di pandemia. In un recente studio su lavoro e conciliazione dei tempi di vita, l’Istat ha evidenziato che nel 2021 quasi il 50% degli italiani è soddisfatto del lavoro che svolge. L’indicatore sintetizza i diversi aspetti indagati: guadagno, opportunità di carriera, numero di ore lavorate, distanza casa-lavoro, interesse per il lavoro.

L’indagine dimostra che la soddisfazione dei lavoratori è più bassa per le opportunità di carriera ed il guadagno, mentre si afferma soprattutto per il numero di ore lavorate, per l’interesse al lavoro e per la distanza casa-lavoro. L’insoddisfazione per il lavoro cresce soprattutto tra i dipendenti insicuri ed il settore di attività economica in cui si osserva una più diffusa percezione di insicurezza è quello delle attività turistiche soprattutto ricettive e ristorazione.

Entrambe queste evidenze – soddisfazione per il lavoro e insicurezza – mostrano che le difficoltà nella ricerca di addetti specializzati nel settore turistico possono essere attirbuite a questi due aspetti. E’ diffusa la convinzione secondo cui lavorare nel settore turistico è una forma di impiego transitorio, in cui non è richiesta una professionalità acquisita e specifica, tanto che il turismo è considerato un settore caratterizzato dal mismatch verticale.

Purtroppo questa percezione non corrisponde alla realtà, basta pensare alle tante figure professionali di cui il turismo ha necessità e si scopre che, anche per la mansione di cameriere – la più bistrattata in assoluto – è necessario avere competenze specifiche oltre che la perfetta conoscenza della lingua inglese.

Oggi un addetto al ricevimento ha una preparazione linguistica ed informatica che difficilmente si riscontra in altre professioni, eppure, non è valorizzata socialmente. L’industria del turismo ha urgente necessità di investire in professionalità e dovrebbe pretendere un nuovo CCNL innovativo, rispetto a quello esistente che è stato elaborato pensando al lavoro di fabbrica.

Un contratto che preveda un forte incentivo al lavoro a tempo indeterminato adattato però alla flessibilità stagionale che preveda quindi un numero minimo di giorni/anno di cassa integrazione retribuita e non vissuta come un ammortizzatore sociale. Un nuovo contratto che valorizza l’impiego del “monte ore” e che preveda retribuzioni adatte alla realtà.

Oggi, infatti, un cuoco percepisce mediamente una retribuzione doppia rispetto a quella prevista dal CCNL mentre un direttore d’albergo è assunto come quadro perchè il contratto non prevede il livello dirigenziale.  In Italia l’industria del turismo non può essere lasciata morire per assenza di lavoratori.

Gianofrio Pagliarulo, 17 maggio 2022