IL RE INSODDISFATTO
Un nome famoso della psicologia mondiale è quello di Abraham Maslow, studioso statunitense che nel 1954 ideò una gerarchia dei bisogni umani, la cosiddetta Piramide di Maslow. Essa si fonda su una affermazione divenuta celebre, cioè quella che l’uomo sia “un animale che perpetuamente manifesta dei desideri” (man is a perpetually wanting animal). Vuole di più, sempre di più, più denaro, più potere, una casa più grande, un’auto più prestigiosa.
Pur senza essere la vittima totale di questa frenesia, la maggioranza di noi desidera di non essere “stagnante” e coltiva desideri di ragionevole progresso. Se riesce a farlo, evitando gli eccessi, lo deve alla sua capacità di controllo dei processi interni del suo pensiero. Capacità che gli consente di focalizzarsi sulle cose buone della sua vita e di apprezzare ciò che ha “qui e ora”.
Ma leggiamo questa breve storia che può insegnarci molto.
PICCOLA STORIA INSEGNA
C’era una volta un Re che avrebbe dovuto essere contento della sua vita considerando le ricchezze e i lussi di cui godeva. Ma in realtà non era così e quindi spesso si chiedeva perché dovesse essere infelice.
Una mattina si era alzato molto più presto del solito per fare un giro del suo palazzo. Entrò nella grande sala d’aspetto e si arrestò quando udì qualcuno che canticchiava allegramente. Cercando da dove quell’allegra voce provenisse, si imbatté in uno dei suoi servitori che cantava con un’espressione particolarmente soddisfatta. Il re fu affascinato da quella vista e gli chiese perché fosse così felice. L’uomo rispose:
“Maestà, io sono soltanto un servitore, ma guadagno abbastanza per mantenere soddisfatti mia moglie e i miei figli. Non ci serve troppo, un tetto sulle nostre teste e del cibo caldo per sfamarci. Mia moglie e i bambini sono la mia ispirazione; sono contenti di ciò che riesco a portare a casa e io sono felice perché la mia famiglia è felice.”
Il re lo lasciò andare e chiese che il suo assistente personale lo raggiungesse. Quando arrivò gli raccontò della sua continua insoddisfazione mentre invece il servitore era così felice. L’assistente lo ascoltò con attenzione e poi disse:
“Maestà, ciò avviene perché il servitore non fa parte del club 99.”
Il re volle saperne di più e l’assistente aggiunse: “Maestà, per conoscere che cosa è il club 99, lei dovrebbe fare quanto segue: mettere 99 monete d’oro in un sacco e lasciarlo davanti all’uscio della casa del servitore. Così capirà perfettamente di che cosa si tratta.”
Quella stessa sera il re seguì il consiglio: mise 99 monete d’oro in un sacco, non 100, e le lasciò sulla soglia della casa del servitore. All’alba, quando il servitore uscì vide il sacco, lo prese e rientrò subito in casa per vedere cosa contenesse. Quando lo aprì non potè trattenere un grido di gioia: monete d’oro… e quante!
Decise di contarle: erano 99, un numero strano: perché non 100? Pensò di aver sbagliato a contarle: erano ancora 99; le ricontò più volte, non c’erano dubbi, erano proprio 99.
Si cominciò a chiedere allora che cosa fosse successa alla centesima moneta… non voleva perderl! Per ore ispezionò attentamente la stanza senza trovarla. Esausto, concluse che avrebbe dovuto fare l’impossibile per aggiungere alle altre quella moneta che avrebbe portato il numero a essere 100, un numero tondo.
Si alzò la mattina di pessimo umore: era stato sveglio la maggior parte della notte a pensare come avrebbe potuto risparmiare per comprare quell’ultima moneta. Si avviò poi al lavoro stanco e irritato.
Il Re notò il suo drastico mutamento di umore, si sorprese perché in effetti si aspettava che fosse invece più contento per avere ricevuto le monete d’oro. Chiamò allora l’assistente per sentire che cosa ne pensasse e l’assistente gli disse:
“Non deve stupirsi Maestà: il suo servitore è diventato adesso un socio del club 99. Con questo nome indichiamo quelle persone che hanno ogni cosa, ma non sono mai contente: per cui si affaticano per ottenere quell’extra moneta d’oro che potrà arrotondare la loro proprietà a 100. Noi abbiamo tanto di cui essere grati e viviamo con molto poco nella nostra vita, ma nel momento in cui riceviamo qualcosa di più grande e di migliore, vogliamo ancora di più! Non siamo più le stesse persone soddisfatte che eravamo, ma vogliamo di più senza renderci conto del prezzo che paghiamo. Perdiamo il nostro sonno, la nostra felicità; maltrattiamo le persone che ci stanno intorno come prezzo da pagare per i nostri bisogni e desideri crescenti. Ecco che cosa significa far parte del club 99!”
Avendo ascoltato questa illuminante risposta il re decise che da quel momento in poi avrebbe cominciato ad apprezzare di più ciò che la sua vita gli aveva dato.
LEZIONI DA IMPARARE
Ecco alcuni punti da curare per imparare ad essere soddisfatti di ciò che abbiamo:
- Premetto che non c’è nulla di sbagliato con il cercare un miglioramento del proprio tenore di vita, a condizione che si abbiano ragioni legittime per farlo. Forse siete alla ricerca di un lavoro migliore perché quello che avete vi rende la vita impossibile. Forse avete bisogno di guadagnare di più perché la vostra famiglia non riesce ad arrivare alla fine del mese. Questi desideri di “migliorare” sono la vostra motivazione che appare del tutto corretta. Ma se invece la sola motivazione che avete per desiderare qualcosa in più è semplicemente “quella cosa la voglio”, vi suggerisco di riconsiderare questa posizione e di accontentarvi di ciò che già avete.
- Troppo spesso mi accorgo di cercare di ottenere qualcosa perché la voglio in quanto ritengo di “doverla avere”. Perché? Perché “gli altri ce l’hanno”. Il confronto oggi è diventato troppo facile grazie o per colpa dei social media. È importante ricordare però che il successo di qualcun altro non è il “vostro insuccesso”. E oltre a ciò non siete tenuti ad avere tutto ciò che gli altri hanno. Siete persone diverse con vite diverse. La cosa migliore che potete fare è rimanere concentrati sulla strada che state percorrendo e dimenticare il resto. Alla fine ciò che ciascun altro fa ha poco o nessun impatto sulla vostra vita e sui vostri successi.
- “Essere soddisfatti di ciò che si ha?” Ma come riuscire a farlo? Partiamo dal problema: esso è che ci concentriamo così tanto su ciò che non abbiamo da trascurare ciò che già abbiamo. La mia ricetta è molto semplice: ogni sera penso alle tre cose fatte in quel giorno che mi hanno dato soddisfazione, che mi hanno portato a sorridere. Piuttosto che addormentarmi ossessionato dal veloce sviluppo della carriera del mio collega, mi riposo con in mente tutto ciò che di positivo la mia vita mi ha procurato.
LESSON LEARNED
Tutti vogliamo di più e in qualche modo questa è una buona cosa, ma se spendiamo il nostro tempo a pensare a ciò che non abbiamo ci assicuriamo una vita di stress e di scontentezza.
Evitiamo di dover suggerire al Dalai Lama un’altra ragione di “follia” del comportamento umano.
Vi chiederete a cosa mi riferisco. Mi riferisco a questo aneddoto:
È stato chiesto al Dalai Lama: “Che cosa l’ha sorpreso di più dell’umanità?” E lui ha risposto: “Gli uomini, perché perdono la salute per fare soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Perché pensano tanto ansiosamente al futuro che dimenticano di vivere il presente, in tale maniera che non riescono a vivere né il presente né il futuro. Perché vivono come se non dovessero morire mai e perché muoiono come se non avessero mai vissuto.”
Come avete visto le ragioni citate dal Dalai Lama sono già molte e convincenti, e a mio avviso non c’è necessità di aggiungerne altre.
Edoardo Lombardi
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