Nella prima parte di questo articolo abbiamo chiarito il concetto di patrimonio digitale e quali potessero essere le soluzioni per pianificare la successione delle criptovalute. Il patrimonio digitale però può essere composto da un varietà di beni con valore economico rilevante la cui eredità nonostante sottovalutata non va assolutamente trascurata.
Come pianificare la successione del patrimonio digitale
Ad oggi, l’ordinamento giuridico nazionale italiano non prevede alcuno strumento giuridico per la trasmissione mortis causa del patrimonio digitale del defunto. Risulta pertanto necessario ricorrere a istituti già vigenti, sia pur adattandoli alla realtà tecnologica.
Una prima soluzione potrebbe rivelarsi quella testamentaria, utilizzo tuttavia sconsigliato in quanto potenzialmente non efficiente per due di motivi: presupponendo che il supporto solitamente viene utilizzato per redigere il testamento è la carta, la segretezza delle credenziali di accesso scritte all’interno di una scheda testamentaria cartacea potrebbe essere agevolmente violata, potendo chiunque servirsi delle credenziali di accessi per appropriarsi del contenuto protetto, un altro buon motivo per valutare la redazione del testamento tramite Blockchain di cui parlo qui.
Il secondo motivo è che le problematiche atterrebbero alla pubblicazione del testamento olografo: difatti, se è vero che la credenziale deve restare segreta sino alla consegna al legittimo destinatario, è altrettanto vero che, qualora fosse indicata espressamente nel testamento, con la pubblicazione del medesimo, verrebbe vanificata la sua funzione.
La seconda soluzione, seppur con le dovute cautele, può essere utilizzato per la gestione del trasferimento del patrimonio digitale è l’esecutore testamentario. Pur tuttavia, anche tale istituto presenta delle criticità: l’incarico di esecutore può essere accettato o rinunziato, con la conseguenza che, in caso di mancata accettazione o rinunzia, le volontà testamentarie potrebbero essere inattuate
Una terza e molto promettente soluzione è quella di usufruire dei servizi forniti dal web in quanto proprio lì immettiamo tutte le nostre informazioni e che spesso dimentichiamo di disperdere queste tracce. Al riguardo secondo il Corriere della Sera in un articolo dello scorso febbraio la soluzione più d’avanguardia in Italia è eLegacy.app fondata da Pietro Jarre.
eLegacy nasce dall’esigenza di portare ordine nel caos delle vite online, trovando le nostre impronte digitali attraverso un’analisi intelligente dei metadati delle e-mail nella casella di posta elettronica dell’utente stesso, essendo proprio la casella di posta il centro della nostra vita digitale. Grazie a queste soluzioni semplici ed automatiche che consentono di creare e sottoscrivere, utilizzando poi un sistema di documenti informatici e firme elettroniche, un mandato post mortem, conferendo al mandatario, ossia ad una società sviluppatrice, un incarico per l’esecuzione delle attività che l’utente avrà previsto per ciascun cespite del proprio patrimonio digitale.
La mission di eLegacy è quella di far riprendere pieno possesso dei propri dati secondo le disposizioni del GDPR, predisporre la propria eredità digitale esercitando il diritto all’oblio e permettendo addirittura di ridurre il proprio impatto ambientale (Le e-mail che mediamente ogni giorno scambiamo (un centinaio) producono 1650g di CO2 quanto circa 15 km in automobile a benzina).
Come può eLegacy aiutare nella pianificazione digitale?
Dipende in che fase della propria vita si è: In vita serve per predisporre la propria eredità digitale, scoprendo ciò che può avere valore patrimoniale, e quindi far parte del proprio testamento, oppure che venga cancellato o consegnato da eLegacy. In malattia serve per delegare a qualcuno di fiducia l’esecuzione di attività on line e di gestione del patrimonio digitale. Infine in caso di morte, garantisce l’esecuzione alle proprie volontà, ai propri eredi fornendo uno strumento per scoprire il proprio patrimonio e gestire la presenza on line.
Cosa succederebbe con i principali social e siti in caso di decesso?
Ogni social network ha un modo diverso di gestire la morte di un utente.
Nel caso di Facebook il profilo continua a funzionare e riceve notifiche e commenti. Le opzioni possono essere tre: i parenti del defunto possono chiedere che sia trasformato in “account commemorativo”, la seconda soluzione è quella di nominare un contatto come erede che gestisca il proprio account commemorativo oppure far eliminare il proprio account in modo permanente
Optando per la disattivazione, l’account viene bloccato ma rimane sui server di Facebook, pur non essendo accessibile, e può essere riattivato. ll social network ad oggi più diffuso su scala globale, si calcola che, su due miliardi di utenti registrati, vi sia un “cimitero digitale” di circa 50 milioni di profili appartenenti a persone decedute
Twitter disattiva automaticamente un account dopo sei mesi di inattività. Al momento, infatti, è possibile ai familiari o eredi della persona scomparsa solo richiedere la rimozione del profilo e dei suoi tweet. Non esiste la possibilità di trasformare l’account in un profilo celebrativo, anzi c’è il rischio che l’identità digitale su Twitter scompaia definitivamente attraverso la cancellazione annunciata dalla piattaforma dei profili inattivi.
Instagram segue le orme di Facebook per le scelte sulla gestione dell’eredità digitale, anche se al momento non offre ancora le stesse opzioni. Per rendere commemorativo l’account Instagram di una persona deceduta bisogna inviare una richiesta al team del social network, allegando un documento che certifichi la morte, ad esempio il link a un necrologio o un articolo di giornale. In vita l’utente non può scegliere sulle sorti del proprio account, diversamente da quanto accade per Facebook.
Linkedin per la cancellazione dell’account chiede che un contatto della persona defunta invii una segnalazione e, dopo aver verificato, procede con l’eliminazione dell’account e di tutti i suoi contenuti. L’unico modo per conservare post e informazioni è possedere i dati per l’accesso al profilo, dal quale sarà possibile esportare le informazioni.
Yahoo impone la non trasferibilità dell’account il cui contenuto viene interamente cancellato al momento della notizia di morte del titolare stesso.
Google offre ai propri utenti la possibilità di gestire direttamente la propria eredità digitale attraverso la funzione “Gestione account inattivo”, consentendo agli utenti di condividere dei dati dei loro account o di avvisare qualcuno se non fossero attivi per un determinato periodo di tempo, individuando uno o più contatti di fiducia che, in caso di prolungata inattività, riceveranno una e-mail con un elenco dei dati che il de cuius ha scelto di condividere con il contatto attraverso un link che consente di scaricare i dati.
Apple ha preparato la sua soluzione per l’eredità digitale proponendo quindi la sua, che sbarcherà sui suoi dispositivi con i prossimi sistemi operativi a settembre. Con i nuovi iPhone arriva l’aggiornamento iOS 15, che aggiunge alle impostazioni dello smartphone il programma «Digital Legacy». Permette di fornire l’accesso al proprio profilo iCloud a un numero selezionato di contatti fidati attraverso una «chiave», un codice QR che viene spedito a chi abbiamo eletto a erede digitale e che si attiverà solo dopo la nostra morte. Apple dovrebbe però richiedere che venga fornita una prova giuridica del decesso, un certificato di morte.
Il Notariato italiano, che si occupa della questione da diversi anni (le prime istruzioni in materia diramate ai notai italiani risalgono al 2007) ha avviato un tavolo di lavoro con Microsoft e Google al fine di sviluppare un protocollo che consenta a chi vive in Italia di risolvere problemi di eredità digitale interagendo in modo semplice e non troppo costoso con gli operatori della Rete. La soluzione italiana potrebbe altresì rappresentare un caso pilota a livello europeo.
Conclusioni
Non solo il progresso tecnologico deve adeguarsi a volte al regolatore ma anche, in questo caso, il testamento deve adeguarsi al progresso tecnologico.
Risulta necessario ed urgente con l’avanzare del progresso tecnologico una normativa specifica di contrasto all’uso fraudolento di questi strumenti; è dunque auspicabile che il legislatore, procedendo sulla scia di quanto fatto con il c.d. “decreto semplificazioni”, consideri seriamente le modalità pratiche per agevolare la pianificazione successoria del patrimonio digitale.
L’ereditarietà digitale è un aspetto su cui il mondo del diritto dovrà interrogarsi in maniera più approfondita, sia per cogliere gli aspetti legali che quelli etici di una problematica ormai estremamente concreta.
Per la complessità delle normative coinvolte, il suggerimento è quello di pensare per tempo alla devoluzione del patrimonio digitale, esattamente come accade per i beni materiali, adattando ovviamente le regole generali alla specificità della materia in esame.
Deborah Ullasci