Economia

Xiaomi cancella il nome “Modena” per la sua coupè, ma la posta sono i dazi Ue

Pechino accetta le norme sull’italian sounding. E a Torino torna il salone dell’auto

Xiaomi rinuncia a Modena

Niente “Modena” per Xiaomi. Il big cinese degli smartphone torna sui propri passi e rinuncia a dare il nome della città italiana culla della motor valley alla coupè elettrica che segna il suo debutto nel mercato dell’auto.

Essendo la vettura di Xiaomi completamente made in China, sarebbe infatti stato un altro caso per la norma contro l’Italian sounding. Praticamente come il nuovo Suv che Alfa Romeo produrrà in Polonia ma aveva chiamato “Milano” per ricordare le origini del Biscione. Davanti al muro del governo, Stellantis si è arresa e la chiamerà Juinior.

Lo stesso è accaduto alla Modena di Xiaomi, colpita prima dagli strali del sindaco della città emiliana Gian Carlo Muzzarelli e poi oggetto delle attenzioni del ministro delle Imprese Adolfo Urso, che sta conducendo una dura battaglia con l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, nel tentativo di riportare a quota 1 milione i veicoli prodotti in Italia.

Non può sfuggire che proprio in questi giorni il presidente della Cina, Xi Jinping, sia in missione Francia nel tentativo di disinnescare i dazi promessi dall’Europa contro i prodotti asiatici. Lo “zar rosso” non veniva in Europa da cinque anni, quindi da prima della pandemia Covid.

Insomma troppo alta la posta in gioco perché il Dragone insistesse con “Modena”, anche perché un altro gruppo nato lungo la Grande Muraglia, Dongfeng ha in corso dei contatti con il governo per realizzare un impianto in Italia. E in ogni caso sta potenziando logistica e relazioni con i concessionari.

A ufficializzare la retromarcia di Xiaomi è stato lo stesso ministero delle Imprese specificando di aver ricevuto comunicazione dalla casa automobilistica cinese che “non promuoverà” la autovettura SU7, prodotta al 100% in Cina, con la denominazione “Modena”.

Non solo Xiaomi ha assicurato il governo che “intende rispettare le norme italiane sulle indicazioni fallaci, compreso il regolamento sulle indicazioni geografiche”. Non saranno quindi  “promosse campagne di comunicazione e di marketing che possano indurre i consumatori in errore”.

In sostanza, niente Italian Sounding. Resta però una vittoria a metà, perchè la gran parte degli stabilimenti italiani di Stellantis sono in grande difficoltà e hanno subito forti tagli al personale. Proprio ieri Torino ha annunciato con una iniziativa politica bipartisan il ritorno del suo Salone dell’Auto.

Stellantis non ha mandato alcun suo rappresentante all’evento di presentazione. Forse anche perché Mirafiori è ormai una cattedrale nel deserto. Facile immaginare che passaporto avranno la maggior parte delle vetture che saranno esposte al Salone “diffuso” in città che dal 13 al 15 settembre dovrebbe ripristinare l’orgoglio sabaudo a quattro ruote.

Per approfondire leggi anche: Stellantis stoppa la produzione, Mirafiori paralizzata fino a settembre.

Giova ricordare che la precedente amministrazione cittadina di Torino guidata da Chiara Appendino, quindi a trazione Cinquestelle, non gradiva il Salone dell’auto e ne aveva favorito il trasferimento tra Milano e Monza con il nome di “Mimo”. Un altro successo della decrescita felice teorizzata da Beppe Grillo e Giuseppe Conte, insieme al disastro del  Reddito di cittadinanza.

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