Zelensky, il giullare che dice al mondo che lo Zar è nudo

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 24 agosto 2019

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Sergey Lavrov, il ministro degli esteri russo rispondendo a un giornalista dopo lo sterile incontro diplomatico in Turchia con il suo omologo ucraino ha affermato: “Non abbiamo intenzione di attaccare altri paesi. Non abbiamo nemmeno attaccato l’Ucraina”.

In 1984 Orwell ci ha spiegato perfettamente come il potere per preservarsi deve deformare la realtà. E la prima arma che il potere utilizza per farlo è quella semantica. “La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”. La guerra è sempre anche una lotta di propaganda. Le parole e le narrazioni sono sempre state utilizzate per giustificare, convincere, disorientare.

Ma il dispotismo al contrario della democrazia non ha bisogno dello sforzo della verosimiglianza per costruire consenso attorno alle proprie politiche. Non ha necessità di dimostrare una coerenza, almeno apparente, fra la realtà e la sua narrazione. Semplicemente distorce ciò che è vero. Lo deforma. Svuota il senso etimologico delle parole per poter dare una giustificazione a qualsiasi sua scelta. 

Con la guerra di Putin non siamo semplicemente dentro un incubo distopico orwelliano. Siamo più banalmente nella riedizione di uno schema preciso che il potere imperiale, e quello russo in particolare, ha sempre utilizzato nella storia. Identico a se stesso dai tempi degli Zar. Mascherato dopo il 1917 prima dietro l’ideologia comunista e ora dietro l’ideologia putiniana. Quella che il mondo giudica come una guerra d’annessione per Putin è un’operazione speciale per liberare le repubbliche autonome russofone.

Quelle che a tutti gli effetti sono deportazioni in territorio russo di civili ucraini, per Mosca sono corridoi umanitari. I bombardamenti su ospedali civili per i generali dell’Armata russa sono azioni per denazificare basi militari ucraine. I mercenari siriani per Putin sono volontari che si arruolano per sostenere la causa russa. E così via. Di deformazione semantica in deformazione semantica.

Ma la guerra che vediamo ora dopo ora nei nostri monitor non è una fiction. I milioni di profughi che entrano in Europa non sono comparse. I morti civili uccisi da bombe criminali nel cuore delle città ucraine non sono danni collaterali di una operazione speciale di pace. Le città assediate senza acqua, cibo, elettricità sono l’assurda verità alla quale la Russia di Putin ha costretto un’intera nazione. Riportando l’Europa in un tempo tragico della storia che immaginavamo abbandonato per sempre. 

In questo gioco di specchi deformati dove l’assurdo della menzogna viene spacciato per evidente verità nel dibattito democratico delle nostre società libere dobbiamo pagare il prezzo di ascoltare anche la voce di chi è incapace di osservare e comprendere la vera forma della realtà. Giustificazionisti, nemici dell’atlantismo, dotti strateghi geopolitici, filosofi, politici. Molti sono coloro che per convenienza, paura, incapacità, ideologia sperano che l’Ucraina smetta di lottare per la propria sopravvivenza libera.

Invocano la resa del suo popolo e la chiamano pace. Pretendono di non rinunciare al gas e al petrolio russi per continuare dai loro salotti caldi e confortevoli a disquisire di giusto e sbagliato e per farlo sono disposti a invocare che i governi occidentali smettano di inviare armi a Kiev. Zelensky con la sua resistenza ci vuole portare alla guerra atomica. Il comico si arrenda a Putin, non faccia il folle. Trasformi la sua nazione o quello che Putin gli lascerà dopo le annessioni in un cuscinetto neutrale. Ci faccia da airbag. E lo faccia in fretta, che fra poco è tempo di mietere. Altrimenti come produrremo la nostra pasta 100% grano italiano. 

Ecco nonostante la tragedia della guerra noi abbiamo ancora la libertà del sarcasmo. E proprio questa peculiarità del nostro sistema democratico che ci consente di ascoltare tutte le voci, anche quelle più inopportune, fastidiose, devianti o dissacranti, che risiede la differenza fra il nostro sistema sociale e quello che Putin e altri dittatori impongono ai loro popoli. La differenza fra noi cittadini delle democrazie occidentali e loro cittadini delle autocrazie e delle dittature. Noi possiamo scendere in piazza e gridare che il re è nudo e deriderlo. E nel farlo esercitiamo un diritto che abbiamo conquistato al prezzo delle rivoluzioni.

Lo abbiamo ottenuto con lo sforzo di abbandonare il dominio millenario della legge di Dio e dei re che in suo nome esercitavano il potere terreno sulla nostra convivenza civile. Sostituendolo con il dominio della legge degli uomini. Loro scendono in piazza con la consapevolezza che gridare il re è nudo equivale a subire ancora la vendetta dispotica del re. La loro rivoluzione è ancora di là da venire.

Solo all’artificio retorico della follia del giullare nel medioevo era consentito svelare la verità sul potere. Per questo la satira ha nelle nostre legislazioni democratiche una protezione così alta. E nelle dittature una repulsione così piena di acredine. Che sia un comico, ebreo ed ucraino, così fortemente desideroso di far vivere il proprio popolo in una società democratica, aperta e libera l’uomo chiamato dagli eventi a farsi carico agli occhi del mondo libero di svelare che lo Zar è nudo è il segno che la Storia dell’uomo, nonostante la devastante tragicità dei suoi avvenimenti che ciclicamente si rinnova, non perde la sua capacità di essere ironica.

Lo Zar è nudo e una risata lo seppellirà.

 

Antonello Barone, 12 marzo 2022

 

 

 

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