Eni estrae gas dal Canale di Sicilia. Prossimo passo il nucleare

Investimento da 800 milioni per aumentare la resilienza energetica del Paese in vista dell’inverno

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Descalzi Eni sicilia

Dopo tre anni di lavori l’Italia compie un altro passo sulla strada che conduce al traguardo della sovranità energetica. Da ieri infatti Eni ha iniziato a estrarre gas dal giacimento sottomarino Argo Cassiopea.

Il pozzo, scavato nel Canale di Sicilia, rappresenta il più importante progetto di sviluppo del settore sul territorio nazionale.

Il gruppo guidato da Claudio Descalzi ha investito 800 milioni per Argo Cassiopea. Il gas ricavato è poi trasportato a Gela per essere trattato tramite una linea di 60 chilometri anch’essa sottomarina e quindi raggiungere tramite la rete di distribuzione nazionale le nostre case e le imprese.

Uno strumento in più quindi per essere certi di non avere problemi con il generale Inverno e di assorbire meglio eventuali choc speculativi al mercato di Amsterdam, anche grazie a giacimenti nazionali ormai riempiti per il 90%.

Vale la pena ricordare che Argo Cassiopea ha riserve stimate per 10 miliardi di metri cubi di gas e la produzione annuale di picco sarà di 1,5 miliardi di metri cubi.

In sostanza l’area da sola vale quasi il 10% di tutta la “bombola” nazionale, a cui i tecnici attribuiscono una capacità prossima 110 miliardi di metri cubi.

L’impianto siculo, oltre al suo ruolo strategico per gli approvvigionamenti  ha poi la caratteristica di essere sostanzialmente privo di impatti visivi. Proprio perché, come detto, è sottomarino.

E ha emissioni prossime allo zero. Tanto che l’installazione dedicata di 3,6 MWp di pannelli fotovoltaici, precisa Eni, consentirà di raggiungere la neutralità carbonica per le emissioni Scope 1 e 2.

Tutto questo in attesa, come progettato dal governo con il ministro Gilberto Pichetto Fratin, del ritorno dell’Italia all’atomo:

Non resta che vedere se qualcuno tra gli ambientalisti si lamenterà anche di questo come accade per il Ponte sullo Stretto ancora prima che sia pronto il progetto definitivo, accampando i diritti di cicogne e tartarughe.

Per pompare metano dalla pancia di Cassiopea, Eni dovrà inoltre versare alcune royalties che finiranno con diverse proporzioni sia nelle casse dello Stato sia in quelle della Regione Sicilia.

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Resta ora da capire se saranno implementato o meno gli altri pozzi ubicati per lo più nell’Adriatico, sia all’altezza di Ferrara sia delle Marche. Naturalmente comitati “No-trivelle” permettendo.

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