Il razionamento del gas comincerà molto presto, molto più presto di quanto non si preveda. Forse già a settembre, forse, ed è un tempo da ottimisti. Le dichiarazioni di oggi di Cingolani ci dicono che stiamo andando incontro ad un inverno difficile ci fanno comprendere come la riduzione del gas russo stia pian piano facendo sentire i suoi, maledetti, effetti. Ma per evitare che il problema non esploda all’improvviso, la Protezione Civile ha stabilito un piano d’intervento che eviterà situazioni drammatiche dell’ultimo minuto. Insomma, per evitare che ci possano essere strutture di primaria importanza (ospedali su tutte) che rischino di rimanere senza gas e senza energia, è logico che il piano di razionamento dovrà cominciare con tempistiche che permetteranno di gestire senza difficoltà i flussi delle quote di gas rimanenti. La Protezione Civile ha progettato un piano in quattro fasi che va da quella di semplice osservazione, già abbondantemente superata, fino a quella di massima allerta, una sorta di allarme rosso che i più vorrebbero scongiurare. Ci riusciranno? Sarà quasi impossibile. Il problema è che, dal momento in cui la guerra è scoppiata, questa condizione di pericolo doveva essere già ampiamente scontata. Anzi, per alcuni versi, le cose sono andate già fin troppo bene. Bisognava però trarre vantaggio da questo tempo in più che ci era stato concesso ed educare la popolazione a gestire meglio le risorse energetiche. Certo sarebbe stato impossibile pensare di risolvere tutto semplicemente con la massima attenzione ai consumi, ma studi molto accreditati evidenziano come, già questo, avrebbe permesso di recuperare un buon 15% di quota energetica ed invece è accaduto esattamente l’opposto. Anche gli aiuti sui rincari della benzina hanno incentivato i consumi. Ma il vero dramma sta nella sconsiderata, inefficiente ed assurda comunicazione tra vertici politici e popolazione. E’ inaccettabile che in un momento tanto drammatico per il Paese e per il mondo intero i parlamentari, i politici, ed i capi di stato si preoccupino più del loro mero interesse personale che della “res publica”. Siamo in guerra dal 24 febbraio scorso. E’ una guerra che si combatte con armi sempre più improprie ma è una guerra vera, fatta di quasi 100mila morti sui campi di battaglia e tanti altri “zombie” creati dalle condizioni economiche che si stanno generando a livello mondiale.
Parlavo un attimo fa di comunicazione: l’infelice battuta di Draghi sui climatizzatori proprio alla vigilia di una delle estati più calde di sempre non ha aiutato a generare rapporti di fiducia tra potere centrale e cittadini che ora non sono pronti, neanche un po’, a sentirsi dire che la situazione si farà difficile e lo saranno ancor meno quando rimarremo, nell’ordine:
- Senza gas;
- Senza energia elettrica;
- Senza acqua corrente;
- Senza social;
- Senza la comoda vita a cui siamo abituati ormai da tempo.
Chissà, forse non tutti i mali vengono per nuocere. Quei cinque punti elencati prima ci hanno reso deboli, rammolliti, incapaci di essere indipendenti da aspetti che non sono totalmente primari, ma che lo diventano per il modo in cui ci siamo abituati a condurre le nostre esistenze. Ieri pomeriggio ho incontrato Pasquale. Aveva un secchio che aveva appena riempito da una fontanella per strada. Mi guarda, mi sorride, e con voce un po’ insicura mi dice: “Ciao Leo – guarda il secchio intanto – la porta a casa. Con quello che ho sentito in TV potrebbe servire”. Pasquale ha 87 anni. Ha vissuto guerra e dopoguerra. Aveva casa senza bagno e da ragazzino l’acqua corrente era un miraggio. Una volta mi ha raccontato di come durante la guerra, in otto, pur di sopravvivere alla fame, dividevano tre o quattro patate cucinate sotto la cenere del camino. Chi soffrirà di più per quello che sta per accadere, noi fighetti imbellettati e profumati o tutti i “Pasquale” dalle mani sporche e rugose e segnate dal tempo e dalla fatica? A prescindere da Pasquale, da cui abbiamo tutto da imparare questo non giustifica l’inefficienza e l’incapacità politica e comunicativa. La storia del mondo ci ha insegnato che sono stati i grandi comunicatori a vincere le guerre e a trascinare le masse; sia quelli dalla forza positiva sia gli altri quelli del mondo buio. Me ne ricordo uno su tutti: Gandi. E’ stato il più grosso rivoluzionario dei suoi tempi. Ha liberato un popolo intero dal giogo della schiavitù coloniale e non ha mai sparato un colpo né imbracciato un’arma. Imparare a comunicare con gli italiani è diventato indispensabile. Nascondere la polvere sotto il tappeto, vista la quantità di polvere, non è più concesso.