Lo dice il Fondo Monetario Internazionale. La Russia crescerà effettivamente più velocemente della Germania, Germania che, nell’immaginario collettivo, viene considerata la potenza economica dell’Europa. Gli analisti del FMI hanno pubblicato le previsioni secondo le quali nel corso di quest’anno l’economia russa crescerà più di quella tedesca, mentre quella britannica si contrarrà.
La Yellen, segretario al tesoro americano, aveva predetto la devastazione dell’economia russa. In tanti pensavano al crollo del Rublo. E invece?
Invece le sanzioni occidentali sembra non abbiano sortito gli effetti sperati, se non quelli di aver creato ancor più prolemi ai Paesi che le hanno pensate e messe in opera. Così i blocchi del gas, ora del petrolio, non hanno minimamente intaccato o quantomeno non lo hanno segnato, l’economia di Putin.
Anche i russi si aspettavano una crisi economica più profonda. Qualcuno pensava ad un calo del PIL di oltre il 10% per il 2022, mentre invece ha chiuso al 2,2%. Gli analisti prevedevano un calo del pil 2023 del 2,5% mentre ora il FMI parla di crescita di almeno lo 0,3% un dato che è in linea con le nazioni europee, addirittura meglio in alcuni casi
Insomma, il crollo che ci si aspettava non c’è stato. Ma come mai?
La risposta inizia con due storie economiche distinte: la prima, su ciò che sta accadendo all’interno della Russia; e la seconda, sui legami della Russia con il mondo esterno.
Le sanzioni occidentali erano progettate per fare pressione su Mosca sia a livello nazionale che internazionale; l’idea era di “ostacolare” l’economia interna della Russia e le sue relazioni commerciali. Le restrizioni includevano misure per tagliare fuori la banca centrale russa dal sistema finanziario internazionale, bloccandone l’accesso a miliardi di dollari in attività estere, e per espellere il settore bancario privato del paese dal cosiddetto sistema SWIFT che le consentiva di effettuare transazioni con controparti globali.
La ricaduta è stata quasi immediata. I russi ordinari, preoccupati per i loro risparmi quando le notizie sulle sanzioni hanno fatto notizia, hanno fatto la fila fuori dagli sportelli automatici all’inizio di marzo, affrettandosi a ritirare tutto il denaro che potevano nel timore che le banche potessero crollare.
Ma le prove ora mostrano che la Russia ha sperimentato una sorta di ripresa interna nella seconda metà del 2022. E il paradosso è che la guerra stessa ha contribuito a guidare l’inversione di tendenza.
Mentre la spesa per vari altri programmi domestici è diminuita di circa un quarto e alcune industrie hanno subito enormi perdite , l’economia di guerra nazionale si è espansa notevolmente. Ha più che compensato la differenza.
I picchi di produzione in tutto il settore della difesa hanno fatto sì che le statistiche complessive per l’industria russa non fossero così catastrofiche come ci si sarebbe potuto aspettare. Nonostante le sanzioni internazionali, la produzione industriale nei primi 10 mesi del 2022 è diminuita solo dello 0,1%. E ora dovrebbe crescere.
Se il quadro interno è stato sostenuto dalle spese di guerra, oltre i suoi confini la Russia ha continuato a commerciare relativamente liberamente, e per decine di miliardi di dollari, anche se le sanzioni hanno reso più difficile per le aziende russe fare affari con controparti straniere.
Ci sono due ragioni principali per questo: la capacità della Russia di convincere i principali partner commerciali a ignorare le sanzioni occidentali; e le vaste e varie risorse naturali della Russia.
La Russia continua a detenere posizioni dominanti nei mercati mondiali del petrolio e del gas. È anche il più grande esportatore mondiale di fertilizzanti. E per molti paesi, abbandonare improvvisamente le forniture russe si è rivelato troppo costoso, qualunque sia la loro opinione sulla guerra in Ucraina.
L‘India, ad esempio, ha notevolmente aumentato il suo consumo di petrolio russo. In effetti, si stima ora che l’India importi 1,2 milioni di barili di petrolio russo ogni mese, 33 volte i livelli visti un anno prima, secondo i dati di Bloomberg .
E poi la Turchia, continua a commerciare con Mosca. A dicembre, ad esempio, ha importato 213.000 barili di gasolio russo al giorno , il massimo almeno dal 2016.
Anche le importazioni in Russia si sono dimostrate più resilienti di quanto suggerirebbero i titoli sulle sanzioni, poiché Mosca approfondisce le sue relazioni con paesi come Cina e Turchia. Le importazioni in Russia dalla Turchia , ad esempio, a dicembre si sono attestate a nord di 1,3 miliardi di dollari, più del doppio rispetto ai livelli dell’anno precedente.
E nella stessa Europa, anche se il continente si affretta a porre fine alla sua dipendenza dall’energia russa, i leader hanno deciso che non potevano semplicemente chiudere il rubinetto allo scoppio della guerra. Il gruppo di campagna sul clima Europe Beyond Coal stima che, nonostante la guerra, i paesi dell’Unione Europea abbiano speso più di 150 miliardi di dollari – esatto, miliardi – in combustibili fossili russi dall’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.
Insomma, quasi un anno dall’inizio della guerra, e nonostante un’azione senza precedenti da parte dell’Occidente, l’economia russa non è crollata affatto e nessun indicatore ci porta in quel contesto di negatività neanche nell’immediato futuro.
03 febbraio 2023 LEOPOLDO GASBARRO