Price-cap, sanzioni, divieti alle esportazioni, veti alle forniture. Dopo il gas è la volta del Petrolio. Dal 5 dicembre scorso, con l’entrata in vingore delle sanzioni dell’occidente contro la Russia, anche il tema petrolio rientra in un contesto di valutazione che merita un grosso livello di attenzione per gli effetti che potrebbe produrre sulle nostre vite.
L’Italia è un importatore netto di petrolio, il che significa che la sua domanda di petrolio supera la produzione interna. L’Italia dipende quindi da una serie di fornitori esteri per soddisfare il suo fabbisogno. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, nel 2020 l’Italia ha importato circa 88 milioni di tonnellate di petrolio, principalmente da Russia, Algeria, Iraq e Kuwait.
La Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio. La Russia è anche il più grande esportatore di petrolio sui mercati globali, con 7,8 milioni di barili al giorno a dicembre 2021 suddivisi in 5 milioni di greggio e condensato e 2,85 milioni di prodotti petroliferi raffinati. Di queste esportazioni russe, il 60% va ai Paesi europei membri dell’Ocse e il 20% alla Cina.
La Russia è uno dei principali fornitori di petrolio dell’Italia, ma non è possibile fornire una percentuale precisa in quanto dipende dalle fluttuazioni del mercato e dalle decisioni commerciali dei singoli imprenditori. Tuttavia, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico italiano, nel 2020 la Russia ha rappresentato il 14,3% delle importazioni di petrolio dell’Italia, posizionandosi al terzo posto tra i Paesi fornitori dopo la Norvegia (19,2%) e l’Algeria (18,5%).
La maggior parte del petrolio importato viene utilizzato per produrre carburanti per veicoli, ma viene anche utilizzato per produrre una vasta gamma di altri prodotti chimici, come la plastica e gli oli lubrificanti.
Queste forniture di petrolio russo arrivano o arrivavano nel Vecchio Continente soprattutto attraverso l’oleodotto Druzhba (letteralmente “Dell’amicizia”) che portava in Europa 750.000 barili di petrolio al giorno.
L’oleodotto Druzhba attraversa l’Europa orientale e il continente asiatico, con una lunghezza totale di circa 4.000 km. E’ stato un progetto molto ambizioso, che ha richiesto un enorme impegno tecnico e finanziario da parte dell’Unione Sovietica. Fu costruito in un periodo in cui la Russia stava cercando di espandere il proprio commercio con l’Occidente e di diventare un importante fornitore di petrolio per i Paesi europei. L’oleodotto è stato inaugurato nel 1964 e ha subito diverse espansioni nel corso degli anni, diventando uno dei principali oleodotti del mondo. fino allo scoppio della guerra Druzhba trasportava circa un milione di barili di petrolio al giorno verso l’Europa occidentale e l’Asia centrale.
Si dice che durante la costruzione dell’oleodotto siano stati utilizzati più di 3 milioni di tonnellate di acciaio e che il progetto abbia impiegato circa 250.000 lavoratori. Inoltre, si dice che l’oleodotto sia stato costruito con la supervisione di alcuni dei migliori ingegneri dell’Unione Sovietica e che sia stato progettato per durare per decenni.
Nel corso degli anni, Druzhba ha anche suscitato diverse controversie e problemi, in particolare in relazione alla sua sicurezza e all’impatto ambientale. Ad esempio, nel 2002 ci fu una grave fuoriuscita di petrolio dall’oleodotto proprio in Ucraina, che causò un grave danno ambientale e danni economici ai Paesi interessati. Tuttavia, nonostante questi problemi, l’oleodotto Druzhba rimane una delle principali vie di trasporto del petrolio in Europa e in Asia. Naturalmente la guerra sta cabiando numeri, percentuali, riferimenti. Soprattutto le quote di petrolio che vanno ed andranno sempre di più verso Cina ed India, vedremo meglio in che numeri appena si sarà calmata l’ondata crescente di covid in Cina.
Insomma il Mondo si sta ribaltando.
La Russia è uno dei principali fornitori di petrolio dell’Italia, ma non è possibile fornire una percentuale precisa in quanto dipende dalle fluttuazioni del mercato e dalle decisioni commerciali dei singoli imprenditori. Tuttavia, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico italiano, nel 2020 la Russia ha rappresentato il 14,3% delle importazioni di petrolio dell’Italia, posizionandosi al terzo posto tra i Paesi fornitori dopo la Norvegia (19,2%) e l’Algeria (18,5%).
La maggior parte del petrolio importato viene utilizzato per produrre carburanti per veicoli, ma viene anche utilizzato per produrre una vasta gamma di altri prodotti chimici, come la plastica e gli oli lubrificanti.
Per quanto riguarda la produzione interna di petrolio, l’Italia ha ancora alcuni giacimenti di petrolio attivi, principalmente nel sud del Paese. Tuttavia, la produzione di petrolio in Italia è molto limitata e copre solo una piccola parte del fabbisogno nazionale. Nel 2020, l’Italia ha prodotto circa 1,3 milioni di tonnellate di petrolio, principalmente nella regione del Basso Adriatico e in Sardegna.
Dov’è il vero e nuovo problema?
Il petrolio russo è generalmente considerato di alta qualità, così come scritto anche prima, perché contiene una quantità relativamente elevata di idrocarburi leggeri e di media densità, come il gasolio e la benzina. Questi idrocarburi sono molto richiesti dal mercato mondiale perché possono essere facilmente trasformati in carburanti per veicoli e altri prodotti chimici. Inoltre, il petrolio russo contiene una quantità relativamente bassa di impurità, come il catrame, il che lo rende più facile da raffinare e lo rende meno costoso da trasformare in prodotti finiti. Ci sono anche altri fattori che possono influire sulla qualità del petrolio di una determinata regione, come la composizione chimica dei giacimenti di petrolio, le tecnologie di estrazione utilizzate e le condizioni geologiche della zona. Ma sta di fatto che quella quota di Petrolio Russo non raffinato, non di qualità e molto ricco di residui rischia d’incepare non solo i motori delle auto che dovessero usarlo, ma l’intera filiera della raffinazione e poi quella della distribuzione e poi a cascata indovinate chi?
Ma certo, noi utenti finali, noi automobilisti in particolare che quando andremo dai distributori saremo costretti a lunghe code per fare il pieno. Ma il pieno, o anche il mezzo pieno, non sarà facilmente garantito per tutti…
Leoopoldo Gasbarro 29/12/2022