Quali sono in Italia le alternative al gas russo?

Zuppa di Porro: rassegna stampa del 4 aprile 2020

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Circa il 45 per cento del gas che importiamo proviene dalla Russia. E metà dell’energia elettrica in Italia la facciamo bruciando metano. Le forniture dalla Russia finora non hanno subito scossoni, sebbene dall’inizio dell’anno siano calate rispetto ai livelli passati. Ecco perché il governo sta studiando un piano per garantire al Paese l’energia necessaria nel caso in cui si riducessero i flussi da Mosca.

La Russia esporta ogni anno tra 150 e 190 miliardi di metri cubi di gas in Europa, soddisfacendo in genere il 30-40% della domanda in tutto il continente. Di fatto, però, gli ostacoli alla sostituzione delle forniture russe hanno innumerevoli sfaccettature di natura logistica, finanziaria e politica. E il superamento degli stessi, dopo l’invasione russa in Ucraina, stravolge di non poco gli equilibri geopolitici.

Quindi, se l’Europa – e per estensione l’Italia – vuole ridurre la dipendenza dalle forniture di Putin, quali sono le opzioni e quanto sono fattibili, in particolare a breve termine? Anzitutto il gas naturale liquefatto, condensato appunto in forma liquida, trasportato via nave e “rigassificato” presso terminali specializzati. Ad oggi, secondo gli esperti, rappresenta una possibile alternativa al gas russo e qualora gli scambi con il Cremlino dovessero essere interrotti del tutto le forniture di questa risorsa all’Europa, e quindi all’Italia, non ne risentirebbero.

Sulla carta, l’Europa ha la capacità di importare 147 miliardi di metri cubi in più di GNL all’anno, sufficienti per sostituire completamente il gasdotto russo, secondo un’analisi fornita da Wood Mackenzie – gruppo globale di ricerca e consulenza energetica. Infatti, secondo i dati forniti da Argus – agenzia che monitora i mercati globali dell’energia e delle materie prime (inclusi petrolio, gas e carbone) – la Russia ha fornito il 16% del GNL europeo da febbraio 2020.

In questo settore, Putin non si avvicina nemmeno lontanamente ai livelli raggiunti dai principali esportatori di GNL nel mondo, che vedono tra i primi fornitori gli Stati Uniti, il Qatar e Australia. Inoltre, stando a quanto emerso negli ultimi giorni, il Qatar pare sia disposto ad aumentare le esportazioni di GNL in Europa, supportando la strategia di forniture alternative a quelle russe.

La mancanza di infrastrutture sul territorio, però, potrebbe rallentare il passaggio al GNL che, secondo gli esperti, potrebbe richiedere fino a 10 anni. Intanto, le nazioni occidentali stanno aumentando la pressione su Mosca, con l’approvazione di nuove sanzioni per isolare ulteriormente l’economia russa e il suo sistema finanziario, dopo che gli avvertimenti iniziali non sono riusciti a persuadere il presidente Vladimir Putin a ritirare le forze dall’Ucraina.

Tuttavia si teme che le sanzioni possano avere un impatto sul flusso di gas verso l’Europa o che la Russia possa decidere di chiudere i rubinetti per rappresaglia. L’Italia, dal canto suo, ha affermato che potrebbe riaprire alcune centrali a carbone chiuse. Il Governo, però, ha affermato che lavorerà per semplificare il processo di approvazione per nuovi siti di energia verde.

Ma non è affatto escluso che ci possa essere al contempo la possibilità di importare più GNL dagli Stati Uniti e gas dall’Azerbaigian, dall’Algeria, dalla Tunisia e dalla Libia attraverso i gasdotti esistenti. Va però detto che a differenza delle vicine Germania e Francia, l’Italia non ha capacità di energia nucleare.

Il paese ha anche iniziato a eliminare gradualmente l’energia a carbone, chiudendo tre impianti nel 2020 e nel 2021. Sebbene quindi il piano a lungo termine rimanga quello di aumentare la produzione nazionale di energia da fonti sostenibili, l’obiettivo finale – specie oggi, dopo il precipitare degli eventi – è ancora lontano dal diventare realtà.

Come sottolineato da Mario Draghi in conferenza stampa, infatti, per l’Italia il gas “rimane essenziale come combustibile di transizione”. Il Premier, mentre confermava gli interventi governativi volti a contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia, ha anche ribadito che l’Italia potrebbe aver bisogno di riaprire le centrali a carbone “per colmare eventuali carenze nell’immediato futuro”.

Il Consiglio dei Ministri si è riunito lunedì 28 febbraio 2022, a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente Mario Draghi. Tra gli altri ambiti è intervenuto anche a livello di rischio imprevisto per il normale funzionamento del sistema nazionale di gas naturale. A tal riguardo ha autorizzato, l’anticipo, anche a scopo preventivo, dell’adozione delle misure di aumento dell’offerta e/o riduzione della domanda di gas previste in casi di emergenza.

Questa autorizzazione rende quindi immediatamente attuabile, se fosse necessario, la riduzione del consumo di gas delle centrali elettriche oggi attive, attraverso la massimizzazione della produzione da altre fonti e fermo restando il contributo delle energie rinnovabili.

Nel frattempo il Governo sta comunque pensando di aumentare la forniture dei suoi gasdotti tra cui TAP dall’Azerbaigian, TransMed dall’Algeria e Tunisia e GreenStream dalla Libia. “Dobbiamo muoverci rapidamente sul fronte della diversificazione – ha concluso Mario Draghi – per superare la nostra vulnerabilità il prima possibile ed evitare il rischio di crisi future”.


Lorenzo Palma, 1 marzo 2022

 

 

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