Sbugiardati i gretini e gli altri talebani del green. L’energia nucleare svolge un ruolo determinante per passare dai combustibili fossili ad altre fonti energetiche sicure e utili a vincere la lotta climatica.
In altri termini senza l’atomo dire addio a petrolio, gas e carbone è una missione sostanzialmente impossibile. A smascherare i finti ambientalisti e i deliri del WWF di cui pagano il fio i contribuenti, è uno studio della società di consulenza EY. L’atomo, proprio perché ha un elevato potenziale di crescita, è un fattore chiave per fornire energia elettrica a bassa emissioni di CO2. E, quindi spiega la ricerca, per avvicinare l’obiettivo emissioni nette zero che la stessa Comunità europea si è posta.
Favorendo così quel percorso verso un consumo 100% elettrico in nome del quale, per esemplificare anche nelle nostre case i fornelli a gas dovrebbero progressivamente essere sostituiti dai piani cottura a induzione e le caldaie a condensazione dagli split con la pompa di calore.
Solo per quanto riguarda l’Italia, la ricerca stima che il ritorno all’energia nucleare produrrebbe un valore aggiunto di 45 miliardi in termini di Pil, accompagnato da un risparmio di 400 miliardi rispetto a uno scenario basato solamente su fonti rinnovabili e centrali convenzionali.
Senza contare che riaccendere l’atomo ha anche vantaggi occupazionali: il nostro Paese potrebbe infatti contare su 500mila nuovi posti di lavoro entro il 2050, quindi nel medio termine, di cui il 10% circa sarebbero creati a stretto giro per realizzare gli impianti.
L’opinione pubblica, peraltro, pare ormai pronta a rottamare il referendum che ha tagliato fuori l’Italia dal nucleare, condannando le famiglie e imprese a pagare di più le bollette. Un danno a cui si è aggiunta la beffa di veder fiorire centrali nucleari estere a ridosso dei confini nazionali proprio per venderci l’energia elettrica che non riusciamo ad autoprodurre bruciando carbone, gas o utilizzando eolico e fotovoltaico.
Come detto, però, ora siamo alla svolta, più di un italiano su due infatti (precisamente il 54% del campione) approva il ritorno dell’Italia al nucleare, a patto che serva a ridurre significativamente l’ammontare dei costi in bolletta; un altro 20% è invece favorevole all’atomo in qualunque caso. E’ una svolta, tanto che il comune di Trino, nel vercellese, ha già deciso di proporsi come sito per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Il restante quarto della popolazione (26%) resta invece contrario su tutta la linea all’atomo. Saranno gli stessi della decrescita felice teorizzata dai Cinque stelle. Quei mezzi-geni che erano andati a festeggiare con Luigi Di Maio la fine della povertà in Italia grazie alla introduzione del Reddito di cittadinanza.
Una misura assistenziale completamente inutile da punto di vista della ricerca del lavoro che in compenso ci è costata più di 30 miliardi. Cerchiamo di non farci fregare dalle fobie di Giuseppe Conte e di Elly Schlein anche sull’energia.
Per approfondire leggi anche: Le bollette della luce di famiglie e imprese sono diventate meno care grazie al nucleare francese. Qui invece come la Norvegia finanzia i costi del green con i proventi del petrolio.
L’Italia è già sulla buona strada in termini di ricerca, coprendo, insieme a Francia e Germania, il 60% delle pubblicazioni dell’Unione Europea in tema di nucleare. L’atomo nei 32 Paesi nel mondo dove è presente ha una capacità totale di 413 GW, contribuisce a evitare al Pianeta 1,5 gigatonnellate di emissioni globali e a ridurre la domanda mondiale di gas di 180 miliardi di metri cubi su base annua.