In questo periodo in cui i problemi non mancano si inizia a parlare anche di scarsità dei concimi e di raddoppio dei prezzi di quelli disponibili. Il nitrato di ammonio, uno dei fertilizzanti azotati più utilizzati in Europa e nel mondo, è prodotto con ammoniaca derivata dal gas naturale. Recentemente, il costo del gas in Europa è aumentato così velocemente da avere un effetto devastante sugli utili di numerose aziende europee, con conseguente blocco della produzione.
Alcune aziende hanno sospeso la produzione di fertilizzanti. Al tempo stesso la Russia, grande produttore di queste sostanze, impone quote fisse d’esportazione, mentre la Cina, che è il maggior produttore di fosforo, valuta il blocco dell’export fino a giugno 2022. Oltre alle conseguenze già in essere, è concreto il rischio che gli effetti negativi di questa situazione si estendano presto anche alla resa delle colture, comprese quelle dei piccoli agricoltori e, di conseguenza, ai consumatori finali.
È quanto risulta da un’interrogazione presentata al Parlamento Europeo lo scorso 23 novembre, con la quale si chiedeva alla Commissione Europea quali misure intendesse adottare per scongiurare la sospensione della produzione di fertilizzanti, e se valutasse la possibilità di implementare aiuti straordinari a favore delle aziende agricole per calmierare l’aumento dei costi sostenuti.
Al momento è lecito il pessimismo riguardo alla possibilità che vengano intraprese politiche di vero sostegno, dal momento che l’Unione Europea è riuscita a cadere in una crisi energetica che rischia di essere più grave del previsto. Si è provato ad intervenire contro la scarsità di gas in occasione dell’ultimo Consiglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo, che aveva come argomento l’emergenza dei prezzi energetici.
Ma troppe sono state le controversie che hanno impedito di raggiungere un accordo operativo. Innanzitutto le divergenze di vedute sul sistema per lo scambio delle quote di emissione nocive in Europa, contestato in particolare da alcuni paesi dell’est, soprattutto da Polonia e Repubblica Ceca, che si vedrebbero penalizzate nella propria produzione di base, anche perché sono paesi ricchi di carbone.
Altri, come la Germania e i Paesi Bassi, si sono schierati a difesa dell’attuale sistema dei prezzi di libero mercato, che è proprio quello, assieme all’aumento dei costi delle quote di emissione di CO2, che ha fatto schizzare i prezzi del gas. Vi sono poi altri Stati, come la Francia e Paesi dell’est, che puntano sul nucleare per il medio-lungo termine, perché lo considerano una fonte energetica ecosostenibile.
Ma mentre i vari stati membri cercano di tirare l’acqua al loro mulino, i nostri principali fornitori non ci stanno aiutando affatto. La Russia sta centellinando le forniture di gas naturale, la Bielorussa minaccia di bloccare il gasdotto North Stream verso la Germania. L’Algeria ha tagliato le forniture alla Spagna che passano dal Marocco. Così l’Europa si trova con le scorte di gas ai minimi storici dal 2013 e rispetto all’anno scorso si è creato un deficit del 25%.
Ogni analista sa che non è detto che si verifichi lo scenario peggiore, ma che bisogna esserne consapevoli. L’Unione Europea, come sua pessima abitudine, continua a tergiversare di fronte ai rischi, che siano finanziari, energetici o geopolitici. Continuano a prevalere gli interessi di parte, piccoli o grandi. Alla fine, se proprio le cose dovessero andare davvero male, un accordo si troverà, ma all’europea, cioè poco, tardi, e male.
Chi scrive ritiene che il blackout energetico e la carenza di alimentari alla fine non si verificheranno, anche perché il rischio politico che comporterebbero è troppo grande, soprattutto in un momento in cui molti governi dell’Unione stanno facendo pessime figure di fronte alla nuova ondata di Covid. Tuttavia ancora una volta chi dovrebbe risolvere i problemi, ovvero la Ue, non riesce a farlo, perché chi ne fa parte guarda soprattutto in casa propria e scarica sugli altri le colpe dei suoi errori.
Massimo Intropido, 22 dicembre 2021