Finanza

Anche i fisici a volte prendono le bolle

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Nel 1720 Isaac Newton, noto matematico, fisico, astronomo ecc ecc. scoprì a sue spese, che una vasta cultura scientifica non è una garanzia contro il rischio di perdere i propri risparmi con investimenti azzardati.

Era infatti parte di un discreto numero di investitori (ma sarebbe meglio dire speculatori) che dilapidarono una parte cospicua del proprio patrimonio con la bolla della South Sea Company. Quest’ultima era una società di navigazione inglese, fondata nel 1711, che aveva i diritti esclusivi per il commercio con le colonie spagnole del Sudamerica.

In cambio di questi, il governo sfruttò l’opportunità per un profittevole scambio. Spinse infatti i detentori di buona parte del debito pubblico inglese di allora a scambiarlo in favore di azioni della nuova Compagnia. Il Governo inoltre pagava agli azionisti un interesse annuo distribuibile in forma di dividendi.

L’idea in sé forse non era male, peccato che nel 1700 andare dall’Inghilterra al Sudamerica non fosse proprio un viaggetto di piacere e che i rapporti fra Inghilterra e Spagna non fossero idilliaci da consentire lo sviluppo dei commerci, tanto che si dice che gli ideatori sapessero fin dall’inizio che era un’impresa senza speranza.

Le prospettive di grandi guadagni però furono comunque ampliamente pubblicizzate, poiché il management era interessato più alla speculazione azionaria che al commercio.  A pochi anni dalla nascita l’attenzione per la Compagnia dei Mari del Sud crebbe notevolmente e grazie anche all’aiuto di voci non proprio fondate e alla pubblicità dell’acquisto delle sue azioni da parte di nobili e politici crebbe anche il loro prezzo.

A gennaio del 1720 era di £125, a febbraio di £175, a marzo di £330 e a maggio di £550. Le azioni arrivarono anche a 1000 sterline ad agosto 1720! E poi come in tante altre bolle, di fronte alle prese di profitto e ai primi dubbi sul business, il prezzo si sgonfiò fino a portarsi a £100, provocando la rovina di chi si era mosso a leva. Il 20 aprile 1720 il grande scienziato vendette le sue azioni, con un profitto di 7000 sterline.

Ma gli scienziati sono uomini; e qualche mese più tardi, persuaso a rientrare nel mercato poco prima del crollo, perse 20000 sterline!» circa 3 milioni di $ odierni. Alla fine dell’avventura il povero (in un senso più letterale stavolta) Newton esclamò: “Posso calcolare il movimento delle stelle, ma non la follia degli uomini”. Avrebbe avuto motivo di aggiungere, compresa la mia…

Questi eventi li dovremmo tenere bene a mente quando ci avviciniamo a società quotate in borsa che sono cresciute in maniera impressionante, deviando spesso dai fondamentali. Se una casa automobilistica arriva a quotare 1060 volte gli utili e la sua capitalizzazione supera quella dei suoi principali competitor messi assieme, non ci si può poi stupire che poi il titolo dopo aver corso molto possa stornare anche in maniera importante.

Quando una criptovaluta sestuplica il suo valore in meno di un anno, qualche campanello d’allarme dovrebbe suonarci nella testa. Può darsi un giorno la si ritrovi a 400.000$ come ipotizza qualche analista, ma potrebbe anche essere che deluda le attese e il suo tonfo diventi rovinoso per molti piccoli investitori abbagliati dall’illusione dei soldi facili.

Ho conosciuto recentemente delle persone che avevano investito in criptovalute una parte importante del proprio portafoglio di investimento, ignorando qualsiasi logica prudenziale o di diversificazione. Staranno magari guadagnando, ma a fronte di una volatilità pazzesca!

Forse una cosa utile sarebbe ricordarsi che c’è una differenza importante fra speculazione ed investimento:

  • La speculazione è una strategia volta a conseguire guadagni in un tempo molto ristretto, a volte anche di pochi secondi. A differenza degli investitori, gli speculatori guadagnano sul breve termine, quindi acquistano e rivendono beni e titoli in pochissimo tempo prendendosi rischi notevoli, come Newton nel caso sopra riportato o come Augustus Heinz durante il famoso “panico del 1907” (leggetevi sul web anche questa storia, è molto istruttiva).
  • L’investitore invece fa una cosa molto diversa. Prima di tutto individua il suo obiettivo, che può essere acquistare una seconda casa per le vacanze, creare un capitale per percepire una pensione integrativa futura, mandare il figlio presso un’università prestigiosa ecc.

Una volta chiarito questo, si scelgono gli strumenti più adatti per raggiungerlo, che possono essere fondi comuni, ETF, azioni, obbligazioni, titoli di stato e così via per comporre il proprio portafoglio di investimento e proteggere il capitale dall’inflazione.

Se non si è in grado di farlo da soli, ci si può far assistere da un professionista preparato, cosa non così ovvia. Mi è capitato infatti in passato di parlare con una persona che aveva perso 100.000 euro investendo in ETC legati al gas naturale. Lui rimase investito nello strumento per lungo tempo ignorando i costanti e non trascurabili costi di rinnovo del derivato.

Un buon professionista gli sarebbe di sicuro costato meno e gli avrebbe evitato il clamoroso errore! Se sceglierà la strada del professionista, l’investitore avrà poi solo un compito: la gestione dell’emotività. Molti investitori infatti si fanno coinvolgere troppo dall’investimento e tendono a passare dall’euforia immotivata (quando il mercato sale) al panico più puro (quando scende).

Ma se ci pensiamo bene, è quando l’economia arranca che il mercato diventa più conveniente e si fanno i migliori affari, soprattutto se nella sua strategia ha incluso il piano d’accumulo, strumento utile quant’altri mai. Qualche volta bisognerebbe gioire che l’azione X costi 10 invece di 12, l’opportunità di guadagno futuro aumenta. Il tempo è spesso galantuomo e i mercati nel lungo termine, se si hanno investimenti ben diversificati e vengono gestiti senza eccessiva emotività, possono dare buone soddisfazioni.   

Certo che a volte nel mondo della finanza si “imparano” cose strane. Recentemente infatti ho letto di una persona che investiva in titoli in base alla lettera iniziale del ticker (abbreviazione del nome delle società sul mercato) in base alla sua idea che il mercato nel lungo termine salirà in ogni caso. Di fronte ad una simile affermazione posso solo augurargli: buona fortuna!   

 

Alessio Benaglio