Sin da bambino sono sempre stato un grande appassionato delle montagne russe, a Roma negli anni settanta una tappa obbligatoria erano quelle presenti al famoso Luna Park (storico parco giochi di Roma costruito nel quartiere Eur agli inizi degli anni cinquanta); si diceva fossero le più alte d’Europa all’epoca.
Ogni volta che ci andavo, prima con mio papà e poi con gli amici, avevo veramente la scossa di adrenalina: la paura che si provava dentro quello stretto abitacolo mi stringeva lo stomaco quando pian piano si arrivava in cima e si arrivava davanti a quello che sembrava un burrone senza fine, ma alla fine il divertimento aveva la meglio e correvo velocemente a fare un altro giro.
Forse per questo non mi spaventano troppo le montagne russe dei mercati finanziari: come per quelle vere alla fine della corsa le macchine si fermano e si scende sani e salvi, e così sarà anche questa volta, ti fai veramente male solo se scendi in corsa.
Non intendo ovviamente minimizzare quanto sta accadendo in questi giorni; siamo in una fase di passaggio e i mercati probabilmente stanno cercando di trovare un punto di equilibrio in un contesto nuovo: inflazione su livelli che non si vedevano dai picchi del 1982/83, rialzo dei tassi di interesse (anche qui dopo parecchi anni), riduzione dei bilanci delle banche centrali dopo anni di denaro facile (i noti Quantitative Easing), rallentamento della crescita economica in alcuni Paesi (la Cina), inizio di quella che viene chiamata de-globalizzazione, incertezze sulla fine della pandemia da Covid-19 e – the last but not the least – il rinnovarsi di rischi geopolitici (crisi Russia-Ucraina) che non erano più presenti da anni, soprattutto alle porte dell’Europa.
Ce n’è sicuramente abbastanza per portare volatilità e tensione sui mercati finanziari, peraltro sia su quelli azionari ma anche su quelli obbligazionari, molto sensibili ai rialzi dei tassi di interesse. Certo non tutti reagiscono alla stessa maniera e il punto è proprio questo: è come reagisci agli eventi che accadono che determina il tuo risultato finale (libera interpretazione della frase del grande investitore Benjamin Graham: “ il principale problema dell’investitore e anche il suo peggior nemico è – probabilmente – se stesso”.
I numeri e i dati mi hanno sempre affascinato: per esempio ho sempre seguito con grande interesse le elezioni (in questo momento sto seguendo in continuing l’elezione del Presidente della Repubblica) appassionandomi alle percentuali di voto.
Come ho letto in un interessante post di Ben Carlson “i dati del passato non possono prevedere il futuro ma permettono di analizzare il presente, non ti dicono cosa accadrà ma possono aiutarti a prepararti per ciò che può accadere”.
Ogni singolo anno dal 1928 a oggi c’è stato un momento dell’anno in cui gli indici sono stati negativi, in media del 16,5%:
- In 59 di quei 94 anni, le perdite sono state superiori al 10%.
- In 24 di quei 94 anni, le perdite sono state superiori al 20%.
- In 10 di quei 94 anni, le perdite sono state superiori al 30%.
- In 6 di quei 94 anni, le perdite sono state superiori al 40%.
Eppure l’indice S&P 500 è salito in media del 10,26% annuo.
Sappiamo che statisticamente i mercati chiudono positivamente 3 volte su 4 è questo ci da una certa tranquillità, anche se non vuol dire che quest’anno andrà così, magari ci vorrà un periodo di tempo più lungo; le cose potrebbero anche peggiorare, questo è nella natura delle cose.
Però sappiamo anche che quello che stiamo vivendo non è un evento imprevedibile, è la normalità, e non è una novità, è sempre successo.
Quello che dobbiamo ricordare peraltro è che, se si hanno degli obiettivi da raggiungere e questi non sono previsti per domani mattina (intendendo per il breve termine) la scelta di investire una parte del proprio capitale in azioni è una scelta obbligata: per superare l’inflazione, che erode il potere reale d’acquisto del nostro capitale, le obbligazioni e la liquidità – ai tassi di rendimento attuali – semplicemente non possono farlo.
E, come riporta un articolo di Joshua M. Brown pubblicato di recente, “Solo le azioni e gli immobili si sono dimostrati negli ultimi cento anni come valide coperture contro l’inflazione a lungo termine. La volatilità che ottieni dalle azioni e l’illiquidità che ottieni dagli immobili sono i prezzi che paghi per gli alti rendimenti che offrono. Non è gratuito. Il Nasdaq Composite è stato composto al 18% all’anno negli ultimi cinque anni. Mi piacerebbe che i buoni del Tesoro lo facessero. Loro non possono. Quindi, mentre continui a guadagnare e mettere via denaro, comprerai azioni con parte dei tuoi risparmi. Più giovane sei, più questo è un assoluto”.
Massimiliano Maccari, 30 gennaio 2022