Tra ossessione per l’auto elettrica e produzione a singhiozzo per mancanza di nuovi modelli e incapacità di fare fronte al dumping della Cina, le Case produttrici europee escono dal crash test delle trimestrali con la carrozzeria a pezzi.
Basta pensare il big europeo Volkswagen, che ha visto crollare l’utile operativo del 42% nel terzo trimestre a 2,86 miliardi. Lo stesso può dirsi per Stellantis, che ha lasciato per strada oltre un quarto del fatturato (-27%) dinanzi a consegne crollate a poco più di 1,1 milioni di veicoli (-20%)
I segnali di crisi peraltro si susseguono da tempo: in agosto le vendite di auto in Europa sono infatti crollate del 18%. Difficilmente poteva andare diversamente visto anche le ricadute dei tassi di interesse Bce sulle rate di leasing e finanziamenti.
Ha marciato invece in controtendenza Renault, che si riprende dopo lo smacco da 10 miliardi per la mancata quotazione del polo elettrico Ampere, e ha stupito gli analisti con ricavi in aumento dell’1,8% a 10,7 miliardi. Un aumento modesto considerando l’inflazione quello messo a segno dal gruppo guidato da Luca De Meo, ma comunque un segnale positivo nello stato di agonia generalizzato del settore automotive europeo.
In ogni caso Renault ha confermato gli obiettivi di fine anno. La stessa promessa firmata anche da Stellantis che, malgrado il crollo delle vendite, si è detta sicura di centrare le proprie guidance che, va però ricordato, erano state tagliate a settembre.
Per raggiungere il traguardo posto l’amministratore delegato Carlos Tavares, che è in scadenza e non sarà rinnovato, conta di lanciare venti nuovi modelli quest’anno. Nel proprio comunicato stampa Stellantis definisce tutto questo con una certa pomposità “un’offensiva di prodotti di nuova generazione”.
Peccato che, a parte la nuova compatta Alfa Romeo Junior equipaggiata con una ampia gamma di motorizzazioni (10mila finora gli ordini); il gruppo italo francese insista sulla follia della spina ad ogni costo. Ne sono un esempio la già annunciata Citroën C3 – La ë-C3 e i prossimi modelli al debutto negli Usa: la a Dodge Charger Daytona, la Jeep Wagoneer S, il nuovo Ram 1500 REV. Tutti completamente elettrici.
Non è difficile prevedere quale rischia di essere l’accoglienza dei nuovi modelli tra gli automobilisti europei, che finora si sono dimostrato alquanto allergici all’auto solo elettrica visti sia i costi proibitivi sia la superiorità industriale raggiunta da Pechino e dalla Tesla di Elon Musk su questo fronte.
Nè consola molto il fatto che siano arrivate in oltre 200 concessionari europei di Stellantis le prime vetture realizzata in joint venture con l’alleata cinese Leapmotor: tra questi, il C10, un SUV del segmento D con un’autonomia di 420 chilometri e il T03, una vettura compatta BEV a 5 porte del segmento A con un’autonomia di 265 chilometri e un prezzo inferiore a 20.000 euro.
Per non parlare del fatto che il presidente John Elkann se ne infischia delle istituzioni e si ostina a non accettare l’invito a un confronto in Parlamento sullo stato di grandissima difficoltà in cui versano gli impianti italiani per mancanza di modelli da produrre, fino al caso limite di Mirafiori di fatto paralizzata da prima dell’estate o di Maserati che mentre ha bisogno di un salvataggio propone ai suoi operai di comperare una supercar scontata.
Peccato che suo nonno, l’Avvocato Agnelli, di cui Elkannè il principale erede fosse senatore a vita e che la vecchia Fiat abbia percepito nella sua storia centinaia di miliardi di aiuti dallo Stato sotto diversa forma. Tutti soldi, sia chiaro, presi dalle tasse di noi contribuenti.
Se vuoi saperne di più dei guai della famiglia Agnelli, leggi anche il post di Nicola Porro: Repubblica in profondo rosso, ecco perché Elkann se ne vuole disfare.
Doug Ostermann, neo direttore finanziario di Stellantis dopo il repulisti al vertice con cui Tavares si è giocato la sua ultima carta sul tavolo della credibilità con il mercato, ha ostentato sicurezza: “Sebbene la performance del terzo trimestre del 2024 sia inferiore al nostro potenziale, sono soddisfatto dei progressi nell’indirizzare i problemi operativi, in particolare lo stock negli Stati Uniti, che è stato ridotto in modo significativo ed è in linea con gli obiettivi di fine anno, nonché la stabilizzazione della quota di mercato nello stesso Paese. In Europa, i nostri rigorosi requisiti di qualità hanno ritardato l’avvio di alcuni modelli dagli alti volumi, ma con i progressi compiuti nel risolvere le sfide, beneficeremo presto dell’espansione significativa che l’ondata di prodotti di nuova generazione porterà nel 2025 e oltre.”
Insomma, Stellantis potrebbe avere toccato il fondo con l’ultimo tonfo. La Borsa resta alla finestra, in attesa di vedere come va a finire la ormai imminente sfida elettorale tra Donald Trump e Kamala Harris: il mercato americano per Stellantis resta infatti vitale.
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