Finanza

Crolla Birkenstock al debutto a Wall Street. Cosa accade al lusso?

Passo falso dei sandali delle star, il successo del film Barbie non basta a sostenere un valore di 8,6 miliardi

E’ un passo falso di quelli che fanno male al portafoglio e al morale, soprattutto se si tratta di Birkenstock. Il gruppo nato in Germania nel 1774, reggendosi su sandali ortopedici, che pensava di sbancare Wall Street così come ha fatto con i botteghini di Hollywood insieme al film Barbie. Invece agli investitori il ricordo della pur bellissima Margot Robbie senza tacchi non è bastato e hanno pigiato in continuazione  il pulsante “sell” fino a far perdere a Birkenstock il 12% del suo valore nel primo giorno di quotazione, polverizzando più o meno un miliardo di capitalizzazione. Il prezzo fissato per il collocamento era stato 46 dollari contro i 41 segnato in chiusura di seduta, mentre in Italia era notte.

 

Una débâcle borsistica e di immagine per un marchio assurto a icona della moda, al punto da aver attratto l’interesse anche del gigante del lusso Lvmh. Senza contare che Birkenstock aveva già “moderato” le pretese, fissando il prezzo di vendita delle sue azioni a poco meno della metà della forchetta inizialmente posta tra un minimo di 44 e un massimo di 49 dollari. Il gruppo si era così auto-assegnato, insieme agli advisor, un valore di 8,6 miliardi.  Indubbiamente una somma degna di Paperon de’ Paperoni, al punto da diventare una delle maggiori matricole della Borsa americana ma pur sempre meno dei 10 miliardi sperati .

 

Dopo essere stati sfoggiati sia da attrici e modelle sia da profeti della tecnologia come Steve Jobs, i sandali Birkenstock si sono insomma visti calpestare dagli investitori tra ragioni tecniche e timori diffusi. Va detto infatti che quello attuale non è un momento facile per le Borse internazionali assediate da due guerre, quella combattuta in Israele e quella in  Ucraina, che ne accrescono in modo esponenziale la volatilità e dalla stretta ai tassi da parte di Fed e Bce.

 

Ma alla base del crollo di ieri del ticker “BIRK” sui pannelli di Wall Street probabilmente c’è altro. Si nasconde la comune difficoltà a tenere il passo da parte del lusso, che da sempre quota in Borsa a multipli stellari per quanto riguarda il rapporto prezzo-utili rispetto a quanto accade in altri comparti. Lusso che ora è però imbrigliato tra consumi della Cina che non ripartono davvero dopo i lockdown draconiani del Covid e da un mercato russo bannato dalle sanzioni. Non per nulla la stessa Lvmh ieri ha pagato caro alla Borsa di Parigi i conti sotto le attese, affossando anche le maison di Piazza Affari.

 

Per la precisione il collocamento di Birkenstock a Wall Street ha visto coinvolti poco più di 32 milioni di titoli, pari a un incasso da 1,48 miliardi di dollari per il fondo di private equity L Catterton che nel 2021, sostenuto dal numero uno di Lvmh, Bernard Arnault, aveva rilevato quasi per intero il gruppo dai fratelli Christina e Alex Birkenstock, eredi del ciabattino Johann Adam nelle cui mani è nato il sandalo con la suola di sughero.

 

Si dice che la compravendita sia stata siglata sulla base di  una valorizzazione prossima ai 4,3 miliardi. Il sandalo dalla suola naturale è stato poi definitivamente declinato in innumerevoli colori e vestito da alcune delle più blasonate firme del sistema Lvmh, come Dior. Ora Catterton mantiene circa l’80% delle azioni di Birkenstock e userà un terzo di quei 1,48 miliardi ottenuti dall’Ipo per alleggerirne il debito. Speriamo basti per far camminare, senza zoppia, un gruppo che dà lavoro a 5.500 dipendenti e calza i piedi della popolazione di 90 paesi nel mondo.