Di questi tempi, si sente spesso parlare dell’impossibilità di ottenere rendimenti positivi dai propri investimenti senza rischiare.
In effetti, come evidenziato nella tabella sopra riportata, i titoli di Stato, da sempre considerati “porto sicuro”, non possono più essere definiti investimenti nell’accezione di Benjamin Graham, il maestro di Warren Buffet, che nel 1949 scrisse il celebre libro “The Intelligent Investor”.
Egli definì un’operazione di investimento quella che, dopo un’approfondita analisi, promette la protezione del capitale dall’inflazione ed un soddisfacente rendimento. Analogamente alle obbligazioni governative dei Paesi Sviluppati, la gran parte dei titoli di debito con emittenti reputati solidi, offrono ritorni negativi o irrisori.
Dove è nascosto il valore?
Il Prof. Bertelli, docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università di Siena, è solito dire che i “rendimenti degli investimenti sono sempre stati, sono e saranno nello stesso posto. Dove si producono utili”.
L’Economia Reale cresce inesorabilmente con il Progresso. Questa è rappresentata dalle aziende grandi e piccole che, utilizzando le risorse degli investitori, sono capaci di generare utili, permettendo sia il rimborso di quanto preso a prestito (obbligazioni) che il riconoscimento di utili distribuiti (dividendi).
E’ nell’andamento dell’indice azionario che vediamo la fonte di tutti i rendimenti.
Non a caso, quelli più elevati nel tempo, si trovano nel mercato azionario diversificato, costituito dalle imprese quotate.
Se è tutto così chiaro e semplice, perché i risultati ottenuti dai risparmiatori sono molto inferiori?
L’esperienza dei risparmiatori nelle scelte finanziarie è spesso tanto negativa da indurre la gran parte di loro a detenere somme ingenti in liquidità.
Nella sola Italia sono parcheggiati circa 1.700 miliardi di euro in depositi a breve termine ed in conti correnti infruttiferi; nessuno può trarre beneficio da tanta ricchezza se tenuta “sotto il materasso”, erosa dall’inflazione! La ragione di questo comportamento è dovuta al fatto che solitamente si prendono decisioni sulla base dell’andamento passato degli investimenti.
Prima di decidere si considerano abitualmente i risultati storici ottenuti dal titolo, dal fondo comune o altro, e si ricercano i rendimenti TWRR (Time-Weighted Rate of Return), ossia quelli ottenuti da investimenti iniziati e detenuti per un determinato periodo.
Insomma, solo teoria.
Nella pratica, il rendimento realizzato dall’investitore è il MWRR (Money-Weighted Rate of Return), ossia la performance che gli serve per valutarne il risultato.
Il MWRR è calcolato tenendo conto degli apporti e delle sottrazioni di capitale effettuati nel periodo di investimento, rapportando il capitale finale sul capitale iniziale, al quale si aggiungono i flussi finanziari (positivi e negativi) che hanno alterato l’ammontare del capitale investito.
E qui si evidenziano le vere sorprese, se vogliamo chiamarle così.
Il caso emblematico, certamente non l’unico ma tra i più noti, è rappresentato dal Magellan Fund, gestito dal noto Peter Lynch, che in 13 anni riuscì a moltiplicare i patrimoni investiti per ben 27 volte. Il 2700% dal 1977 al 1990, corrispondente a oltre il 29% annuo.
Una performance veramente strepitosa!
Tuttavia, come dichiarato dello stesso Lynch, più del 50% dei sottoscrittori dello stesso fondo perse soldi, perché tendevano a comprare dopo una significativa risalita e a vendere dopo un ribasso.
L’insegnamento che possiamo trarne è questo: conta di più la resistenza alle emozioni rispetto alla scelta del fondo.
Infatti, la performance ottenuta (MWRR) è determinata dall’andamento del fondo (TWRR), ma soprattutto dai comportamenti dell’investitore (influenzati, spesso negativamente, dalle scelte di ingresso ed uscita).
Anche l’analisi condotta da J.P.Morgan sotto riportata, con riferimento agli Stati Uniti, ma esportabile in qualsiasi area geografica, induce ad una importante presa d’atto: da quando ha inizio l’investimento, anche se l’orizzonte temporale pianificato è ampio, saranno effettuate modifiche “emotive”, spesso molto penalizzanti.
Dal 1996 al 2015, i rendimenti medi annui sono stati i seguenti:
- 8,2% per il Mercato Azionario Americano (S&P500);
- 6,7% per un Portafoglio Bilanciato (40% azioni – 60% obbligazioni);
- 2,1% per l’investitore medio, inferiore al tasso di inflazione (rendimenti reali negativi).
Il compito di aiutare il cliente a pianificare i flussi e adottare comportamenti performanti, suggerendo strategie e metodi adeguati agli obiettivi e agli orizzonti temporali condivisi, spetta al Consulente Finanziario.
Questa attività di coaching, in grado di generare anziché distruggere valore, è fondata sulla fiducia reciproca, su una profonda conoscenza degli obiettivi del cliente. Questa è l’unica strada che garantisce il raggiungimento dei traguardi più importanti.
Concludo con una domanda, a cui tutti noi, dopo quanto condiviso, possiamo rispondere nel nostro intimo: