Finanza

Generali promette oltre 7 miliardi di dividendi, ecco il piano

Donnet cerca la conferma al vertice. La partita dei Btp

Donnet Generali

Oltre sette miliardi di dividendi per gli azionisti di Generali nell’arco dei prossimi tre anni, contro i 5,5 miliardi del piano industriale appena terminato. A cui aggiungere un buy back da almeno altri 1,5 miliardi e, dal punto di vista industriale, il positivo progresso sia del business Danni sia di quello Vita.

L’amministratore delegato delle Generali Philippe Donnet, il presidente Andrea Sironi e la loro squadra hanno presentato a Venezia il nuovo piano industriale al 2027. Una sorta di lasciapassare per ottenere la conferma al vertice del big assicurativo italiano.

Il piano, accolto positivamente da Piazza Affari, promette infatti una forte creazione e distribuzione di valore. L’utile per azione è atteso salire tra l’8 e il 10% annuo, insieme a una generazione di capitale stimata di oltre 14 miliardi.

Il Leone fa capo per il 13,1% a Mediobanca, pertanto sulla carta non ci sarebbero molti dubbi sulla stabilità della gestione Donnet, che è in scadenza con la prossima assemblea dei soci in agenda a maggio e cerca un altro mandato.

Questo malgrado i lunghi dissapori con i due grandi soci dissenzienti che da tempo tentano il ribaltone al vertice della multinazionale della polizze. Si tratta dell’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio guidata da Francesco Milleri.

Nella realtà dei fatti però non è così perché la partita Generali si intreccia con la clamorosa Offerta pubblica di scambio con cui Monte dei Paschi vuole espugnare e integrare Mediobanca, il tempio della finanza italiana eretto da Enrico Cuccia.

Se l’Ops lanciata dall’istituto di Rocca Salimbeni andrà in porto, impatterà in prospettiva sugli equilibri del big delle polizze triestino. Caltagirone e Delfin possono infatti contare insieme sul 17% del capitale delle Generali e sul 28% di quello di Piazzetta Cuccia. Quote che sarebbero alleate a quelle di Siena.

Mps, che vede il Ministero del Tesoro di Giancarlo Giorgetti come primo socio con il 12%, ha sferrato l’attacco su Mediobanca dopo che Generali ha dato alla luce l’operazione per un maxi-polo nel risparmio gestito con la francese Natixis.

Siamo quindi dinanzi a grande intreccio finanziario, dentro il quale vanno inserite anche l’Ops di Unicredit sul Banco Bpm e l’offerta di quest’ultima per rilevare i fondi di Anima. Siano dinanzi a un terremoto da cui uscirà un differente disegno del potere bancario nazionale ed europeo.

Non per nulla i rappresentanti di Caltagirone e Delfin nel consiglio delle Generali si sono astenuti quando è stato il momento di approvare il memorandum di accordo con Natixis. Un’alleanza che Donnet ha ancora una volta ribadito essere una “opportunità unica” e che è stata il convitato di pietra durante la conferenza stampa e la conference call con gli analisti destinate appunto alla presentazione del piano “Lifetime Partner 27: Driving Excellence”.

L’affare franco-italiano è inoltre inviso al governo, che vede con il fumo negli occhi il rischio che il risparmio nazionale, quindi anche il destino dei Btp, finisca nelle mani dei transalpini. Donnet ha provato a rasserenare il quadro, spiegando che l’operazione con i francesi non sarà trasformativa per Generali ma solo per l’asset management.

In soldoni, il controllo sul risparmio resta al Leone anche se la gestione va fuori, creando così sinergie di scala. L’alleanza tra Generali e Natixis sta comunque attirando perplessità bipartisan: dal Pd  a Fratelli d’Italia fino ai Cinquestelle.

leggi anche il post di Nicola Porro, Mps si vuole pappare Mediobanca. Che cosa c’è dietro al risiko bancario.

Alle orecchie del Tesoro devono poi essere risuonate poco rassicuranti le parole del direttore finanziario Cristiano Borean quando, alla domanda se Generali aumenterà o ridurrà lo stock di Btp in cassaforte nell’arco dei prossimi 3 anni, ha affermato che il gruppo persegue la strategia di “continuare la diversificazione” sull’intera asset allocation sulle diverse asset class.

Insomma il Leone si tiene mani libere per trovare l’equilibrio migliore nel proprio portafoglio. Il dato di fatto è che, in base alle norme europee sulla solvency, i titoli di Stato assorbono capitale per i gruppi assicurativi. E che nella pancia del Leone ci sono 36 miliardi di Btp.

Un bella incognita mentre il Tesoro è impegnato a portare il più possibile il debito al sicuro nelle tasche delle famiglie cassettiste italiane, con emissioni come il Btp Valore (che ha fatto il pieno di raccolta lo scorso anno) e il nuovi Btp Plus che è ormai prossimo al collocamento.

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