Finanza

I 40 anni d’oro delle obbligazioni: la fine di un’era?

It’s the end of the world as we know it

Così cantavano I R.E.M. nel 1987 ispirandosi alla trasmissione La Guerra dei Mondi di Orson Welles (andò in onda sul canale radiofonico della CBS nel 1938 scatenando reazioni di panico in tutti gli Stati Uniti).

Ebbene oggi, anno 2021, in molti si chiedono se non siamo alla vigilia della fine del mondo dorato delle obbligazioni (v. post The Golden Age of Bond Is Over di Charlie Bilello).

Il periodo d’oro delle obbligazioni nasce all’inizio degli anni ottanta per una serie di fattori concomitanti: nel 1981 i tassi negli Stati Uniti (e nel resto del mondo) toccano i loro massimi storici, anche l’inflazione (in particolare dopo la Rivoluzione in Iran e la deposizione dello Scià col conseguente secondo shock petrolifero) è su livelli elevatissimi; due personaggi tra loro diversissimi ma che operano nello stesso settore delle obbligazioni (lo storico capo di Pimco, Bill Gross, e il capo del settore mutui della Salomon Brothers, Lewis Ranieri) intuiscono le grandi opportunità che si stanno presentando: Ranieri, più opportunisticamente, approfitta della crisi delle Saving & Loans americane per acquistare mutui a prezzi stracciati e impacchettarli in obbligazioni creando un vero e proprio nuovo mercato (i cui effetti meno gradevoli si vedranno nella crisi del 2008); Bill Gross capisce invece che il sonnacchioso mercato delle obbligazioni può offrire dei grandi vantaggi a chi trova il modo di guadagnare sulle oscillazioni dei prezzi dei bond, molto elevate in quel momento; negli anni successivi sarà il più grande gestore di obbligazioni al mondo facendo guadagnare ai suoi clienti più di chiunque altro (nominato gestore del decennio da Morningstar nel 2010) con il suo Pimco Total Return Fund.

 

La Golden Era delle obbligazioni

Dal 1980 al 2020 il mercato dei bond regala agli investitori rendimenti stabilmente al di sopra dell’inflazione e a volte non di poco: tassi di partenza elevati, inflazione in calo e rendimenti costantemente in discesa offrono un mix perfetto per ottenere ritorni interessanti.

Nel decennio 1980-1989 i rendimenti del decennale Usa passarono dal 10,4% al 7,8%, l’inflazione scese da un tasso medio del 7,4% degli anni ‘70 al 5,1% e gli investitori realizzarono uno stupefacente 6,6% medio annuo reale (cioè al netto dell’inflazione).

Lo stesso copione si ripeté nei decenni successivi: 4,4%, 3,7% e 3,4% sempre al netto dell’inflazione (che nel decennio da poco concluso è scesa all’1,9% medio annuo).

 

Tutti i sogni prima o poi finiscono

Che cosa è cambiato? E’ successo che – complice la ripresa particolarmente brillante delle attività economiche dopo la chiusura generalizzata causa covid – l’inflazione ha iniziato a salire: dopo aver toccato quasi lo 0% nel momento più cupo del 2020 a inizio 2021 è tornata  all1,5%, 2,6% a inizio maggio e intorno al 4% oggi (dati Usa).

Molti ritengono che questo boom sia transitorio, dovuto anche ai noti “colli di bottiglia” nell’approvvigionamento di molte merci (es. la carenza di microchip che sta mettendo in difficoltà l’industria automobilistica mondiale facendo schizzare i prezzi delle auto usate), e che presto torneranno quelle forse deflazionistiche (esempio la demografia) a spingere in giù l’inflazione.

I riflessi sui mercati dei bond però si stanno facendo sentire: i tassi di rendimento delle obbligazioni (in particolare i titoli di stato) sono sì cresciuti ma non al ritmo dell’inflazione e di conseguenza il rendimento reale delle obbligazioni su entrambe le sponde dell’Atlantico è sceso e non è mai stato così basso in tempi recenti.

 

Come diretta conseguenza i prezzi sono scesi: le obbligazioni a stelle e strisce hanno subito il tonfo maggiore (-12% circa i Treasury a lungo termine) ma anche il Bund scadenza 2039 che aveva toccato un prezzo di 192 a Novembre 2020 oggi viaggia intorno a 173.

Per tornare al titolo: “è la fine del mondo così come lo conosciamo?”

Si tratta di un movimento temporaneo all’interno di un bull market secolare delle obbligazioni o siamo alla vigilia di un grande cambiamento?

Due gli elementi da considerare: il primo, le condizioni di partenza dei mercati sono completamente diverse oggi da quelle degli anni passati e quindi sarà molto difficile (se non impossibile) avere i ritorni che ci sono stati in quegli anni; il secondo, la gran parte dei gestori di obbligazioni in tutto il mondo non erano nemmeno nati quando iniziò il boom delle obbligazioni, saranno in grado di gestire una fase completamente nuova? 

In ogni caso rimangono intatte le funzioni storiche delle obbligazioni in un portafoglio: fornire flussi di reddito e costituire un elemento di maggior stabilità e decorrelazione rispetto alle azioni; in passato nei momenti di forte stress dei mercati azionari (con drawdown decisamente maggiori rispetto ai bond) avere obbligazioni ha dato un cuscino per attutire i colpi, oggi però questo cuscino è molto sottile e la funzione è attenuata.

 

Massimiliano Maccari