Finanza

I fondi puntano 1 miliardo contro le big tedesche in Borsa

Gli hedge vendono allo scoperto anche Volkswagen e Deutsche Bank. Germania paralizzata dallo sciopero dei treni, tagliato il Pil

Dopo la recessione, Il cancelliere Olaf Scholz deve affrontare l'attacco dei fondi alle big tedesche © Daboost tramite Canva.com

Non bastavano la recessione e i fallimenti a catena tra le aziende tedesche, provocati dall’ossessione del rigore, a rottamare l’idea della Germania come “locomotiva d’Europa”. Ora anche i fondi hedge voltano le spalle alle big quotate a Francoforte, scommettendo che cadranno in Borsa.

I grandi investitori hanno scaricato simboli dell’orgoglio teutonico come Volkswagen, Siemens Energy, Rheinmetall e Deutsche Bank. La stessa che ai tempi dell’attacco al debito sovrano considerava i nostri Btp poco più che carta straccia, contribuendo così a far volare lo spread.

Per l’esattezza i fondi hedge britannici Qube Research & Technologies e Marshall Wace hanno deciso di vendere le azioni di questi gruppi allo “scoperto”, quindi senza averle fisicamente in mano, perché convinti che presto varranno meno di oggi.

In gergo finanziario si dice andare “short”, “corti”, su un titolo. Si tratta di una modalità di investimento non solo del tutto regolare ma anche sana per l’autoregolazione dei mercati, perché controbilancia un’eventuale massiccia speculazione al rialzo, a cui seguirebbero dei crolli catastrofici.

Fa, tuttavia, impressione che il solo Qube Research abbia già puntato oltre 1 miliardo contro le aziende tedesche. La sola Volkswagen si vede sfiduciata da una posizione ribassista sulle sue azioni da 375 milioni, mentre Deutsche Bank è alla prese con una “taglia” da 130 milioni, a cui seguono Rheinmetall e Siemens Energy entrambe nel mirino per circa 150 milioni.

Marshall Wace conta invece posizioni ribassiste per 940 milioni, da inserire però in un contesto più articolato. Un suo portavoce ha dichiarato all’agenzia Bloomberg che si tratta anche di “ricoperture”. In pratica contratti derivati con cui fanno “hedge” su un titolo per ridurre il rischio di una posizione aperta.

Di certo il fatto che il Dax, l’indice di riferimento della Borsa tedesca, viaggi ai massimi storici come peraltro avviene anche all’FtseMib di Piazza Affari, rende più facile per gli hedge fund sferrare l’attacco.

Marshall Wace se la prende poi soprattutto con il “suicidio economico” della Germania quando con politiche populiste ha deciso di smantellare degli impianti nucleari e termici, affidandosi così solo a quelli a gas e rinnovabili per il fabbisogno energetico di famiglie e imprese. Quando invece gli esperti hanno dimostrato, sbugiardando i gretini, come l’atomo sia fondamentale anche per la transizione green.

La strategia dei fondi hedge invia un ulteriore segnale sinistro per il governo del cancelliere Olaf Scholz che giorno dopo giorno si vede tagliare le stime di crescita del Pil, mentre resta ostaggio dei falchi del rigore e spinge la Bce a tenere duro sui tassi di interesse. Incurante persino del fatto che gli stessi dipendenti dell’Eurotower sarebbero felici di “licenziare” Christine Lagarde.

Proprio ieri l’istituto di ricerca Ifo ha detto che quest’anno l’economia tedesca non andrà oltre una crescita dell’0,7%, ancora meno quindi del già risicato 0,9%, che aveva previsto a dicembre. Pesa naturalmente anche il no al nuovo debito pronunciato dalla Corte costituzionale di Karlsruhe.

Senza contare che è appena iniziato lo sciopero più lungo di sempre in Germania: i macchinisti di Deutsche Bahn si asterranno dal lavoro fino a lunedì prossimo, paralizzando di fatto il Paese. Si calcola che Berlino possa accusare danni per un miliardo.

Per approfondire leggi anche: Le imprese tedesche vanno al tappeto, guai in arrivo anche per il made in Italy.  Qui invece perché la crisi del Canale di Suez mette a rischio la nostra spesa e le bollette di casa.

Oltre ai disagi per le persone che devono mettersi in viaggio, il blocco delle ferrovie tedesche rappresenta un guaio per le catene di approvvigionamento globali. Il problema si aggiunge alla crisi di Suez conseguente agli attacchi dei ribelli Houthi alle navi cargo e alle petroliere che transitavano nel canale nelle rotte tra l’Asia e l’Europa.