L’aumento di capitale di Fincantieri terminerà solo il prossimo 11 luglio, ma il gruppo guidato dall’amministratore delegato Pierroberto Folgiero sembra essere sulla rotta giusta per tagliare il traguardo al meglio.
A motivare questa affermazione sono tre dettagli finanziari che proviamo a ripercorrere nel modo più semplice possibile. Il primo motivo di ottimismo consiste nella notevole vitalità finora dimostrata dalle sale operative nel trattare i diritti della ricapitalizzazione, che è iniziata lunedì 24 giugno.
La seconda “spia” di quale sia l’umore del mercato consiste nel contemporaneo apprezzamento che sta mettendo a segno il titolo in Piazza Affari: mentre scriviamo, Fincantieri quota attorno ai 5 euro. Una circostanza, questa, per nulla scontata quando una società affronta una ricapitalizzazione e, per una serie di tecnicalità, le sue azioni vengono “separate” dai diritti di opzione. Con la conseguenza di determinare un prezzo ex stacco del diritto (è il Terp, Theoretical ex right price).
Non solo – e qui siamo alla terza motivazione – in Borsa è stato superato anche il prezzo di esercizio degli warrant. Che, per dirla con gli analisti, sono quindi “in the money”.
L’aumento di Fincantieri, che è assistita da Mediobanca, punta infatti a raccogliere complessivamente 500 milioni, di cui 400 milioni adesso e ulteriori 100 milioni appunto tramite alcuni warrant esercitabili entro il 2026.
Facile prevedere che i piccoli risparmiatori decidano subito che cosa fare, mentre gli istituzionali di norma attendono la scadenza, magari comprandone altri, laddove si dimostrerà conveniente.
Insomma, gli warrant rappresentano un sorta di “incentivo” a sottoscrivere l’aumento. La filosofia sottostante non è quindi così diversa da quella del “premio fedeltà” concesso dal ministero del Tesoro ai “cassettisti” che terranno il Btp Valore fino alla scadenza. Naturalmente quello qui posto è un paragone azzardato, visto che quella di Fincantieri è un’azione mentre quello del Mef un bond, due strumenti quindi con profili di rischio molto diversi tra loro.
Il warrant dovrebbe inoltre permettere a Fincantieri di veder crescere la presenza degli investitori istituzionali nel suo libero soci. Una priorità, quella di tornare con forza sugli schermi delle sale operative, per il big della cantieristica.
Fino a qualche mese fa la situazione era simile a quella successiva alla quotazione in Borsa, avvenuta nel giugno 2014, con poco più del 2% in mano ai grandi investitori. Già lo scorso aprile, dopo un primo giro di incontri con il mercato in un pre-roadshow, questa quota si era portata attorno al 10%. Merito anche del lavoro di taglio del debito messo a segno da Folgiero: la leva finanziaria da 10 volte il margine operativo lordo è scesa ormai attorno a 6, superando gli obiettivi del piano.
Il denaro raccolto servirà ora per pagare l’acquisto dell’ex Wass da Leonardo e affiancare il business della subacquea ai tre settori in cui il gruppo è storicamente attivo: le navi da crociera, quelle militari (fregate e sottomarini che Fincantieri vende anche alla Marina Statunitense) e le navi posacavi.
Le prime sono tipicamente legate la turismo e al leisure in genere, le seconde sono sostenute nella domanda dalle crescenti tensioni geopolitiche internazionali che attraversano il Pianeta dall’Ucraina a Gaza, le ultime sono cruciali anche per l’eolico offshore e quindi per favorire la transizione energetica.