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La Compagnia dell’Anello: da Gollum a Madoff

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“Un anello per domarli, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nel buio incatenarli”

Ricordate questa strofa della Poesia dell’Anello, parte del poema elfico che ha dato vita alla saga del Signore degli Anelli?

Personalmente mi ha sempre affascinato (e sono un fan della trilogia ovviamente): oggi  mi sembra particolarmente calzante per raccontare le vicende delle ultime settimane. Assistiamo ormai a una frenesia che ciclicamente riaffiora sui mercati finanziari, ovvero la speranza di arricchirsi rapidamente (qualcuno ovviamente ci riesce).

L’esempio più fulgido di questi tempi è rappresentato dalla corsa sfrenata delle ormai famose criptovalute (Bitcoin e compagnia).

L’esempio del razzo che vola nello spazio siderale è quanto mai azzeccato se non altro per l’endorsement che il noto imprenditore spaziale Elon Musk ha fatto alle valute digitali.

L’esempio più noto è certamente quello del bitcoin, balzato oltre i 60.000 $ ma per un bitcoin che cresce dall’inizio dell’anno del 113% c’è il Filecoin che sale del 650% e si arriva al Dogecoin che vola, letteralmente, dell’8.000%…

Se questa non è febbre come la chiamereste? Il mio amico @charliebilello la definisce appunto Crypto-fever. Non è la prima volta che accade ovviamente e il rischio è il solito: che prima o poi, per le cause più disparate, la febbre si sgonfi e molti rimarranno col cerino in mano (solitamente i meno esperti e quelli che sono entrati perché glielo ha consigliato l’amico-esperto di turno).

E allora torna la poesia: l’Anello è la voglia di diventare ricchi in poco tempo, il rischio è quello raccontato da Tolkien, venire incatenato dal potere malvagio dell’anello (ricordate il povero Smeagol, poi diventato Gollum, che ne viene completamente soggiogato?)

 

Chi ha paura del lupo cattivo?

L’altra notizia, legata per le comprensibili analogie con quanto scritto prima, è la morte di Bernie Madoff; molti dei giovani che stanno speculando proprio sulle criptovalute, forse nemmeno sanno chi era questo personaggio, balzato agli onori della cronaca nel Dicembre del 2008 quando fu arrestato e il suo castello di carta crollò.

Questo signore, dall’apparente aria bonaria e dalla reputazione all’epoca inattaccabile (era noto col soprannome di Jewish Bond, ovvero l’obbligazione ebraica per la sua presunta affidabilità), aveva infatti costruito una delle più grandi truffe finanziarie della storia, oltre 65 miliardi di dollari, sulla base del più classico dei meccanismi: il famoso schema-Ponzi (dall’omonimo truffatore di inizio ‘900, l’italo-americano Charles Ponzi).

Se non ci fosse stato il famoso crack della banca Lehman Brothers, che innescò il crollo di Wall Street e un’onda di riscatti che fece mancare la liquidità necessaria a continuare la sua operazione, probabilmente sarebbe andato avanti ancora per qualche anno.

Il meccanismo (a noi noto anche come Catena di Sant’Antonio) consiste nel promettere fraudolentemente agli investitori alti guadagni che vengono pagati non con il rendimento degli investimenti ma con i soldi dei nuovi investitori.

Lo schema regge, ovviamente, fintanto che si trovano nuovi clienti; nel momento in cui, invece, i rimborsi superano le nuove sottoscrizioni, il sistema salta.

Per anni la “Bernard Madoff Investment Securities” crebbe di dimensioni: dal suo ufficio nel grattacielo della Terza Avenue di New York astutamente Madoff non prometteva guadagni del 20-30% l’anno, come altre società di hedge fund, ma vantava ritorni del 10% (con una volatilità pressoché inesistente), riuscendo così ad attirare e poi truffare numerosi e ricchissimi clienti privati ed istituzioni finanziarie di tutto il mondo (nomi noti come Steven Spielberg, Kevin Bacon, Kyra Sedgwick, John Malkovich)

Madoff, condannato a 150 anni di reclusione, è morto in carcere: è stato l’emblema di un’era di eccessi e avidità che ricorda appunto alcuni aspetti delle vicende degli ultimi mesi.

Gli uomini hanno la memoria corta e la storia puntualmente si ripete.

 

 

Massimiliano Maccari