La Fed taglierà i tassi solo a novembre, spaventa l’inflazione

Powell esclude però un’altra stretta e rallenta la riduzione del bilancio

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La Federal Reserve americana quest’anno farà un solo taglio dei tassi e avverrà a novembre. Questa la convinzione nelle sale operative dopo che ieri la banca centrale americana ha lasciato il costo del denaro invariato al 5,25-5,5%, cioè al picco degli ultimi 20 anni.

Il presidente Jerome Powell ha specificato che la decisione del Fomc è stata “unanime” e dovuta al fatto che i suoi 12 membri non ritengono “appropriato” usare le forbici fino a quando non ci sarà “maggior fiducia” sul fatto che l’inflazione si sia davvero incamminata con passo costante verso la soglia del 2%.

Un atteggiamento considerato da “falco” moderato quelli di Powell.  E’ la sesta volta di seguito che la Fed non tocca i tassi e sono ormai passati dieci mesi dall’ultimo rialzo.  Ora la corsa dei prezzi negli Stati Uniti si attesta attorno al 2,7% ma, secondo i banchieri centrali americani, solo perchè è scesa la tensione sulle forniture, mentre i consumi restano massicci.

Un contentino ai mercati comunque c’è stato perché la Fed ha ufficializzato che rallenterà da giugno la manovra di rientro del proprio bilancio: è il quantitative tightnening e sostanzialmente è l’opposto del quantitative easing, il bazooka usato anche da Mario Draghi per salvare l’euro quando era al vertice della Bce.

Questo significa che la Fed lascerà scadere ogni mese meno Treasury (25 miliardi contro i 60 miliardi attuali), riducendo così la pressione sul mercati finanziari.

Da qui la reazione odierna complessivamente positiva delle Borse, rincuorate anche dal fatto che Powell abbia escluso (bontà sua) un rialzo del costo del denaro. Un atteggiamento che racconta molto da quale perte penda ormai il pendolo che segna l’umore degli investitori.

La Bce di Christine Lagarde, per una volta, sembra invece procedere senza inchinarsi a quanto si decide Oltreoceano. Il (mini) taglio dei tassi è atteso a giugno, famiglie e imprese ci sperano.

L’Ocse ha appena assegnato all’Italia una crescita stimata del Pil di appena lo 0,7% (+1,2% nel 2025). Quindi l’avvertimento al governo occorrono un “ampio e duraturo” aggiustamento di bilancio e riforme “strutturali” per favorire la crescita.

Leggi anche: Il Giappone smonta il bazooka e cancella l’era dei tassi negativi. Qui invece come, insieme al Pil mondiale, ha perso smalto anche il mercato dell’arte, dopo il boom post Covid.

Altro che i bonus a pioggia della sinistra e sussidi dei grillini che hanno dissipato preziose risorse, a partire dal Reddito di cittadinanza che non ha creato alcun posto di lavoro. Anzi da quanto è stato cancellato, l’occupazione è aumentata.

Ora occorre, sosteniamo noi, abbassare le tasse alle classe media nell’ambito di una organica riforma fiscale, privatizzare e liberalizzare, cioè lasciare spazio al mercato, tagliare gli artigli alla burocrazia e tornare al nucleare. Come già prevede di fare il governo.

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