Il mondo della finanza si prepara all’inevitabile arrivo dei millennials.
I risparmi dei giovani costituiscono una piccola percentuale del capitale investito in prodotti finanziari. Ciò è comprensibile, considerando i pochi anni spesi lavorando, e dunque risparmiando. Da decenni, però, questa percentuale continua a diminuire. Questo è osservabile non solo in Italia, ma nella maggior parte dei paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, la Germania e la Spagna. Le eccezioni sono poche, e tra queste troviamo il Regno Unito e alcuni paesi nordici, come la Finlandia e la Danimarca.
L’Economist stima che negli States i millennials (nati tra il 1981 e il 1996) posseggono solo il 7% del valore totale dei prodotti finanziari in mano agli americani – ben lontani dal 26% che i baby boomers (nati tra il 1946 e il 1964) possedevano alla loro età. Anche in termini di ricchezza complessiva, la distribuzione tra le generazioni appare sproporzionata.
Per quanto concerne l’Italia, il trend è evidente dai dati rilasciati dalla Banca d’Italia sulla ricchezza netta familiare media per caratteristiche del capofamiglia. Eccoli espressi in percentuali:
Le dinamiche rilevanti sono molteplici. Tra queste spiccano l’invecchiamento della popolazione, maggior tempo investito nell’educazione superiore e un mercato del lavoro non ancora al passo coi tempi. Questa distribuzione squilibrata è certamente consequenziale, in quanto fonte di disfunzionalità nell’economia di un paese, che si presentano, per esempio, in poca dinamicità e lenta innovazione.
Ciò nonostante, è inevitabile che sempre più ricchezza si trasferirà nelle mani delle fasce d’età più giovani, a causa di migliori tassi di occupazione (dovuti anche al pensionamento dei cittadini senior) e all’eredità lasciata loro dai genitori. Negli Stati Uniti, per esempio, l’Economist stima che al momento circa il 5% della ricchezza degli americani viene trasferita alle generazioni più giovani ogni cinque anni. Per la composizione demografica, il ritmo non può che crescere, e si prevede che raddoppierà in dieci anni. Infine, si stima che entro il 2042 i millennials solamente negli States avranno ereditato circa $22 trilioni. Questo trasferimento di ricchezza, che si prevede accelererà anche in Italia, avrà significativi effetti nel mondo della finanza, che sta iniziando a prepararsi.
L’approccio dei millennials alla gestione del risparmio coincide con due importanti sviluppi. In primo luogo, il crollo dei costi di transazione di prodotti finanziari. Investire $100 in azioni nel 1975 costava $6. Oggi costa meno di un millesimo di centesimo. Il secondo sviluppo è quello della digitalizzazione dell’industria, che permette un approccio più diretto all’investimento. È proprio quest’ultimo sviluppo che negli ultimi anni ha portato il mondo della finanza a parlare dei millennials. Dopotutto, la loro entrata in scena è stata spettacolare, se non altro in quanto ha dimostrato la pericolosità dell’accoppiamento di un facile accesso a piattaforme di investimento e zero educazione finanziaria.
Lo show ha avuto luogo nei social, dove molti giovani condividono screenshots di importanti vincite e perdite, da cui derivano rispettivamente i termini “stonks” e “loss porn”. La compravendita, perlopiù di derivativi a breve scadenza di azioni popolari (culturalmente) come Tesla, avviene in piattaforme come Robinhood. Quest’ultima, fondata nel 2013, offre transizioni finanziarie prive di commissioni. Il profitto viene ottenuto vendendo gli ordini dei clienti a broker ad alta frequenza. La piattaforma ha 13 milioni di clienti e si stima gestisca $20 miliardi.
È improbabile che i giovani continueranno a investire indipendentemente e senza consulenza maturando. Infatti, stanno iniziando a diventare più popolari servizi digitali noti come “robo-advisers” che automatizzano investimenti in fondi indicizzati a basso costo a seconda di preferenze sul livello di rischio. L’avversione nei confronti delle commissioni e la forte volontà di partecipare in prima persona nell’allocazione dei propri risparmi dei millennials sono evidenti, così come lo è la necessità degli operatori del risparmio gestito di adattarsi alle preferenze della più giovane clientela negli anni a venire.
Certe banche d’investimento si sono già iniziate a muovere in questa direzione, come segnalano l’acquisto di Solium da parte di Morgan Stanley e quello di United Capital da parte di Goldman Sachs. Servirà forse loro del tempo per comprendere come vendere anche la propria immagine ai giovani, per vedere le proprie piattaforme accettate culturalmente. È questo il fattore alla base del grande successo di Robinhood, il che dovrebbe far riflettere i consulenti finanziari sull’importanza di dedicare attenzione ai giovani e di sviluppare piattaforme che risultino loro appetibile.
Fonti
The Economist – Wall Street will soon have to take millennial investors seriously.
The Economist – In defence of millennial investors.