Uno dei grandi inganni nella cosiddetta fase 2 relativa alle conseguenze del virus è la contrapposizione tra salute ed economia. Non vi è contrapposizione per il semplice fatto che il benessere economico è correlato nel tempo alla bontà della salute di una popolazione, come sappiamo dalle statistiche comparate. Quindi quando si è poveri, in media si ha meno salute. Di qui l’importanza di investire bene i propri risparmi.
A questo scopo non dobbiamo mai dimenticare quella che chiamo la sacra triade, triade che qui brevemente illustrerò.
Ci sono tre rapporti che valgono costanti nel tempo, almeno in relazione ai tempi della nostra vita di investitori, e sono tutti e tre fondamentali. Una triade di asimmetrie da non dimenticare mai, i tre pilastri della saggezza:
1 – Il primo è che le azioni battono nel tempo tutte le altre forme di investimento perché il loro extra-rendimento compensa le maggiori paure (infondate ma diffuse, e assai benefiche per la minoranza che non le prova e ne approfitta).
E questo si spiega con il fatto che le azioni sono percepite come più paurose pur essendo meno pericolose.
2 – Il secondo è che le azioni USA battono in media quelle del resto del mondo. E questo si spiega con la maggiore forza dell’economia USA e con la tendenza delle aziende a ricomprarsi le loro stesse azioni, più altri fattori al contorno che sono correlati con la forza dell’economia USA e che qui non vale la pena di commentare (produttività, ruolo FED, maggior peso delle azioni nei portafogli e conseguente attenzione dei politici per sperare di essere rieletti, maggiore esperienza degli investitori e quindi minori paure, e così via).
3 – Il terzo rapporto è più interessante perché è più recente, da quando cioè la tecnologia della comunicazione e della elaborazione dei dati – insomma tutto ciò che facciamo con una tastiera – ha un grande peso nella vita di lavoro e nel tempo libero. Tutti se ne sono accorti in questo periodo di confinamento nelle case: è il consumo di servizi che è aumentato di più. Un incremento che ha assunto varie forme: dal gioco ai contatti con i nostri cari fino alle comunicazione da remoto per le varie attività di lavoro.
In sintesi, tre disuguaglianze:
Azioni > altri tipi di investimenti
Azioni USA > azioni resto del mondo
Azioni Nasdaq > azioni S&P500
In dettaglio, e visivamente, perché un’immagine vale più di mille parole:
Azioni > altri tipi di investimenti: la superiorità secolare di rendimento tra azioni e altre forme di investimento si è accentuata molto nell’ultimo decennio, rispetto al secolo precedente, e aumenterà ancora nel dopo-crisi.
Azioni USA > azioni resto del mondo: dal 1989, cioè da trent’anni, e in particolare nell’ultimo decennio, le azioni USA in media battono quelle mondiali.
Azioni USA > azioni Europa e quelle dei mercati emergenti: dal 2010, cioè da un decennio, le azioni USA in media battono le azioni Europa e quelle dei mercati emergenti.
Azioni Nasdaq > azioni S&P500: il rendimento cumulato totale del Nasdaq batte da un decennio quello dello S&P500. La differenza si è accentuata durante la crisi da virus e ormai è diventata incolmabile.
Il differenziale Azioni Nasdaq > azioni S&P500 si può analizzare nei termini della quota relativa di profitti e della crescente capitalizzazione del primo rispetto al secondo.
Il rapporto prezzo/utili del Nasdaq: a marzo 2020 era a sconto rispetto all’ultimo triennio.
Chi compra azioni: della triade qui illustrata hanno goduto soprattutto le società amaricane (che spesso ricomprano le loro stesse azioni dati i forti utili), meno i privati e gli stranieri, pochissimi i risparmiatori italiani.
Conclusione
L’indice del Nasdaq è il migliore investimento possibile da diversi anni a questa parte. Sarebbe però errato attribuire il vantaggio descritto dalla terza disuguaglianza, quella per cui Azioni Nasdaq > azioni S&P500, ai recenti modi di vita dovuti alle conseguenze della pandemia. E’ un trend di lungo periodo, anche se abbiamo avuto dei cambiamenti dovuti all’adozione diffusa dell’istruzione a distanza.
Si tratta invece di una costante dovuta al fatto che il NASDAQ raggruppa società che si occupano prevalentemente dell’immateriale e sono quindi meno vulnerabili, non solo attualmente dalla pandemia. Meno vulnerabili da che cosa? Ovviamente dalle incertezze improvvise dovute alla pandemia, ma anche a fattori di più lungo periodo:
- gli effetti del cambiamento climatico,
- le dispute tra potenti che hanno effetti sulle materie prime,
- gli indici demografici che sono correlati con il valore degli immobili (meno figli delle persone abbienti = meno richiesta di immobili),
- il debito pubblico mondiale che comprime il rendimento del reddito fisso.
Si tratta di tendenze di lungo periodo, con differenziali che non dovrebbero ridursi in futuro. Probabilmente lo spread tra i tre rapporti della triade sopra indicati si allargherà.
La superiorità dell’immateriale sul materiale, in primis sugli immobili, è l’esempio per eccellenza del vantaggio comparato perché sono gli immobili sono concreti. Il loro valore sembra ai più sicuro e costante perché stanno fissi in un posto (a differenza delle materie prime). Questo è uno delle tante forme che assume il paradosso della vulnerabilità (trattato a lungo nel mio: A tu per tu con le nostre paure, Mulino 2019). In altre parole per non essere vulnerabili contiamo su quello che non ci fa paura e che consideriamo super-sicuro nel tempo. Ma ciò che è pericoloso poco ha a che fare con ciò che appare pauroso. E il NASDAQ, l’immateriale per eccellenza, fa di sicuro più paura della concretezza degli immobili.
La casa, al contrario, è l’anti-immateriale per eccellenza, il pinnacolo della concretezza tranquillizzante e sicura. Soprattutto se si tratta delle case conosciute, quelle italiane, quelle vicino a noi: in realtà proprio le più pericolose. Il differenziale paura/pericolo crea il picco massimo del premio al rischio, per compensare appunto il picco massimo delle nostre paure. A stretto rigore, sarebbe più corretto chiamarlo “premio al rischio soggettivo”. Oppure, forse meglio: “premio alla paura”, perché non c’è nessun rischio oggettivo nelle azioni del Nasdaq, il mondo dell’immateriale, rispetto alle icone del materiale: gli immobili.
Una nota personale: un mio carissimo amico ha comprato una casa in uno dei punti più ricercati di Venezia, una città di cui conosco da decenni le quotazioni immobiliari. L’acquistò per puro caso nel 1971, quando venni a stare a Venezia. Allora l’indice Nasdaq valeva 100, l’8 febbraio 2020, supera gli 8mila. Lui è super-contento perché crede che la sua casa sia sempre salita di prezzo. Lascio a voi trarre le conclusioni. Forse però la soddisfazione personale è ciò che conta di più, almeno fino a quando si ignora come stanno le cose.