Il sistema bancario è un asset fondamentale per il buon funzionamento della società. Le innovazioni tecnologiche stanno trasformando il modo in cui i servizi finanziari e bancari vengono forniti apportando un cambio di paradigma ed introducendo nell’arena competitiva di questo settore nuovi giocatori di estrazione non puramente finanziaria, soggetti che, a volte, si collocano al di fuori delle spesso stringenti normative cui le banche sono sottoposte.
Ne sono un esempio le Fintech, le BigTech e le Super App “rendendo necessaria – ha sottolineato il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini sulle pagine di MF-Milano Finanza – una scrupolosa applicazione del principio stessa attività, stessi rischi, stesse regole” ricordando però che “non sempre questo viene rispettato”. È il caso per esempio della direttiva europea sui servizi di pagamento (Psd2), in base alla quale le banche devono permettere l’accesso dei dati agli operatori che offrono servizi connessi ai pagamenti e ne devono anche sostenere il costo per consentire l’accesso. Ma non vige affatto il principio opposto, ovvero le banche non possono accedere ai dati archiviati da questi operatori non bancari, anche se il cliente è d’accordo.
Situazione in Italia
Secondo la ricerca realizzata da Ambrosetti Club, in partnership con Cedacri, sulle opportunità e le sfide del sistema bancario nel nuovo contesto competitivo è emerso che, da un lato le banche potranno avere un ruolo fondamentale nella gestione dell’emergenza e del post emergenza quali soggetti che capillarmente possono aiutare l’implementazione delle politiche pubbliche di sostegno alle persone fisiche e al sistema economico. Dall’altro lato, sottolinea l’ex Ministro Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, Advisor della ricerca, che l’importanza fondamentale che i dati stanno assumendo in questa fase emergenziale sono un’ulteriore testimonianza della necessità che le banche continuino il loro percorso di transizione verso il digitale.
Sempre secondo la ricerca risulta che il sistema bancario italiano nel suo complesso esce sicuramente rafforzato da quest’ultimo decennio: le banche sono più patrimonializzate (tier 1 medio passato dal 6,9% al 13,9%), con una miglior qualità degli attivi (NPL scesi dal 17,1% del momento di picco al 8,4%), si sono ristrutturate (occupati diminuti del 18,9%), hanno alleggerito le proprie reti distributive (filiali diminuite del 25,5%), hanno consolidato la presenza sui canali digitali e hanno saputo far evolvere la loro cultura con una maggiore apertura verso l’esterno.
Dal punto di vista reddituale, tuttavia, i miglioramenti ottenuti a livello commissionale non sono ancora riusciti a compensare il minor apporto del margine di interesse (complessivamente i ricavi netti da interessi e commissioni sono diminuiti del 17.1%, con diminuzione del peso del margine di interesse che prima pesava per il 68% e ora per il 55%). La sfida per conquistarne nuovi clienti o per estrarre più valore da quelli esistenti è trasformativa e costringe le banche a ripensare interamente il loro modo di fare business e a considerare la nuova concorrenza, fatta di attori che sono nati su basi tecnologiche e che usano la tecnologia per conquistare l’attenzione del cliente la cui sfida di business è su come monetizzarla come il nuovo fenomeno, per ora essenzialmente asiatico: le Super App
Cosa sono le Super App
Le Super App sono app per smartphone, multifunzionali, che presentano funzionalità e caratteristiche riguardanti settori diversi (lifestyle, finanza, social media, etc.), ma tutte all’interno della stessa piattaforma. Un fenomeno che ha sia le caratteristiche delle Fintech sia quelle delle Big Tech e che fonda la sua ragione di essere e la sua forza sulla costruzione di un rapporto quasi esclusivo col cliente: le Super App forniscono al cliente consumatore un approdo unico nel quale trovare una moltitudine di servizi, esaltando così il modello DNA (Data, Network, Action) su cui si fondano anche le Big Tech.
A differenza delle Fintech che nascono con un focus preciso per la risoluzione di un singolo problema, con la caratteristica di essere velocemente scalabili a livello globale senza necessità di grandi cambiamenti, le Super App sono app ad alto traffico che sfruttano la loro ampia diffusione per diventare il singolo punto di riferimento per numerosi altri servizi molto diversi tra loro, diventando una sorta di sistema operativo in cui il cliente effettua l’accesso e da lì accede a tutte le altre app senza ulteriori autenticazioni e complicazioni. Il loro scopo è quello di essere l’unico punto di riferimento del consumatore nel mondo online.
Per poter diventare una Super App però è necessario ottenere la massa critica di clienti e di traffico per la quale altre App trovino più conveniente associarsi, pur pagando un costo piuttosto che cercare di sviluppare una propria piattaforma. A questo punto comincia l’effetto network in cui più App attirano più clienti, che attirano ancora più App.
Queste App “entrano nei costumi e nelle abitudini della società, anche modificandoli e attualmente sono prevalentemente controllate da giganti tech che hanno già un presidio nel territorio e ”- sostiene Anna Omarini, ricercatrice al dipartimento di Finanza presso l’Università Bocconi – “sono piattaforme che operano in una logica di open data che, unita all‘intelligenza artificiale, porta all’ennesima potenza le opzioni di personalizzazione e l’engagement del cliente; cosa che ad oggi non è solo una scelta strategica ma rappresenta un must”.
Quali sono le Super App?
Tra le principali Super App al momento è WeChat di Tencent, un’app utilizzata da più di un terzo della popolazione cinese (oltre un miliardo di utenti). Nata come applicazione di messaggistica istantanea, simile a WhatsApp al suo interno poi sono state integrate altre funzioni come social network (“Momenti”), pagina pubblica (Account Ufficiale), notizie, pagamenti elettronici e di bollette, biglietti, ride-hailing, giochi, servizi finanziari, consegna di cibo, biglietti per il cinema, hotel, voli, appuntamenti in ospedale. Dal lancio di WeChat Pay nel 2013, essa si è gradualmente evoluta da software di messaggistica in applicazione di lifestyle.
WeChat tra le funzioni offre applicazioni come Money transfer simile al bonifico in cui l’utente può impostare un importo e versarlo a un altro utente privato o a un’account ufficiale che spesso è una società registrata. Il trasferimento del denaro può avvenire anche quando l’utente paga a un server esterno. Quindi, WeChat funziona come il PayPal o la carta di credito. Con Quick pay, un’altra app, l’utente può effettuare il pagamento dimostrando un codice a barre al venditore il quale, con il dispositivo di scansione, gli addebita direttamente la somma impostata dalla cassa. In alternativa, l’utente può fare la scansione del codice QR del venditore e versargli il denaro, Wealth management ovvero la gestione del proprio patrimonio e degli investimenti.
Sempre in Cina Ant Financial, filiale di Alibaba, utilizza la base di 1 miliardo di utenti di AliPay per vendere una vasta gamma di servizi finanziari, da prestiti e polizze assicurative a prodotti di gestione patrimoniale. La sua attività di finanza digitale ha rappresentato il 56% delle entrate del gruppo nel 2019.
A differenza della Cina, i portafogli di pagamento digitali non sono ancora ampiamente adottati negli Stati Uniti e in Europa, dove gli ecosistemi di Visa e Mastercard rimangono dominanti. In questo contesto si pensa che solo poche aziende possano avere la base di utenti, il potere del brand e gli ecosistemi necessari per diventare una Super App. Con quasi 350 milioni di utenti e 30 milioni di negozianti nella sua rete Paypal è uno dei pochi nomi che spicca per noi in Occidente. L’azienda ha lanciato molti nuovi prodotti e servizi negli ultimi due anni legati a prestiti online, al digital banking e alle criptovalute.
Conclusioni
Nel complesso le Super App prosperano dove l’utilizzo degli smartphone è alto e non ci sono infrastrutture legacy, finanziarie o tecnologiche, consolidate (come in Italia). Secondo un’analisi di Pictet asset management a livello globale si prevede un costante aumento dell’utilizzo di smartphone, che attualmente rappresentano il 79% dei telefoni cellulari installati e che iniziano ad essere utilizzati anche come carta di credito.
Da questo punto di vista le Super App potrebbero non essere una grande preoccupazione per il mondo occidentale e per l’Italia, ma è comunque importante sottolineare come la logica del controllo della risorsa scarsa, ovvero l’attenzione del cliente, possa diventare, anche nei servizi finanziari, se non una vera e propria minaccia da parte di attori non tradizionali, certamente una fonte potenziale di vantaggio competitivo, più della capacità stessa degli Incumbent di fornire lo specifico servizio finanziario con processi sicuri ed efficienti, cosa che si tende a dare per scontata da parte dell’utente.
Una ulteriore considerazione è che in USA e Europa i limiti allo sviluppo delle Super App sono rappresentati dalle leggi sulla privacy, che non consentono l’utilizzo indiscriminato dei dati provenienti da applicazioni diverse.
Le Super App sono innegabilmente convenienti e rendono la vita un po’ più semplice, ma raggruppare questi servizi insieme sotto un unico ombrello aziendale potrebbe non rivelarsi l’idea migliore per l’ecosistema digitale a lungo termine. La concorrenza aiuta a guidare l’innovazione e impedisce a una singola azienda di avere troppo potere.
Un altro elemento che manca in alcuni mercati in via di sviluppo ed è, invece, molto presente in Italia, sono marchi Incumbent di tradizione, che godono della fiducia dei clienti e che sono quindi più difficili da sostituire o disintermediare. La relazione umana, la consulenza personalizzata e l’educazione finanziaria verso il cliente sono fattori che in Italia restano prioritari.
L’attenzione e la cura di un consulente finanziario non può, nonostante tutto, essere sostituita dalle funzioni di App che soddisfano comodità quotidiane ma che non studiano, da un punto di vista tecnico ed emotivo, gli obiettivi a lungo termine di protezione e crescita del patrimonio del cliente.
Deborah Ullasci