Tegola europea da 13 miliardi sull’iPhone

L’avvocato generale chiede di rivedere la sentenza a favore di Apple per le tasse stracciate concesse dall’Irlanda. Ma sarebbe meglio che la Ue pensasse davvero alle sue imprese

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Apple rischia una stangata da 13 miliardi nell’Unione Europea. La vicenda giudiziaria si trascina da anni e riguarda la tassazione di favore di cui gode il gruppo dell’iPhone perché ha la propria sede fiscale  in Irlanda. Un Paese che ha fatto delle imposte iper-agevolate una calamita per attrarre gli investitori stranieri, diventando così la culla di molte multinazionali, dal tech al mondo delle assicurazioni e della finanza.

Ora l’ultimo ribaltone legale. L’avvocato generale Giovanni Pitruzzella, un signore che prima guidava l’Autorità Garante della concorrenza in Italia e quindi sa il fatto suo, ha invitato la Corte di Giustizia Ue a ritirare fuori dagli archivi la pratica della Mela Morsicata e annullare la sentenza a suo favore.

Va detto che il parere espresso non è vincolante e che passeranno mesi prima del pronunciamento. Ma basta guardare la storia europea, per capire che di norma l’avvocato generale esercita una notevole moral suasion. In sostanza il Tribunale dell’Unione potrebbe analizzare nuovamente i motivi per cui Apple ha goduto per oltre due decenni di un carico fiscale stracciato in Irlanda mentre invadeva con i suoi prodotti tutto il vecchio continente per la gioia degli utenti. Gli stessi motivi per cui nel 2016 Bruxelles aveva avviato e vinto la battaglia legale contro il big Usa e altre multinazionali, considerando le agevolazioni di cui godevano alla stregua di aiuti di Stato. Con l’esito, al limite del parossistico, di intimare al governo di Dublino di recuperare il malloppo quando l’Irlanda, che è uno Stato sovrano, non aveva alcuna intenzione di farlo. Cupertino ha, però, fatto ricorso e ha ribaltato la sentenza Ue.

Ora, quindi si riparte da capo perchè, scrive Pitruzzella, sono stati commessi una serie di errori metodologici. In sostanza, sulla testa di Tim Cook torna a oscillare una tegola da 13 miliardi di tasse non pagate in Europa. La somma manderebbe al tappeto la quasi totalità delle aziende italiane, ma per il big americano è affrontabile, visti i moltissimi dollari impilati nelle sue casse. Tanto che ieri notte il titolo della Mela non ha avuto reazioni a Wall Street.

Ora, a parte la sensazione di sentirsi un po’ come la cavia che corre dentro la ruota, senza rendersi conto di essere sempre nello stesso punto dello spazio, sorge una domanda di buon senso. Senza nulla togliere all’importanza della concorrenza e quindi al controllo esercitato dagli organi comunitari, non sarebbe meglio che tutta l’Unione facesse finalmente qualcosa di strutturale per migliorare il contesto in cui operano le sue imprese? Anzichè bastonare periodicamente appunto l’Irlanda o magari il Lussemburgo, perchè sparigliano le carte tagliando le tasse. Probabilmente ci guadagneremmo tutti, soprattutto noi consumatori. E le imprese europee eviterebbero di perdere quasi sempre in partenza la partita con la Cina.

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