Torna l’ideona della tassa sugli extraprofitti, Forza Italia si oppone

Il governo smentisce, ma in Borsa banche ed energia cadono a picco

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La tentazione di bastonare banche e imprese torna a farsi largo nei palazzi del potere. Indipendentemente dal nome che potrebbe essere scelto, l’idea che circola in alcuni ambienti della maggioranza sarebbe quella di rinverdire la tassa sugli extra-profitti andata a vuoto quest’anno, magari condita da qualche motivazione sociale o socio-sanitaria.

Il perimetro è ancora tutto da definire, così come non è chiaro quale sarebbe l’esito finale. A pagare dazio potrebbero però essere non solo gli istituti di credito (che nella passata edizione della tassa hanno preferito fare dei super accantonamenti, pur di non versare un euro di più alla Agenzia delle Entrate) o le società dell’energia (che hanno fatto e vinto svariati ricorsi) ma anche le maison del lusso e le compagnie assicurative.

In sostanza, tutte le realtà che, per un motivo o per l’altro avrebbero guadagnato “troppo”. Per esempio, nel caso delle banche, a seguito dei super-tassi di interesse con cui la Bce ha combattuto l’inflazione.

Una misura Robin Hood che probabilmente piacerebbe al Pd di Elly Schlein o ai Cinquestelle di Giuseppe Conte, a cui i contribuenti italiani devono già il disastro del Reddito di Cittadinanza e la voragine del Superbonus, ma che non dovrebbe trovare alcuno spazio in un governo di cento-destra che si dica pro-crescita.

A dire il vero, fonti di governo hanno già gettato acqua sul fuoco, definendo “prive di fondamento” queste e altre ricostruzioni. Sarebbe, quindi, solo un tormentone estivo rimbalzato su alcuni giornali di sinistra.

Secondo altri osservatori tuttavia, ad alcuni tecnici sarebbe stato chiesto di esplorare non proprio una tassa sugli extraprofitti, considerata inattuabile, ma una sorta di contributo di solidarietà una tantum

Così da offrire un sostegno alla prossima legge finanziaria, magari per confermare  (o chissà potenziare) gli sgravi fiscali a favore delle classi sociali meno abbienti.  Un po’ come stava avvenendo con l’autogol della Sugar Tax, poi abortita.

Una siffatta misura però, proprio perché nemica di qualsiasi teoria liberale e quindi delle regole del mercato, non può che risultare indigesta alla Borsa. Dove, non a caso, le azioni di banche ed energia hanno iniziato a cadere in verticale, distruggendone la capitalizzazione. Lo stesso indice di Piazza Affari è subito rimpiombato appena sopra i 32mila punti. La Borsa di Milano ha perso il 2,6% giovedì e il 2,5% oggi.

Secondo altre indiscrezioni, i tecnici dovrebbero terminare il lavoro esplorativo per il primo consiglio dei ministri in agenda dopo la pausa estiva. C’è solo da augurarsi che qualcuno li fermi definitivamente prima. Forza Italia ha comunque già alzato un muro.

Leggi anche: Il Fondo Monetario alza le stime sul Pil, ma restano centrali i tassi Bce.

In fondo, per accantonare ogni progetto e velleità in tal senso, basterebbe ripensare alla figuraccia rimediata quest’anno con una tassa sugli extraprofitti che ha raccolto zero euro. Basterebbe ripensare a quanto sia prezioso per il Paese godere della fiducia dei grandi investitori istituzionali internazionali, gli stessi che ora stanno vedendo alla cieca tutte le società quotate a cui la politica potrebbe infilare le mani in tasca. Nemmeno fossero degli sportelli bancomat.

 

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