Facebook, Instagram, Twitter, Youtube: che cosa succederebbe se per averli dovessimo pagare? Un mesetto fa Meta ha lanciato un programma a pagamento chiamato Meta Verified che darà agli utenti iscritti una spunta blu di riconoscimento e altri servizi, come l’aumento di visibilità e della reach del profilo utente, al costo di 11,99 dollari al mese. Un’azione simile a quella messa in atto su Twitter da Elon Musk, qualche tempo fa, se ricordate.
Non allarmatevi: chi vorrà continuare a usare Instagram e Facebook senza pagare un euro potrà farlo, solo che verrà considerato un cliente di seconda fascia. Nessun problema, dunque, in definitiva. Però il rischio è che le dinamiche cambino, perché potrebbe crearsi una differenza tra clienti e clienti premium. Con il tempo i clienti premium potrebbero acquistare sempre più vantaggi, e alla fine essere un cliente normale potrebbe rendere praticamente impossibile usare il social.
Perché ora dovremmo pagare?
Sembra proprio che la monetizzazione dei social network sia un trend che riguarda tutto il settore e che forse i tempi in cui i social erano gratuiti potrebbero essere finiti. Il fatto che il fenomeno sia tanto diffuso (vedi soprattutto le versioni “premium” di questo tipo di servizi) sembra suggerire che un utente, oggi, non possa più crearsi un seguito online basandosi esclusivamente sulla qualità dei suoi contenuti. Già da molto tempo, infatti, è possibile investire denaro per aumentare la visibilità di un post o di un canale su Facebook e Instagram, ma per farlo bisogna promuoverli come una pubblicità.
La monetizzazione di certi strumenti e piattaforme sta facendo molto discutere gli addetti del settore e non solo, soprattutto perché a farlo è anche una realtà potente come Meta. È difficile individuare una singola ragione per il cambiamento di approccio di un intero settore che per anni ha fatto della gratuità la sua caratteristica principale. Tuttavia c’è da considerare che le aziende digitali della Silicon Valley stanno attraversando un periodo di transizione in cui hanno dovuto tagliare posti di lavoro e dunque anche rivalutare le proprie priorità.
Lo sgretolarsi del concetto di social network
Ammettiamolo, il concetto di social network ha iniziato a sgretolarsi con l’arrivo dei creator. Quando gli utenti che erano in grado di generare più engagement hanno capito che potevano anche monetizzare grazie alla loro visibilità collaborando con i brand, i social network hanno cominciato a trasformarsi in palinsesti abitati da persone che volevano entrare in questo business. E insieme a loro sono arrivate anche agenzie, grafici dedicati, social media manager e qualsiasi tipo di professionalità del web.
Sembra che il 90% dei tweet prodotti ogni mese su Twitter siano stati scritti da meno del 10% degli utenti. Mi chiedo, quindi: quanti dei contenuti che vediamo su Instagram, TikTok o Facebook sono prodotti dai nostri amici e quanti invece arrivano da creator che lo fanno come lavoro? Meta punta a monetizzare proprio grazie alla presenza dei creator. Chi ha la spunta blu non solo può puntare su un account più sicuro ma in futuro non è difficile pensare che potrà anche avere funzioni in anteprima o maggiore visibilità sull’algoritmo, come già in parte succede oggi. Privilegi che potrebbero tenere più lontani dai social gli utenti che hanno giusto una manciata di follower, tra cui amici, colleghi e parenti.
L’effetto sarebbe quello che già vediamo su TikTok o YouTube: la trasformazione dei social network in piattaforme dove noi scorriamo i contenuti dei creator senza che pubblichiamo nulla. In pratica la fine dei social network, visto che a quel punto avremmo davanti solo una palinsesto infinito in cui ogni tanto lasciare un like o scrivere un commento.
Umberto Macchi, 27 aprile 2023