Economia e Logistica

Il Ponte sullo Stretto in attivo per 1,8 miliardi, smentiti gli ambientalisti

Attesi 36mila nuovi posti di lavoro e maggiori entrate per lo Stato

Ponte

Tra caro-materiali e modifiche richieste al progetto esecutivo, il costo stimato per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina è aumentato di altri 1,5 miliardi raggiungendo quota 13,5 miliardi. Naturalmente non fa piacere, trattandosi in buona parte di soldi pubblici. La notizia però è un’altra: a lavori ultimati i benefici supereranno le spese per circa 1,8 miliardi.

Il solo maxi-cantiere costruirà infatti, barra d’acciaio dopo barra d’acciaio, 23 miliardi di prodotto interno lordo. Perché se i lavori dovrebbero coinvolgere 120mila persone, a struttura ultimata il Paese avrà 36mila nuovi posti fissi. Il tutto si tradurrà così nuove entrate per lo Stato, più o meno 10 miliardi.

In sintesi, secondo alcuni calcoli, ogni euro speso per il ponte dovrebbe fruttarne 1,2. A dirlo è una proiezione realizzata da Unioncamere Sicilia insieme a Openeconomics. Fino appunto ad arrivare a stimare che il Ponte sullo Stretto porta con sè un valore attuale netto economico, cioè una “redditività”, prossima a 1,8 miliardi.

Quanto sopra con buona pace di quanti, soprattutto tra le file della sinistra, continuano a ripetere che il ponte tra Calabria e Sicilia sarà una cattedrale nel deserto. O che, come il WWF sono in pieno psicodramma e si preparano alla guerra legale alla sola idea che possano venire lesi i diritti di volo delle cicogne e di deporre le uova delle tartarughe.

Eppure il Ponte porterebbe il Mezzogiorno nel trasporti del ventunesimo secolo perché sarebbe un formidabile supporto per la logistica delle merci sull’asse Nord Sud. Tanto che è stato inserito tra le grandi opere di interesse transeuropeo nell’ambito della rete di trasporti del progetto TEN-T.

Di certo le sue sei corsie autostradali e ferroviarie faciliterebbero non solo lo sviluppo delle imprese locali o i pendolari dello Stretto oggi costretti a imbarcarsi sui traghetti, ma anche tutta l’industria del turismo. Un settore che da solo vale 18 miliardi di Pil a livello nazionale.

Il Ponte va infatti inserito nell’ambito dei cantieri in corso e fase di studio per potenziare l’offerta ad alta velocità e con l’impegno delle Ferrovie a rimediare alla difficile situazione dei binari in Sicilia con massicci investimento pluriennali, resi possibili anche grazie ai fondi del Pnrr.

La prima pietra del Ponte dovrebbe essere posta il prossimo anno, mentre l’inaugurazione dovrebbe cadere nel 2032. A realizzarla sarà un consorzio Eurolink guidato da Webuild, il principale general contractor italiano. Qualche giorno fa il suo amministratore delegato nonchè gramde azionista Pietro Salini ha definito il Ponte sullo stretto di Messina il maggiore investimento per il Paese dai tempi Cavour.

Il governo di Mario Monti nel 2012 aveva bloccato tutto, con il risultato anche di un cascame di ricorsi e penali. Almeno ora vale la pena di non sbagliare. Anche perchè non ci sarà un’altra possibilità. Naturalmente proteste dei comitati del no permettendo.

La Commissione tecnica “Via” del Ministero ha già dato il proprio parere favorevole dal punto di vista dell’impatto ambientale, pur chiedendo qualche integrazione al progetto. I correttivi apportati non bastano ai paladini del no.

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Eppure, come continua a ripetere l’ad di Stretto di Messina Pietro Ciucci, sono stati fatti tutti i controlli. A partire da quelli sismici, altro nervo scoperto del Ponte, e nessun pilastro della prevista campata unica lunga 3,3 chilometri e larga 60 metri poggerà su faglie attive.